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Come è a tutti noto permane un preoccupante ritardo nell’applicazione del passaggio a tariffa, anzi ormai ancora una volta ha vinto la tassa. La modernizzazione del settore si ottiene invece con l’adozione di sistemi economici di gestione integrata e l’integrazione richiede condivisione, partecipazione e soprattutto determinazione. In questa logica diventa importante la corretta applicazione di equilibrati strumenti tariffari e dunque forti critiche si continuano a muovere all’attuale sistema di tassazione.
La tassa è impropria, ma è anche applicata con criteri spesso personalizzati tra le varie realtà territoriali e con ancora forti elementi critici (modesti gradi di copertura, disomogenei regolamenti di applicazione del tributo, forte evasione e naturalmente permangono in generale forti problemi di gestione in molti Comuni). L’applicazione della tariffa al contrario avrebbe potuto portare importanti miglioramenti: dalla valorizzazione di un corretto sistema economico alla comprensione dettagliata dei costi, al controllo della gestione del settore e soprattutto per garantire una maggiore equità di contribuzione per i cittadini. Il passaggio a tariffa risponde infatti a tre principi di base che si possono riassumere in:
1) sostenibilità ambientale (perché si auspica la crescita di comportamenti virtuosi),
2) sostenibilità economica (e dunque l’equilibrio reale tra entrate e costi del servizio ),
3) equità contributiva (pagare per un servizio reale) ed effettivamente erogato.
Affrontare il tema delle tariffe significa approfondire quei temi economici che spesso sfuggono al controllo del sistema e che comunque è complesso analizzare. Spesso infatti si hanno forti difficoltà di collegamento tra bilancio economico e decisionale per misurare l’efficacia della gestione ambientale (analisi dei benefici), mentre in una attenta analisi tra bilancio economico e bilancio d’impresa dovrebbe trovare spazio anche l’approfondimento tra valori e gestione (responsabilità sociale).

L’economia ambientale pone dunque in generale questioni di diritto collettivo (quindi di etica delle azioni) e l’economia ecologica richiede di considerare il singolo sia come cittadino che come consumatore dunque mosso sia da desideri individuali sia da argomentazioni sociali e motivazioni pubbliche. Bisogna trovare la migliore combinazione tra obiettivi apparentemente divergenti quali la soddisfazione delle persone e la produttività ed efficienza nei cicli produttivi.
Il percorso teorico è noto: possono essere più agevolmente perseguiti e utilizzati strumenti economici che valorizzano i comportamenti virtuosi degli utenti, stimolando l’innovazione e la competitività, promuovendo nel contempo un più corretto e trasparente sistema di controllo di gestione del ciclo dei rifiuti urbani. E forse per questo è noto perché non si applica.

Il primo problema in genere è relativo al grado di copertura. L’obiettivo finale deve essere quello della copertura integrale del costo “motivato dal fine di trasferire sulla tariffa l’onere di finanziare il costo pieno del servizio compresi gli investimenti”, ma sono comunque ammissibili, anzi consigliati percorsi di graduale avvicinamento nel tempo. Questo aspetto è elemento caratteristico di chiarezza amministrativa e trasparenza nell’impostazione delle spese per i servizi previsti .
L’altro tema critico generale è relativo alla forte evasione (ed elusione) e all’importanza del relativo controllo. L’attività di recupero si ritiene sia stata comunque intensificata negli ultimi anni per una maggiore attenzione delle amministrazioni basandosi sull’aggiornamento dell’elenco degli utenti iscritti a ruolo. Si deve invece mantenere la trasparenza degli indici e favorire il coinvolgimento e la consapevolezza della propria produzione di rifiuti da parte degli utenti in modo distinto a seconda delle diverse categorie di applicazione; solo così potrà maturare una maggiore sensibilizzazione sul problema della produzione crescente di rifiuti.
Aspettiamo ancora con la speranza che tutto questo aiuti a cambiare le regole.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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