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Depressione, iperattività, predilezione per la solitudine e aggressività sono condizioni riportate dal 95% dei bambini di Gaza, come rileva una nuova ricerca di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro. La combinazione di tutti questi sintomi consiste in una profonda sofferenza psicologica, con oltre il 96% dei famigliari intervistati nell’ambito dell’indagine [1] che riconosce tutti e quattro i gruppi di sintomatologie nei figli o nipoti.

La ricerca rileva che i bambini di Gaza mostravano già prima delle recenti proteste preoccupanti segnali di sofferenza quali incubi – dei quali hanno avuto esperienza il 63% dei bambini interpellati – e difficoltà nel dormire – riportate dal 68% dei minori intervistati. La minaccia della guerra, la paura delle bombe, l’insicurezza costante causata dall’instabilità politica, sono la maggiore fonte di stress per i bambini ascoltati; il 60% dei famigliari ha dichiarato che tutto ciò sta avendo delle ripercussioni sui minori.

Il rumore degli aerei è stato citato dal 78% dei bambini come maggiore fonte di paura. Bambine e bambini, infatti, hanno affermato di essere “spaventati” o di sentirsi “insicuri” a causa della prospettiva di una guerra o dei bombardamenti che possono colpire loro e le loro famiglie. Tali timori hanno spinto alcuni di loro ad aver paura di dormire e a far fatica a prender sonno per “proteggersi dagli incubi”.

“Faccio incubi terribili e ho la paura costante di essere colpita da una bomba, di venire ferita o uccisa” racconta Samar*, quindicenne di Gaza che ha vissuto tre guerre e non ricorda altro al di fuori della vita sotto embargo. Samar ha partecipato alle proteste della Marcia del ritorno: “Questa paura mi ha afferrata, così come ha afferrato tanti altri bambini e ragazzi, certe volte danneggiandoli psicologicamente: sono terrorizzati e questo ha avuto un enorme impatto sul loro comportamento”.

Save the Children [2] è profondamente preoccupata che la crescente violenza vissuta dai bambini, insieme all’aumento del senso di insicurezza provato, metta fine anche alla loro resilienza.

“Alla Marcia ho visto persone ferite, ero scioccata” ricorda Samar. “Avrei volute piangere quando ho visto bambini innocenti, che non hanno commesso alcun crimine, venire feriti e ho pianto quando li ho visti morti. Mi ha spezzato il cuore, è stato doloroso”.

Nonostante le enormi pressioni fronteggiate da molti bambini, la ricerca ha rilevato che la maggior parte di loro mostra ancora segni di resilienza: più dell’80% dice di poter parlare dei problemi con la famiglia e con gli amici e il 90% afferma di sentirsi supportato dai genitori.

“Una significativa parte del senso di sicurezza provato dai bambini è legato alla stabilità che le famiglie sono state in grado di offrire, con oltre l’80% dei 150 bambini intervistati che non si sentirebbe al sicuro lontano dai genitori” spiega Marcia Brophy, esperta in salute mentale di Save the Children in Medio Oriente. “Durante le ultime settimane in migliaia hanno visto il padre, la madre o un parente ferito o ucciso: una tale perdita di equilibrio a livello familiare, in un ambiente che è già caratterizzato dall’insicurezza, mette a dura prova la salute mentale dei bambini e costituisce una grave minaccia per i loro fragili meccanismi di difesa. Questo li espone a un alto rischio di stress tossico, la più pericolosa forma di risposta allo stress, provocata da una forte o prolungata esposizione alle avversità”.

È previsto che le proteste proseguano fino a oggi, giorno della commemorazione della dispersione forzata di massa avvenuta con la fine della guerra del 1967. Oltre mille bambini e almeno 11.000 adulti sono stati feriti dalle forze israeliane dall’inizio delle proteste.

“È troppo presto per capire il pieno impatto che la recente violenza ha avuto sui bambini, alcuni dei quali hanno perso un parente o una persona amata” aggiunge Brophy. “Ciò che sappiamo è che la distruzione dell’equilibrio in ambito familiare è uno dei fattori chiave in relazione alla salute mentale dei bambini in conflitto. Un’intera generazione di bambini a Gaza è in equilibrio sul filo del rasoio, uno shock in più potrebbe avere conseguenze permanenti devastanti”.

Negli ultimi dieci anni le famiglie di Gaza hanno affrontato difficoltà e incertezze: l’embargo imposto da Israele, così come i tre conflitti, hanno posto sotto enorme sforzo l’economia e i servizi essenziali. Il 90% dei famigliari intervistati ha affermato che l’embargo ha avuto un impatto sulla vita quotidiana loro e dei figli.

Una carenza generalizzata di energia elettrica – la maggior parte delle famiglie ha poche ore di corrente al giorno – è stata citata come il fattore negativo maggiore, con un impatto sul 60% dei bambini. I minori hanno spesso espresso “rabbia” rispetto al taglio dell’energia elettrica o hanno detto di sentirsi ansiosi, soli e come “se nessuno fosse con loro” durante la notte, a luci spente.

La maggiore preoccupazione dei familiari, invece, è nella deteriorata situazione economica, con quasi la metà degli intervistati che la riconosce come principale fonte di stress o paura. Negli ultimi 15 anni il tasso di povertà è salito dal 30% a oltre il 50%, la disoccupazione è passata dal 35 al 43% e ora è al 60% tra i giovani. Meno di 20 anni fa il 96% delle persone aveva acqua potabile, mentre ora il 93% non ne ha affatto. Scorte di medicinali e cibo scarseggiano e sono costosi e i permessi per lasciare Gaza per ricevere cure sono sempre più difficili da ottenere.

“Molti bambini a Gaza non conoscono altro che l’embargo, la guerra e la deprivazione. Stress e ansia accompagnano ogni giorno che viene vissuto nell’incertezza. Oltretutto, molti sono stati feriti o hanno assistito a violenze” afferma Jennifer Moorehead, Direttrice di Save the Children nei Territori Palestinesi Occupati.

“I minori cercano di riprendersi in una situazione estremamente difficoltosa, dove negli ospedali non vi sono abbastanza letti o medicinali, dove non vi è elettricità per la maggior parte della giornata e dove i genitori fanno sempre più fatica ad andare avanti. I bambini di Gaza sono resilienti, ma devono ricevere con urgenza un maggiore supporto per superare le esperienze traumatiche. La comunità internazionale deve poter incrementare l’assistenza e introdurre maggiore supporto psico-sociale e per la salute mentale nelle scuole, nelle attività extra curriculari e nelle case. Solo facendolo immediatamente, focalizzandosi anche sulla fine dell’embargo e sull’individuazione di una soluzione duratura e giusta, i bambini avranno maggiori speranze per il loro futuro” conclude Moorehead.

*Nome di fantasia.

Per ulteriori informazioni:

Ufficio Stampa Save the Children
Tel 06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it

[1] La ricerca è stata condotta nel mese di febbraio 2018, coinvolgendo 150 caregiver e 150 bambini che vivono a Gaza, prima della recente ondata di proteste. L’età media delle bambine e dei bambini intervistati è 14 anni.

[2] Save the Children è una delle più grandi organizzazioni non governative operative a Gaza, con oltre 30 anni di esperienza sul campo e attualmente impegnata nell’attuazione di programmi di educazione, protezione dei minori, supporto psicologico, promozione di opportunità di empowerment economico. L’Organizzazione offre anche servizi sanitari e ha partner sul territorio che offrono altre tipologie di servizi. Con il MAAN Development Center, organizzazione partner che sul campo offre supporto psicologico e, ai feriti, servizi di supporto medico-sanitario, Save the Children ha raggiunto oltre 200 bambini, 125 dei quali colpiti da arma da fuoco e in pericolo di vita. Children.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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