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Facebook è entrato nelle abitudini quotidiane. Giovanissimi e adulti, pochi resistono alla possibilità di scambiare battute, opinioni, fotografie. Ben più che un passatempo che cambia sostanzialmente la nostra idea di vita privata. Quasi 20 milioni gli italiani rilevati, con un aumento forte tra gli over 60.
Nei social network assistiamo ad una sorta di confessione di massa. Non confessiamo colpe, né fatti rilevanti, ma avvenimenti normali e futili, quelli su cui si regge il nostro quotidiano: dal raffreddore alle torte al cioccolato, dalle code in autostrada, alle cene con amici. Le fotografie intervengono a fissare l’attimo, per mostrarlo agli altri e per farne traccia di sé, per sancire la propria consistenza di soggetto che, come gli altri, ha qualcosa da raccontare.
Se la prima esigenza è rendersi interessanti, il principale impegno è navigare nel mare delle pagine disponibili, per trovare oggetti curiosi da spostare nella propria pagina, per renderla divertente e degna di attenzione. Alimentare la propria bacheca è qualcosa che assomiglia ad un lavoro, certo è un compito, eseguito con le risorse che i diversi contesti frequentati mettono a disposizione.
Non sembra esserci alcuna gerarchia circa gli oggetti degni di essere comunicati. Tutta la vita trova spazio su Facebook: la conquista del lavoro, la vacanza, le opinioni politiche come i commenti all’ultimo film, le riflessioni sui sentimenti, i moti di rabbia per la politica, il tifo per la squadra del cuore: ogni emozione od esperienza è degna di essere comunicata.
Perché il privato è diventato oggetto dello scambio in pubblico? A cosa risponde questo bisogno di condivisione di dimensioni che un tempo avremmo considerato intime? Che ne è dell’intimità in questo tempo in cui tutto viene condiviso?
Il confine tra pubblico e privato cambia. Gli stessi termini di pubblico e di privato assumono significati diversi da quelli che ad essi venivano attribuiti in passato. È pubblico non ciò che appartiene ad una sfera sociale, che supera l’ambito di interesse individuale per investire un altro ambito connotato da uno statuto superiore. È pubblico ciò che serve a comporre l’immagine di noi, a definire la nostra identità, quella che scegliamo di costruire. Al contrario, resta privato ciò che reputiamo nocivo alla nostra immagine o non in linea con essa. L’etica della condivisione non comprende per lo più preoccupazioni per la privacy. Nel senso che, semplicemente, la ignora.
Le pagine di Facebook offrono un interessante spaccato della società: del malessere, ma anche delle strategie di adattamento e di sopravvivenza. La rete raccoglie giudizi e opinioni sui fatti del mondo e, talvolta, anche confessioni su vissuti personali espressi con sincera e spietata crudezza. Attraverso Facebook non si costruisce nessuna migliore informazione, non si cambiano i punti di vista, perché le pagine per lo più ruotano attorno a mondi chiusi, aggregati da frequentazioni amicali, da interessi comuni, politici o professionali che siano. Piuttosto, si mette in scena la propria vita per trovare rassicurazione, verificando che è come quella degli altri. E non è poco, evidentemente.

Maura Franchi (sociologa, Università di Parma) è laureata in sociologia e in scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del prodotto tipico. I principali temi di ricerca riguardano: i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@unipr.it

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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