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“Tutti la vogliono, ma nessuno se la piglia” Come la bella di Torriglia; così sta succedendo per l’Autorità sui rifiuti. Ne stanno parlando tutti i più importanti referenti del settore, a partire dal ministro. Ma come finirà?
Partiamo da dove siamo tutti d’accordo. Serve un sistema di regolazione forte (ai vari livelli: Stato e Regioni) coerente in tutti i suoi diversi aspetti che sia in grado di valorizzare senza equivoci sia le prerogative imprenditoriali dei gestori sia i diritti degli utenti. In particolare serve una autorità “terza” per la regolazione che svolga un ruolo di analisi (l’esistente), di controllo (vigilanza e segnalazione), ma che abbia anche un ruolo attivo (proposizione e programmazione).

Fin qui tutto bene; però è ormai diffusa la consapevolezza che il sistema dei servizi pubblici locali evidenzi posizioni contrastanti, nonostante sia al centro dell’attenzione da molti anni sul piano delle riforme possibili e sul suo ruolo. Manca una condivisione di politica industriale, di sviluppo sociale ed economico dei territori.
Ripartiamo dai concetti di base. Deve crescere la condivisione del servizio pubblico locale in una logica di trasparenza e di sviluppo della qualità. L’evoluzione del sistema in questi anni è stato costruito grazie alla intensa attività delle imprese di servizi pubblici ambientali che hanno sviluppato strategie aziendali e innovativa politica industriale, ma è mancato un quadro di regolazione e di vigilanza che ne potesse guidare gli sviluppi. Crescono invece elementi di conflitto tra interessi contrapposti in cui a finalità sociali e di miglioramento della qualità della vita si intersecano e talvolta si contrappongono esigenze economiche di tipo societario. Molti territori e molte regioni si trovano in una situazione gravissima di gestione dei rifiuti.

Il bisogno di “governance” cresce. Il passaggio nei servizi pubblici dalla situazione talvolta monopolistica alla liberalizzazione e alla competizione implica dunque che fra il produttore di servizi e l’utente si inserisca la figura del Regolatore. Il percorso riformatore nei settori di pubblica utilità ha sviluppato processi innovativi attraverso l’introduzione delle Authorities come organismi regolatori Per l’acqua direi che la scommessa è stata vinta. L’Aeeg ha saputo realizzare e coordinare, dopo i primi anni di avvio, il settore con grande credibilità e autorevolezza.

Sarebbe una risposta forte: insieme acqua e rifiuti. Sia nel caso dei rifiuti che in quello dell’acqua si tratta infatti di comparti in cui è prevalente l’esigenza di soddisfare bisogni individuali, ma su cui pesano importanti esigenze ambientali collettive; si tratta in particolare di esigenze connesse all’utilizzo sostenibile delle risorse naturali e dunque più in generale di una politica ambientale. Le forti implicazioni territoriali di questi due settori sono evidenti così come fondamentale è l’esigenza di ricercare soddisfacenti soluzioni locali. Si tratta di una importante scelta di fondo che faccia prevalere la componente ambientale rispetto a quella del mercato dei servizi pubblici.

Però ci sono molte preoccupazioni e ritardi che producono danni crescenti. Piuttosto che aspettare forse è meglio pensare a creare una Autorità sui rifiuti nuova e indipendente. Può sembrare una provocazione, ma è sentita la necessità di affrontare questo comparto con maggiore attenzione rispetto all’impatto sull’ambiente e con modalità di gestione più attente all’efficienza produttiva e all’organizzazione industriale. Da una parte è riconosciuta una reale arretratezza del settore e dall’altro lato però complessivamente si deve considerare come il settore sia economicamente interessante e soprattutto socialmente indispensabile.

La gravità del problema rifiuti cresce in modo estremamente pericoloso. Si raccontano grandi successi, mentre si contano pesanti criticità. Per la migliore efficacia del ruolo e delle funzioni occorre dunque assicurare una crescente capacità di vigilanza su questioni che incidono direttamente sui cittadini. Da troppo tempo ad esempio abbiamo perso la conoscenza dei costi e dei prezzi; le tariffe sono diventate uno strumento di tassazione e non di analisi economica dei servizi. Bisogna allora maturare con maggiore forza la consapevolezza collettiva che occorre potenziare le politiche per il consumatore e gli strumenti di regolazione che lo riguardano; il tema della qualità dei servizi di interesse generale è quindi di crescente importanza perché tocca le esigenze concrete dei cittadini/consumatori sulla loro qualità della vita.

Il ruolo ormai collettivamente riconosciuto fondamentale della cultura sostenibile ambientale assieme alla crescente rilevanza della percezione di qualità nei servizi pubblici richiedono un coinvolgimento di tutti i protagonisti del sistema intesi come parte di soluzione e soprattutto propone una forte interazione trasversale di società, economia e ambiente.
Nel quadro di economie aperte occorre avere una forte capacità di innovazione delle istituzioni e degli strumenti di governo del territori; definizione di progetti di sviluppo, ricerca di soluzioni ai problemi di coordinamento (di politiche, di strumenti e di risorse ) e di compartecipazione (di soggetti pubblici e privati ) a livello territoriale.
L’obiettivo è di migliorare l’efficienza economica e la qualità dei servizi ambientali, insieme.

La stessa evoluzione normativa e la definizione delle regole sono in palese ritardo, nonostante stia enormemente crescendo il livello di percezione dei cittadini della importanza dell’ambiente. Se tuttavia si supera questa posizione critica, anche se largamente diffusa, si può comunque rilevare che è in atto un processo di miglioramento o comunque di trasformazione.

Fate presto. La “non decisione” è sempre la peggiore decisione.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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