Skip to main content

Immersi nella comunicazione, sembra che più nulla sia reale se non trova visibilità. In un mondo sempre più immerso nell’affannoso impegno del self branding e nella ostentazione di competenze e qualità, come cambiare prospettiva su cui dare senso a ciò che facciamo? Qualche spunto di riflessione è contenuto in un libro dedicato agli invisibili (David Zweig, “Invisibili. Dietro le quinte del successo”, Egea). L’autore descrive il lavoro di diversi professionisti il cui ruolo è essenziale, ma che sono sconosciuti e, soprattutto, paghi dell’anonimato che contorna il loro lavoro. Anzi, meglio lavorano, più restano nell’ombra: la loro figura emerge solo nel momento in cui commettono un errore. Gli esempi riportati sono molti: un tecnico del suono, un interprete alle Nazioni unite, un ghost writer, che permette ad attori, sportivi e politici di raccontarsi, un creatore di profumi che lavora per brand noti, un ingegnere che sovraintende ai calcoli strutturali dei più alti grattacieli del mondo, un addetto al lay out di spazi complessi, che consente alle persone di orientarsi in luoghi come aeroporti, ospedali, ecc.
Come vivono il loro lavoro coloro che stanno dietro le quinte del successo di altri? Da dove ricavano soddisfazione? E che cosa possiamo imparare da loro?
Sono persone che hanno scelto di svolgere lavori in cui sia loro, sia i risultati dei loro sforzi rimangono invisibili. Persone che scelgono di fare qualcosa che richiede solida formazione e preparazione, ma che di buon grado accettano di ricevere dal mondo esterno poca attenzione. Nel contempo si tratta di individui che sanno trarre dal proprio lavoro un forte senso di appagamento, nonostante un approccio lontano da quello prevalente nella società attuale.
Le storie raccontate nel libro riguardano persone che fanno parte della élite più qualificata nei rispettivi campi. Si tratta di professioni che presuppongono formazione e competenze, ma che si svolgono nell’ombra, senza riconoscimenti pubblici. Lavori meticolosi che richiedono pazienza e tempo e che restano per lo più ignorati. Pure nel loro anonimato, sono comunque persone molto apprezzate, rispettati dai colleghi per le loro competenze e i risultati. Gli invisibili hanno scelto una carriera che non offre loro alcun riconoscimento esterno.
Ma che cosa hanno in comune questi invisibili? Tre caratteristiche in particolare: l’indifferenza ai riconoscimenti, la meticolosità e il gusto per la responsabilità. Ma quella più importante, sostiene Zweig, è la curiosità, ovvero il desiderio di continuare a imparare: lavorano ed approfondiscono di continuo. In sostanza, lavorano con piacere, amano ciò che fanno e da questo ricavano la soddisfazione primaria.
Mi pare uno spunto di riflessione utile in una società che enfatizza il valore della comunicazione, rischiando di perdere di vista il valore in sé e il piacere che si ricava dal saper fare e dalla conoscenza. Non un richiamo nostalgico, ma un invito a restituire valore alle competenze apprese con disciplina e pazienza, all’insieme di conoscenze e di sapere che non si riducono alle scorciatoie della comunicazione. Anche per ricordare che il riconoscimento primario scaturisce dall’interno di noi stessi, dalla sfida che ogni impegno ci propone e dall’apprendimento che a questa consegue.

Maura Franchi – Laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi. Studia i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.com

tag:

Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it