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Numeri e parole, numeri contro parole, ma anche numeri e statistiche contro l’esperienza quotidiana di chi vive in quartieri come il Gad o via Baluardi. Ferrara e la sua provincia sono una realtà violenta?
A livello comunale, il totale dei delitti denunciati alle Forze di Polizia nel 2015 ammonta a 8161, nel 2014 erano stati 8312 e addirittura 8679 nel 2013 (Fonte: Rapporto Sicurezza Urbana 2015). Dunque una netta diminuzione nel triennio: 6,6%. Tuttavia se si dividono quelle 8.161 denunce per i 365 dell’anno si ottiene una media di circa 22 delitti ogni giorno, quasi un reato all’ora, senza considerare quelli che non vengono denunciati.

A questo bisogna aggiungere che nel 2015 – per il 2016 è ancora presto per fare analisi – sono aumentati i reati contro il patrimonio, con una vera e propria “impennata” dei furti in abitazione che sono stati “quasi quotidiani”. A dirlo è stato Andrea Crucianelli, dirigente della Squadra Mobile e Vice Questore Aggiunto di Ferrara, lo scorso ottobre all’incontro “Criminalità: analisi ed evoluzione in Italia e nel territorio ferrarese”, uno degli eventi in programma della annuale Festa della legalità e Responsabilità.
Usando i dati ministeriali delle forze di polizia, Crucianelli ha messo a confronto la microcriminalità a livello nazionale e locale e l’unico dato che si stacca dalla situazione generale dell’Italia è quello dei furti nelle case private, che a Ferrara hanno visto “un aumento maggiore rispetto alla tendenza nazionale”. Un incremento che diventa ancora più evidente in termini percentuali: +78% nel 2015 rispetto al 2010 e +126% nel 2015 rispetto al 2005. E nell’ultimo quinquennio sarebbero aumentati anche gli altri reati da cui si ricava guadagno economico, come le rapine – a sportelli postali o bancari – gli scippi e le estorsioni.
Altro dato in aumento sono le violenze sessuali: nel 2014 sono state 5, nel 2015 sono salite a 11 quelle denunciate alle forze dell’ordine ferraresi.
I reati legati agli stupefacenti, invece, si attestano sui 170-200 all’anno, in linea con la media nazionale. Secondo Crucianelli gli stupefacenti sarebbero in mano a una criminalità soprattutto nigeriana che svolge la propria attività in zona Gad e limitrofe, mentre i magrebini sono sulle mura di via Baluardi, ma lo spaccio italiano non è minore, è solo più nascosto.

La risposta alla diatriba realtà contro percezione non potrebbe essere proprio in quella media di 22 delitti ogni giorno? Tanti piccoli episodi frequenti e diffusi e una totale mancanza di ‘professionismo’, rilevata dalle forze dell’ordine anche negli episodi di rapine a uffici postali ed esercizi commerciali come ha sottolineato Crucianelli, aumentano un’insicurezza diffusa rispetto a furti di grandi somme meno frequenti. Se a ciò si somma la crisi economica e l’ondata migratoria che stiamo affrontando, il tasso di delittuosità potrebbe diventare una questione intorno a cui si cristallizzano paure e disagi connessi a problemi della quotidianità, difficoltà di convivenza e di integrazione sociale. La percezione, dunque, non come fattore dietro al quale nascondersi, ma sul quale lavorare per comprendere i rischi reali che i cittadini vivono e le preoccupazioni sociali che ne potrebbero amplificare la reazione.

Negli ultimi mesi però Ferrara violenta ha significato anche le barricate antimigranti di Gorino e il recente duplice omicidio di Pontelangorino, ancora più disorientante perché è avvenuto in un contesto famigliare apparentemente normale e ha coinvolto due ragazzi.
Forse allora dovremmo smettere di considerare la sicurezza solo come un problema di ordine pubblico che ci riguarda come singoli individui e cominciare a pensarla come un problema sociale che riguarda la comunità nel suo insieme e le relazioni che le persone riescono a costruire, che necessita di politiche di educazione alla legalità, di prevenzione, di coesione e di mediazione e di luoghi e spazi comuni e condivisi dove tutto questo possa accadere.

Di tutto ciò parlerà “Ferrara violenta? La criminalità fra realtà e suggestione” il 27 febbraio alle 17 alla Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea: il secondo appuntamento del nuovo ciclo di “Chiavi di lettura – Opinioni a confronto sull’attualità”, gli incontri di approfondimento su questioni di rilievo locale o nazionale organizzati da Ferraraitalia per leggere il presente e fornire elementi di conoscenza e comprensione.

Leggi anche:
La criminalità in città aumenta, ma gli esperti dicono che è solo “percezione”

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Federica Pezzoli

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

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