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da organizzatori

Da pochi giorni la discografia di Fabrizio Bosso si è arricchita di un nuovo capitolo: State of the Art, album doppio uscito il 7 aprile per la Warner Music. Registrato dal vivo nel 2016, State Of The Art documenta praticamente in tempo reale un tour che non conosce soste e che continua ancora in questo periodo con numerose date, a dimostrazione del sempre crescente successo che il trombettista torinese riscuote presso il pubblico. Nella lunga sequenza di concerti che Bosso sta realizzando col suo quartetto, quello che si terrà nell’ambito del festival Crossroads giovedì 27 aprile al Teatro Ebe Stignani di Imola (BO), con inizio alle ore 21:15, spicca come una serata davvero speciale. La tromba di un ospite d’eccezione come Enrico Rava si affiancherà infatti a quella di Bosso, sul fronte di un palco sul quale saranno anche Julian Oliver Mazzariello (pianoforte), Jacopo Ferrazza (contrabbasso) e Nicola Angelucci (batteria). Sarà un duplice incontro al vertice: tra due big della tromba jazz ma anche tra due degli artisti residenti della kermesse jazzistica organizzata da Jazz Network e dall’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna. Il concerto è realizzato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Imola e il Combo Jazz Club di Imola, nonché grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola. Biglietti: intero euro 20, ridotto 16.
Tra i tanti progetti portati avanti contemporaneamente da Fabrizio Bosso, il quartetto rappresenta il puro e semplice jazz, con tutto il repertorio di virtuosismi e l’incredibile inventiva che contraddistinguono questo incontenibile solista. È questa la formazione che offre il terreno comune più adatto per incontri al vertice: e tale è quello tra Bosso ed Enrico Rava, che solo sporadicamente hanno suonato insieme e mai prima d’ora sostenuti dal quartetto ufficiale di Bosso. Un incrocio di trombe tutt’altro che usuale che porta sullo stesso palco i più importanti rappresentanti di due diverse generazioni del jazz italiano.
Una carriera in continua e inarrestabile ascesa quella di Fabrizio Bosso, a partire dall’esordio, immediatamente sensazionale, con il disco Fast Flight (2000). Da allora ha collaborato con i migliori jazzisti italiani (Stefano Di Battista, Paolo Fresu, Flavio Boltro), ma ormai siamo abituati ad ascoltarlo soprattutto in veste di leader: dai suoi sestetti (celebre il Latin Mood), quintetti e quartetti sino a formazioni più piccole e fortemente caratterizzate nei programmi musicali (come lo Spiritual Trio). Frequenti sono poi i suoi accostamenti ad altri musicisti di grande caratura: è il caso dei duetti con Antonello Salis, Luciano Biondini, Irio De Paula, Julian Oliver Mazzariello.
Parallelamente alla sua intensa attività jazzistica, Bosso ha sempre frequentato anche i palchi (e i dischi) del pop nazionale, usandoli come utilissimo trampolino per la sua visibilità e sempre figurando in contesti che ne hanno messo in risalto le qualità di solista: con Sergio Cammariere, Raphael Gualazzi, Mario Biondi, Nina Zilli, Nicola Conte…
Enrico Rava (nato nel 1939 a Trieste) si ispira inizialmente a figure carismatiche come Chet Baker e Miles Davis. Si avvicina però ben presto all’avanguardia, suonando con Gato Barbieri, Don Cherry, Mal Waldron e Steve Lacy (e poi durante la sua permanenza negli USA con Roswell Rudd, Cecil Taylor, Carla Bley). La personalità di Rava è unica per il modo in cui ha saputo passare con risultati sempre memorabili dalla musica di ricerca a un jazz instradato nel solco di una tradizione in progress.

Informazioni
Jazz Network, tel. 0544 405666, fax 0544 405656,
e-mail: ejn@ejn.it, website: www.crossroads-it.orgwww.erjn.it

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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