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L’edicola dei giornali è luogo affascinante, è lì che impari a conoscere i tuoi simili, giornali di destra (tanti), di sinistra (pochissimi), settimanali-bestiario, quelli destinati a un pubblico femminile alla perenne ricerca di un gadget qualunque purché gratis, e, poi, libri, giocattoli, modellini di auto, pupazzetti, penne, matite, block-notes, di tutto vendono oggi i giornalai. Purtroppo anche i calendari. Quando l’anno si avvicina alla sua morte, l’edicola si riempie di ebdomadari di ogni genere, fino a qualche anno fa soprattutto impreziositi da immagini di donne bellissime e semi nude, quando non nude del tutto. Ma da qualche anno le donnine, che un tempo ti venivano regalate dal barbiere in plaquettes luccicanti e profumate di violetta, vanno diminuendo: gli italiani hanno perduto forse la loro caratteristica di guardoni inguaribili? Non è questo il punto, come direbbe il baffetto D’Alema. Il punto è che le immagini stereotipate delle ragazze copertina vengono sostituite da altre icone. Ed eccoli lì, appesi alla parete , in grande evidenza, i simulacri dell’italiano medio di oggi: in ordine, vedo da sinistra a destra l’immancabile calendario di Padre Pio, quindi della Madonna di Medjugorje, entrambi destinati a rendere sana e ricca la famiglia, come scriveva Sandor Marai in un suo bellissimo romanzo, insomma usati per fare i miracoli di cui siamo sempre in credito. Fin qui nulla di strano. Il grottesco viene subito dopo la parata di santi, quando sulla parete compaiono due immagini patinate di Berlusconi, una intitolata Mussolini e una seconda dedicata al Duce. Nudi?, chiedo all’amico giornalaio. No, no, risponde, sono in divisa, cioè in doppiopetto il primo e in orbace il secondo. Da un punto di vista sociale penso subito che questi calendari siano stupidi, non informati e moralmente censurabili. Ma come! Mussolini, oltre ad aver tolto pensiero e parola a chi non faceva il saluto romano, è stato la causa di una tragedia senza pari, milioni di giovani, di donne e di bambini immolati sull’inesistente altare della sua personalissima gloria; gli italiani sono riusciti con coraggio a disfarsi di un borioso cialtrone ed eccolo qui, il dittatore senza scrupoli, ritornare a colori su carta patinata con la mano alzata a salutare i suoi fedeli sudditi, come se nulla fosse stato, come se non ci fossero state le leggi speciali, le leggi razziali, la guerra, l’odio insegnato perfino ai ragazzini a scuola: “Ferrarizzare l’Italia!”, gridavano i fascisti dopo la lunga notte del ‘43, che significava ammazzare tutti gli antifascisti, un ordine preciso che diede luogo a una cruenta guerra civile. E Berlusconi? Beh, qui si cadrebbe nel comico, se il cavaliere in quasi vent’anni non avesse mortificato le coscienze degli italiani e impoverito le loro tasche. Siamo alla frutta, dico al giornalaio, mi dia la Settimana enigmistica.

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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