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“Più di cento anni fa, in Russia, al confine con la Polonia, in un villaggio così piccolo che non è riportato su nessuna mappa, viveva un maestro. Si chiamava Mendel Singer. Era un uomo insignificante. Era devoto al Signore. Insegnava la Bibbia ai bambini, come prima di lui aveva fatto suo padre. Insegnava con molta passione e poco successo”.

Un cappello, una sedia e una piccola grande storia, capace dell’universalità che solo un racconto orale, com’erano in principio le narrazioni della Bibbia, dell’Iliade e dell’Odissea, può evocare e sostenere.
È ‘Giobbe’, andato in scena venerdì 16 marzo, ultimo spettacolo della stagione del Teatro Comunale di Occhiobello, voluto e interpretato da Roberto Anglisani, distillato dal romanzo omonimo di Joseph Roth dalla maestria di Francesco Niccolini, che di teatro di narrazione se ne intende avendo scritto per e con Marco Paolini da ‘Il Milione’ a ‘Vajont’ fino a ‘Itis Galileo’.
Attraverso la storia della famiglia di Mendel Singer, di sua moglie Deborah e dei suoi quattro figli si attraversa la storia del primo Novecento, dalla Russia all’America, ma soprattutto attraverso il cuore di Mendel, si attraversano speranze e paure, gioie e dolori, dei cuori degli uomini.

Grazie a Roth, e al rispetto che riesce ad averne Niccolini, conosciamo la meravigliosa, semplice e mistica devozione dell’ebraismo orientale, la cultura degli shtetlekh e della Yiddishland: Mendel è il re degli umili, devoto al Signore, ma dal Signore – crede lui – abbandonato; sua moglie Deborah è la tipica yiddishe mame, forte e piena d’amore quanto può esserlo un albero dalle salde radici e dalle ampie fronde; Jonas, il figlio maggiore, è forte, Schemarjah, il secondogenito, astuto, entrambi sanno già che il loro destino è altrove, Miriam è una nuova Betsabea; quanto al quarto figlio, Menuchim, lui è il mistero, che ha un legame profondissimo con il sacro e non si può spiegare con le parole: non parla, ti guarda, non lo capisci, eppure lui è lì. Menuchim è il miracolo, ciò che sfugge al senso, a qualunque possibilità di comprensione e spiegazione, è la risoluzione della vicenda, è l’agnizione di suo padre Mendel.

Un momento dello spettacolo

Mendel alla fine della sua epopea trova la felicità, ma in una cornice di sofferenza e morte: “Il Signore dà, il Signore toglie, sia benedetto il nome del Signore”. Comprende ciò che gli aveva detto il suo unico vero amico nella niova terra d’America, il venditore di musica Skowronnek: “Noi siamo dentro il disegno, e il disegno ci sfugge”, la vita è un mistero, la fede un rifugio, e il dolore mette a dura prova anche l’uomo più giusto. E così si toglie il suo cappello nero, sopraffatto “dal peso della felicità e dalla grandezza dei miracoli”.
Grande prova di ‘sparizione’ di Roberto Anglisani che lascia spazio alla voce narrante onnisciente e riesce con arte maieutica a evocare voci, personaggi, luoghi, dall’immaginazione dello spettatore, dando vita a un mondo che non c’è.

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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