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Ultimi appelli, stasera e domenica pomeriggio, per godere dello spettacolo “Il Visitatore” tratto da un’opera di Éric-Emmanuel Schmitt con protagonisti Alessandro Haber e Alessio Boni. In questi giorni fra gli spettatori del Teatro Comunale l’entusiasmo è stato contagioso.

Le cinque del pomeriggio è un orario difficile da gestire. Lo confessa Haber, che, scusandosi con i presenti per il leggero ritardo, è accolto da un fiume di applausi e da flash di macchine fotografiche con zoom potentissimi. Lo conferma la compagnia, riunita davanti al tavolo del Ridotto per rispondere alle domande di un pubblico in trepidante attesa. Lo comprendono gli spettatori, tanti e incuriositi, che, ieri pomeriggio, si sono precipitati in Teatro Comunale per assistere all’incontro con il cast dello spettacolo “Il Visitatore”, in scena da giovedì e sino ad oggi pomeriggio alle 16.
La pièce, che, lo scorso giovedì, ha inaugurato la Stagione di Prosa 2014-2015 a Ferrara, vede il ritorno sul palco del Teatro Comunale dell’acclamata coppia Haber-Boni, protagonista della commedia Art nel dicembre 2011. Un ritorno in grande stile, a detta di chi ha già “gustato” l’opera messa in scena dal regista Valerio Binasco, il quale ha acceso i riflettori su un testo di Éric-Emmanuel Schmitt che, in Italia, è stato rappresentato solo una volta da Kim Rossi Stuart e Turi Ferro. Un ritorno che, sfidando l’insensibilità odierna, inchioda lo spettatore alla poltrona per affrontare quesiti seri ed esistenziali senza abbandonare la leggerezza di una commedia esilarante e commovente, scritta da Schmitt quando il teatro scomponeva la personalità di grandi uomini del passato al fine di studiarne le debolezze dell’animo.
E, in effetti, protagonista della pièce è nientemeno che il celebre dottor Freud, padre della psicoanalisi e, nello spettacolo, vecchio angosciato dagli inquietanti avvenimenti svoltisi in una sola notte. Quella del 22 aprile 1938. In una Vienna conquistata dai nazisti, infatti, Schmitt narra la disperata esperienza vissuta dallo psicoanalista a seguito dell’arresto della figlia Anna, interpretata da Nicoletta Robello Bracciforti, per aver insultato un caporale della Gestapo – alias Alessandro Tedeschi -. L’irruzione nell’abitazione di Freud del militare tedesco non fa altro che precedere la seconda “visita” con cui il protagonista dovrà confrontarsi, abbandonato in una stanza tagliata a metà e con una parte immersa nel buio. Sarà proprio da questa oscurità, infatti, che comparirà il coprotagonista dell’opera, il “disadattato fuori dalla norma” cui Binasco dà le sembianze di un barbone. Un clochard che, interpretato da Alessio Boni, afferma di essere Dio e dimostra al dottore di conoscere ogni segreto della sua vita, dando inizio a quel dialogo serrato in cui il Bene, il Male e l’Amore si mescolano tra loro per dare origine a domande senza risposta e a tentativi di spiegare il senso della vita.
Un dialogo che, dimostrando la forza delle parole, è stato al centro dell’incontro svoltosi con il pubblico ieri pomeriggio. Coordinata da Massimo Marino, la presentazione ha visto Haber e Boni spiegare i tratti più nascosti dei loro personaggi, che, pur essendo destinati a fallire, “rappresentano ognuno di noi”. “Il Visitatore fa breccia nel cuore di Freud” ha spiegato Alessio Boni, che non ha rinunciato a tracciare le somiglianze tra la trama elaborata da Schmitt e un fool shakespeariano: “La trama mi ha ricordato la storia di Re Lear, il sovrano inglese spodestato che comincia a riflettere sui sentimenti e sul senso della vita aiutato dal Buffone Fool” ha aggiunto l’attore ai microfoni del Ridotto. Nessuna perplessità neanche sulla tenuta da clochard con cui Binasco ha dipinto la figura del Visitatore, la quale, secondo alcuni critici, potrebbe alterare l’ambiguità di un personaggio che afferma di essere Dio ma irrompe sulla scena come un diavolo pazzo e tentatore. “L’essenza c’è tutta. Penso che il regista, aprendo il confronto tra un dandy come Freud e un disadattato fuori dalla norma come il Visitatore abbia saputo evidenziare ancora di più la debolezza del padre della psicanalisi” ha spiegato Boni anticipando l’intervento di Haber.
“Freud crolla e, in realtà, rivolge delle domande a se stesso. E’ la storia di un uomo che, dopo aver dedicato la sua vita agli altri, risolvendone i problemi dell’animo, è costretto a fare i conti con i Punti Interrogativi della nostra esistenza: dove andremo? Perché tutto questo?”. Le parole di Haber rimbombavano nel silenzio del Ridotto e il pubblico sembrava immergersi nelle “domande vertiginose” che, come Binasco ha scritto nella Nota di Regia pubblicata nella brochure de Il Visitatore, la commedia ci pone nell’arco di 100 minuti.
E’ stato Boni a interrompere l’alienante atmosfera creatasi nella sala del Teatro Comunale, rivelando di non aver mai visto Haber “così mistico”. Un commento che, anticipando le domande conclusive, ha mostrato al pubblico la complicità con cui i due attori hanno dato inizio a una tournée lunga e impegnativa. “D’altronde, dobbiamo sempre trovare la forza di andare avanti” ha spiegato la compagnia approfondendo l’avventura “dietro le quinte”. Dall’importanza del testo al talento dell’improvvisazione, Haber e Boni hanno tracciato i caratteri di un’esperienza in cui “gli attori hanno giocato a risultare credibili”, come ha affermato l’affascinante interprete del “Visitatore” elogiando Tedeschi per aver reso il caporale nazista una figura personalissima. “D’altronde, è un gioco in cui tutti giocano” ha aggiunto Haber nella fase conclusiva dell’incontro, ammettendo di sentirsi “più buono e vivace”. Merito del personaggio interpretato? L’attore non approfondisce, limitandosi a elogiare il testo della pièce. Ma la lunga digressione psicologica, dedicata all’analisi di un uomo che, calata la maschera di psicoanalista dalla fama mondiale, lascia intravedere “i dubbi e le sofferenze di una società attanagliata da una crisi e morale” sembrano evidenziare una profonda intesa con il Freud portato in scena, questa sera, alle 21.
Un appuntamento da non perdere, a cui lo stesso Haber ha consigliato di partecipare perché “si uscirà dal teatro soddisfatti”. Ma, soprattutto, un appuntamento con noi stessi e con la forza delle parole, che, riscoperta da Schmitt e portata sul palco da Binasco, troverà nell’eccezionale dialogo messo in scena dal duetto il punto di partenza per un coinvolgimento trascendentale ed emozionale, in cui i massimi sistemi dell’Amore, dell’Odio e della Religione aprono le porte alle Domande un’umanità fragile e priva di vincitori. Un’umanità che, vagando nel buio del palcoscenico, è destinata a convivere con due sole certezze: la risposta “sì” e la bravura di una coppia come Haber e Boni che, ancora una volta, è capace di dirci veramente qualcosa.

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Martina Pecorari


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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