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A Ferrara la violenza è in aumento? Oppure il disagio e i timori che molti in città e in provincia manifestano derivano da ‘percezioni soggettive’ che non hanno però riscontro fattuale? È certo questione di numeri, ma anche di analisi e interpretazione dei dati. A fronte di una diminuzione del tasso di delittuosità di circa il 6,6% sul territorio comunale nel triennio 2013-2015, c’è un aumento dei reati contro il patrimonio e di quelli che danno guadagno economico e causano degrado: furti in abitazione, furti in auto, danneggiamenti, scippi. I furti in abitazione, secondo l’analisi di Andrea Crucianelli, dirigente della Squadra Mobile e Vice Questore Aggiunto di Ferrara, che ha preso in esame gli anni 2005, 2010 e 2015 (nell’evento dello scorso ottobre “Criminalità: analisi ed evoluzione in Italia e nel territorio ferrarese”, ndr) hanno subito una vera e propria impennata: +78% 2015 rispetto al 2010 e +126% nel 2015 rispetto al 2005. Ecco che allora una possibile chiave di lettura dell’aumento del senso di insicurezza dei cittadini ferraresi potrebbe essere la maggiore diffusione della microcriminalità e di episodi di violazione di norme condivise sui comportamenti pubblici, che aumentano il degrado.
Se a questo si sommano le ulteriori complessità del tempo che ci è stato dato in sorte, crisi economica e ondata migratoria, il tasso di delittuosità può diventare il nodo attorno al quale stringere i disagi reali, effettivamente vissuti nella quotidianità, le difficoltà legate alla convivenza e le complessità dell’integrazione sociale delle fasce di popolazione che rimane ai margini della società cittadina.

È però anche una questione di narrazione della vita quotidiana della nostra città: di come si dà una notizia e di cosa fa più notizia. Fa più notizia una maxi rissa in zona Gad o un blitz di tredici ore della polizia nei pressi del Grattacielo, oppure fanno più notizia le cene di quartiere e le iniziative e i progetti attraverso le quali cittadini e istituzioni collaborano per rioccupare e riqualificare i luoghi pubblici, le strade e i giardini comuni?
Ed è forse soprattutto una questione di azioni, da parte delle istituzioni, ma anche da parte dei cittadini e di una comunità che voglia essere veramente tale.
Ecco perché lunedì pomeriggio alla biblioteca Ariostea nell’incontro ‘Ferrara violenta? La criminalità fra realtà e suggestione’ – secondo appuntamento del ciclo ‘Chiavi di lettura’ organizzato da Ferraraitalia – si è parlato di giornali, di parole, di convivenza e di azioni che la mettano in atto concretamente ogni giorno sulla strada.

Sono bastate due semplici ricerche su Google ai ragazzi di Occhio ai MediaAdam, Alì e Siehm – perché diventasse chiara l’associazione fra alcune nazionalità e atti criminosi: se le parole chiave sono “ragazzo nordafricano” oppure “marocchino”, il motore di ricerca in italiano restituisce solo immagini legate a reati oppure foto segnaletiche; provando, invece, a digitare “marocain” sul motore di ricerca in inglese (www.google.co.uk) il risultato sono le immagini più disparate, da profili facebook a foto della fine dell’Ottocento. “I media hanno una parte fondamentale nella società, devono essere responsabili e oggettivi, riportando la nazionalità di chi commette un reato solo se strettamente necessario” hanno affermato i ragazzi di Occhio ai media: “Le notizie vanno riportate senza discriminare e senza buttare benzina sul fuoco”.
E a questo proposito ha voluto intervenire anche il Questore di Ferrara, Antonio Sbordone, presente fra il pubblico della Sala Agnelli: “attribuire nei titoli una nazionalità può far soffrire, lo dico come napoletano. Tuttavia se è un fatto che un cittadino nigeriano ci ha chiamato in occasione di una rapina a un centro commerciale e ci ha dato informazioni utili alle indagini, è un fatto anche che nel Gad lo spaccio di stupefacenti è gestito da nigeriani, mentre quello dei Baluardi è gestito da magrebini. Il fatto è che esistono i buoni e i cattivi, ma non viene dato lo stesso peso alle notizie: bisognerebbe dare maggiore incisività alle notizie positive, per far emergere i buoni a discapito delle cose brutte e negative”.

Massimo Morini, presidente del Comitato Zona Stadio, nato nel 2013 e dal 2015 riconosciuto come associazione di promozione sociale, è cittadino del Gad: “il nostro è un quartiere difficile, il degrado non sta diminuendo. Il grosso lo devono fare le istituzioni e le forze dell’ordine, ma anche i cittadini hanno un ruolo nella riqualificazione del luogo nel quale vivono”. Certo, ha aggiunto Morini, “la prospettiva non è a breve termine e per questo non è facile convincere chi abita nel quartiere”, ma lui ne è certo: “la collaborazione con le istituzioni e con le associazioni di stranieri è il punto di partenza per il cambiamento, per ridurre le distanze e i pregiudizi che noi abbiamo verso altre etnie e le altre etnie hanno verso noi italiani. Oltre alla protesta e alla critica, servono la proposta e la positività”. Ecco allora le biciclettate che li hanno fatti conoscere o il Festival Giardino d’Estate.

“Io ho visto cambiare quel quartiere – ha detto Daniele Lugli, presidente emerito del Movimento Nonviolento ed ex difensore civico della Regione Emilia Romagna – per me era il quartiere della Spal di Mazza, quello dove stava la mia professoressa”. Secondo lui “ogni generazione ha il suo compito da affrontare, oggi va data una risposta nuova, migliore, a problemi nuovi, posti anche da un mondo che bussa alla porta”, purtroppo però “a difficoltà crescenti sono state date risposte calanti”. “Qualcosa si è incrinato nella nostra convivenza, non è solo un problema di immigrazione, ma della disuguaglianza che è penetrata nel nostro paese”. E quello che è “un problema di carattere sociale ed economico non può essere declassato solo a problema di ordine pubblico”, ha concluso Lugli.

Il prossimo appuntamento con ‘Chiavi di lettura’ in biblioteca Ariostea sarà il 27 marzo con “Moriremo moderati? Il ritorno della Balena Bianca”.

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Federica Pezzoli


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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