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di Roberta Trucco

Alla vista della bambina vestita da soldato, esibita da Erdogan come possibile martire mentre lei piange a dirotto, le bandiere turche che sventolano e lui che la bacia, lo stomaco mi si rivolta.
Vorrei urlare. Il mio è un urlo silenzioso che sale dalle viscere, quanto il rifiuto della piccola bambina che non lo può esprimere, ma che il suo corpo non può nascondere. E così mi sorge spontanea una domanda: uomini, padri, dove siete? Come potete stare in silenzio di fronte a tanto orrore?
Di fronte a un Trump che parla di armare gli insegnanti per rendere più sicure le scuole, di fronte alle parate militari di Kim Jong-un, puro esibizionismo narcisistico, di fronte a un Salvini che, con un ghigno, parla di buttare a mare gli immigrati perché “prima gli Italiani”, ai grillini che si dichiarano salvatori della Patria, utilizzando inconsapevolmente quella retorica, tutta patriarcale, legata al sacrificio del sangue che ha portato i nostri nonni in guerra facendo dell’Europa un cimitero a cielo aperto.

Ora basta! L’urlo deve uscire e fendere l’aria asfittica che mi circonda.
Parlo alla mia generazione, sono una cinquantenne. Dobbiamo scendere al fianco delle giovani studenti della Florida: ragazze che hanno dicharato che non si arrenderanno finché coloro che fanno le leggi non cambieranno le regole per l’acquisto delle armi, finché i politici non smetteranno di accettare i soldi dalla Nra (National Rifle Association), finché noi adulti non faremo qualcosa!
Oggi più che mai gli uomini, i nostri mariti, i padri dei nostri figli/e devono scendere al fianco delle donne, delle loro figlie, sostenere la loro rabbia e frustrazione, perché sarà la loro passione il motore del cambiamento.
Diceva bene Adriano Sofri, alcuni anni fa, in un articolo su La Repubblica: “la terza guerra mondiale è in atto e il campo di battaglia è il corpo delle donne”.
La rivoluzione verrà, sta già venendo, proprio dal quel corpo femminile martoriato, ucciso, torturato, vilipeso, barattato, venduto, esibito in modo strumentale da maschi cinici e ambiziosi.

E’ sano e auspicabile che oggi gli uomini accettino di non essere i protagonisti per smontare la retorica ormai defunta del Padre di Famiglia che in nome del Bene comune sceglie per tutti. Quel padre di famiglia che sceglie quando fare imbracciare i fucili in nome della sicurezza e della salvezza dei propri consanguinei.
Noi donne non ne possiamo più di questa visione: vogliamo difendere la nostra terra, la nostra nazione con la cura affettuosa che si riserva a una madre stanca. Vogliamo un nazionalismo compassionevole, come lo definisce bene Teresa Forcades in ‘Nazione e compassione’ (ed. Castelvecchi); un nazionalismo femminista capace di esprimere riconoscenza alla terra e alla tradizione che ci ha accolto ed educato, ma che non fa delle ‘differenze’ una gerarchia di razza.
È venuto il momento di lasciare uscire allo scoperto “i ragazzi vivi”, quelli che – come racconta bene Michel Serres in ‘Non è un mondo per vecchi perché i giovani rivoluzionano il sapere’ edito da Bollati Boringhieri – dicono “basta con il sangue come coagulante sociale. […] Non vogliamo più costruire collettività sul massacro di un’altra o sulla propria immolazione; è questo il nostro futuro vitale contrapposto alla vostra storia e alla vostre politiche di morte”.
Le bandiere, le divise e gli onori a esse legati sono stracci se a indossarli sono giovani maschi che non riescono a darsi una identità diversa dai vecchi padri. Quei maschi che mostrano tutta la loro alienazione sparando nelle piazze e nelle scuole ai loro simili che invece si stanno già reinventando.
L’unica grande speranza per il futuro è l’alleanza generosa tra femminismo (femmine e maschi due pari e diversi) e le nuove generazioni, tra padri e madri femministe e figli/e con il sorriso compiacente di quei padri e madri cresciute nella cultura patriarcale.
Padri abbiate il coraggio di lasciarli/e andare in una direzione opposta alla vostra.

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Redazione di Periscopio


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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