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Noia è un termine assente dal suo personale dizionario. Non ha bisogno di spiegarlo Giulio Felloni, presidente Ascom di Ferrara e da qualche tempo della Federazione Moda Italia provinciale. Non ha bisogno di raccontarlo perché è da sempre un uomo curioso, fedele al verbo fare e alle proprie passioni, che trasforma in un lavoro divertente. Possibilmente utile alla sua città. Ma l’affetto per Ferrara e le sue tradizioni culturali, artistiche, storiche e perfino gastronomiche è maturato con il tempo. Da ragazzo erano i motori a occupare i suoi pensieri. felloni‘Alla frequenza universitaria preferivo le gare in macchina, così rubavo l’auto a mio padre, poi a un certo punto l’ho preparata per il campionato di velocità”. Nessuno canta meglio di un motore all’orecchio di un fan del volante. Se poi le quattro ruote sono d’epoca la passione diventa vero amore come è successo a Giulio Felloni per 13 anni presidente del club Officina Ferrarese cui si deve l’organizzazione di uno storico raduno d’epoca “Valli e Nebbie”, un quarto di secolo ben portato nato dall’intuizione del presidente, che ancora oggi ha parole di stima per chi insieme a lui si è adoperato per realizzarlo. “Non solo è una manifestazione molto apprezzata, ma permette di scoprire una Ferrara inedita, poco conosciuta e bellissima”. Nei suoi ricordi c’è posto per la Mille Miglia ma anche per il football americano e le Aquile, uno dei team storici italiani fondato nel 1979. “Ho accompagnato la squadra per mano fino agli anni Novanta, le Aquile hanno vinto il titolo italiano e sono una formazione che a differenza di altre non ha avuto intoppi durante il lungo percorso professionale”, racconta con orgoglio, ricordando come insieme ad altri due amici ha fondato la Fidaf, Federazione italiana di football americano.

Felloni“All’epoca ero già sposato e avevo due bambini”, dice. Di quella stagione sportiva resta anche un film made in Usa dedicato alle Aquile e mai arrivato in Italia. Un documento con tanto di attori, non ultimo il mitico Maurizio Nichetti nei panni di Giulio Felloni. Sorride il presidente, ha sempre avuto un debole per lo spettacolo, per il teatro, per le cose nuove. E’ un uomo curioso, appunto. Tanto da partire per l’Inghilterra insieme al fratello Alberto, l’obiettivo era un periodo di formazione per inserirsi con idee all’avanguardia nell’azienda di famiglia nata nel 1946. “Sono partito dalla gavetta, facevo un lavoro di facchinaggio vero e proprio”, racconta. Da Londra a Milano, sempre a farsi le ossa nel settore. In pochi anni accanto ai tessuti, core business dell’attività familiare, comparvero i capi d’abbigliamento più moderni di tutta la città. Il trionfo del jeans. Attillato, a vita alta, bassa e chi più ricorda più conosce la storia di un’istituzione della moda ferrarese. Era l’effetto Londra, il riflesso di Carnaby street e Kings Road. In poche parole: la moda. Imprescindibile dalla pop art e dalla musica di due mitiche rock band i Beatles e gli Stones. Altri tempi, altre speranze, una cosa è certa per Giulio Felloni. “Oggi più di allora l’innovazione deve essere sempre al centro di ogni attività commerciale”, spiega.

felloni“I cambiamenti si susseguono con grande velocità, soprattutto negli ultimi anni. Dopo due mandati in Ascom non potevo restare in carica un terzo – dice – Vi ho fatto ritorno dopo sei anni su sollecitazione del presidente nazionale Carlo Sangalli, è stata una chiamata lusinghiera, ma lo scenario con cui ci si misura è completamente diverso. E’ dominato da una tale incertezza da non consentire di programmare il futuro”. Dalla politica alla burocrazia alla rigidità delle banche restie a supportare il rischio d’impresa, tutto sembra giocare contro la ripresa. “E’ davvero molto complicato confrontarsi con un panorama nel quale emergono ogni giorno incongruenze e ingiustizie sociali – dice – si fatica a ignorare come gran parte dell’impegno di chi ha delle attività sia profuso per far fronte al pagamento delle tasse. Insomma è difficile”. Per tutti e anche per Ascom. “Il nostro impegno c’è, sono tante le cose in campo, penso alle iniziative nate per affrontare i problemi dei centri storici ai momenti d’ascolto degli associati di altre cittadine della provincia al percorso per rendere Ferrara una città accessibile a tutti – spiega – Resta però un fatto importante, la necessità di condividere scelte e strategie con tutte le forze sociali. L’obiettivo comune è la crescita di una città dalle tante caratteristiche non sfruttate”. Sono il fascino discreto di Ferrara, le differenti prospettive che può offrire – riassunte secondo Felloni nella bellezza del campanile incompiuto del Duomo che tanto gli piace – ad aver bisogno di una cassa di risonanza diversa. Fresca. “Il ricambio generazionale e la crescita di giovani imprenditori avrà un ruolo importante nell’emergere di idee ed esperienze – spiega – Stiamo vivendo un momento di transizione da fronteggiare con grande calma, senza perdere di vista innovazione e servizi, che oggi fanno la differenza. L’importante è non scimmiottare il passato, diversificare le attività e prevenire le tendenze, una qualità fondamentale per un imprenditore”. L’emergenza è frenare la debacle. Hanno chiuso troppi negozi e altri restano vuoti per il caro affitti. Per ogni luce che si spegne, conclude Felloni, se ne va un pezzetto di città. E si rischia di aprire la porta al degrado del salotto ferrarese.

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Monica Forti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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