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di Mattia Rizzati

Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla.
Pierre de Coubertin

C’è molto di questo aforisma decoubertiano nella sfida lanciata da Ilaria Corli, il tentativo di Guinness World Record nella categoria ‘The Longest Triathlon’. L’obiettivo è di percorrere 7.000 km in totale autonomia. Nuotando prima 210 km, partendo da Lido di Volano (Fe) – in questa occasione per motivi di sicurezza sarà accompagnata da un’imbarcazione d’appoggio –  in seguito pedalerà per 5.400 km lungo il perimetro occidentale dell’Europa da Porto san Giorgio a Berlino, per poi ritornare infine a Ferrara, questa volta correndo per circa 1.400 km sulle ciclabili di Germania, Repubblica Ceca e Austria.
Partenza: il prossimo 1 giugno. Arrivo: previsto in Piazza Castello a Ferrara entro la fine di agosto.

Non poteva che essere di Ferrara (città della bicicletta) questa ragazza Ultracycler, laureata in Matematica e Management dello Sport, attualmente frequenta la Facoltà di Scienze Motorie presso l’ateneo estense. E’ istruttrice di triathlon e atletica, si occupa del settore giovanile.
A soli 29 anni vanta già un notevole curriculum sportivo: nel 2013 Barcellona-Ferrara in solitaria, 1.200 km in 6 giorni; nel 2014 Ferrara-Oslo in solitaria, 4.300 km in 30 giorni; nel 2015 Ferrara-Caponord in solitaria, 4.300 km in 30 giorni; infine, nel 2016 ottiene il titolo di prima donna italiana finishernella categoria ‘solo self-supported’ alla ‘Trans Am Bike Race’: competizione di 6.900 km non stop coast to coast dal Pacifico all’Atlantico, attraverso 10 stati degli Usa (33 giorni).

Ilaria racconta delle sue ‘origini’ (2010-2012): “Quando per la prima volta sono salita su una bici da corsa era quella di mio nonno. E’ stato l’anno in cui ho iniziato a praticare triathlon e dei miei primi viaggetti in solitaria. Quell’anno suonavo in un gruppo musicale e ricordo che più di una volta ho raggiunto la mia band sulla mia bici percorrendo 100/150 km da casa. Con la passione per la bicicletta ho iniziato a documentarmi, a guardare video tutorial su internet. Mi sono iscritta a vari forum per cicloturisti, mi sono immedesimata immediatamente con molti di loro. Le mete che più leggevo erano al nord, per la grande rete ciclabile del centro Europa e parallelamente per la cultura ciclistica dei paese anglosassoni. Leggevo molti articoli e blog di viaggi che avevano come meta il Capo più settentrionale d’Europa, meta simbolica di molti ciclisti. Ma i km per me allora erano tanti, non avevo esperienza”.

Ecco perchè i primi viaggi solo (si fa per dire) a Barcellona e Oslo (2013-2014): “La prima scelta di viaggio è stata dunque la Spagna, Barcellona. L’idea di uscire di casa in bici e di arrivare in Spagna mi affascinava molto, ma come prima esperienza ho trovato più semplice imbarcare la bici e percorrere la strada a ritroso. Furono sei giorni durissimi, non avevo trovato il modo di assicurare un portapacchi sull’unica bici da corsa che avevo, così decisi di tenere sulle spalle il mio zaino da circa 8 kg, mi massacrò letteralmente le spalle da non riuscire più a stringere i freni gli ultimi due giorni. Però fu un’esperienza bellissima, di libertà e al contempo una prova con me stessa. Mi pentii di aver scoperto la bici solo così tardi. L’anno successivo mi allenai più duramente e decisi di percorrere le tanto quotate piste ciclabili del centro Europa di Austria, Germania, Danimarca”.

Arriva il momento di realizzare un sogno, un’idea nata nel 2010, parliamo di Caponord (2015): “La scelta della meta di questo viaggio rappresenta la realizzazione di un desiderio che avevo ormai da cinque anni. Mentre i primi due viaggi hanno avuto prevalentemente una connotazione di sfida personale, attraverso questa esperienza ho deciso di condividere il mio percorso di crescita inserito in contesti diversi. L’itinerario rappresenta non solo il simbolo della mia voglia di viaggiare, ma anche l’evoluzione del ciclismo femminile e l’intero movimento cicloturistico negli ultimi anni. Il progetto Caponord è partito infatti da una Ferrara ‘città delle biciclette’, che grazie ai recenti interventi di viabilità ciclabile, permette a sempre più persone di utilizzare un mezzo ecologico per gli spostamenti.”

Ilaria è stata la prima donna italiana  della storia della gara a portare a termine la competizione ‘Trans Am Bike Race nel 2016’:“Questa sfida è stata il passaggio dai lunghi viaggi in solitaria e autonomia al confronto con la competizione ultracycling. Competizione coast to coast di 6.800 km non stop con 65000 metri di dislivello. L’approvvigionamento alimentare, la gestione dei pernottamenti e delle eventuali pedalate notturne, le riparazioni meccaniche e quant’altro concerne la gara, erano a carico dei partecipanti in una totale autonomia”.

Le sfide di Ilaria arricchiscono non solo lei, ma tutti noi, tutti coloro che hanno la fortuna di incontrarla. Il fatto che sia una donna a compiere questo tipo di imprese, le dà una marcia in più: non solo un modello puro, genuino, da offrire all’educazione ai valori dello sport che lei rappresenta, ma anche un esempio per tutti quei settori nei quali la figura femminile viene, purtroppo, ancora oggi non adeguatamente considerata e valorizzata. La tenacia e la determinazione con cui si approccia a queste esperienze è testimonianza di come i limiti siano spesso costrutti mentali, superabili con il lavoro. La resilienza.
Lo sport è un veicolo culturale ed educativo, Ilaria rappresenta un modello di sport pulito, praticato ad altissimi livelli, autentico, genuino. Viviamo in un periodo storico confuso e dispersivo, abbiamo un bisogno disperato di modelli, e lei lo è. Le sue imprese raccontano vicende di sacrificio, superamento delle avversità, confronto, introspezione, crescita, preparazione, cura di se stessi.

Il segreto, come dice Ilaria, è cambiare il punto di vista: “Gli ostacoli non ti fermano ma ti rafforzano, se credi veramente in qualche cosa. Perché superati potrai dire una volta di più “Ce l’ho fatta””.

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Ilaria Corli pedala sul mondo e prepara la sua sfida estrema: TransAmerica in totale autonomia

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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