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Da MOSCA – Ebbene sì, in questi giorni, dopo aver festeggiato il compleanno di Paperino, e visto che ci troviamo sempre in terra di Russia, ci pareva carino un ulteriore omaggio a questo amico pennuto che attraversa liberamente i disegni della storia e, perché no, anche della letteratura.

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Alcune strisce del fumetto

Abbiamo infatti scoperto, con piacevole sorpresa, che anche Paperino è legato alla Russia e ad alcuni dei suoi capolavori letterari. Un modo come un altro di spiegare e insegnare ai nostri ragazzi alcuni classici di non semplice e immediata lettura, con la simpatia e la leggerezza che solo un bel fumetto può avere. Eccoci, allora, tornando un attimo indietro al 1986, e precisamente al numero 1604 di Topolino, che ci si imbatte in Lev Tolstoj, in una bella parodia del celeberrimo capolavoro russo Guerra e Pace, disegnata da Giovan Battista Carpi, considerata fra le sue migliori opere, per la cura e la raffinatezza dei disegni. Diciamo subito che Carpi è considerato uno dei maggiori fumettisti italiani, nato e morto a Genova, rispettivamente nel 1927 e nel 1999. Perfezionista, preciso, amante dei dettagli, approda alla Mondadori nel 1953 e subito si contraddistingue per lo stile personale e particolare, quello stile dinamico e forte che, soprattutto nelle storie dei paperi, riuscirà a mantenere fino alla fine della sua carriera. Anche se ottiene i migliori risultati stilistici con Paperino & co., resterà sempre profondamente legato anche al mondo di Topolino. Carpi sarà anche il padre di uno dei personaggi di maggior successo tra quelli creati dalla scuola italiana di Disney: Paperinik, il diabolico vendicatore, storia che fa esordire l’alter ego di Paperino sui numeri 706 e 707 di Topolino. Ma il nostro abile disegnatore è soprattutto uno dei principali interpreti della saga delle Grandi parodie Disney, ovvero quelle storie che reinterpretano, utilizzando i personaggi Disney, i capolavori della letteratura, del cinema e dell’opera lirica, o semplicemente storie in costume. Nascono, così, Paperino fornaretto di Venezia del 1964, Paperino e il vento del Sud del 1982, Guerra e Pace del 1986, Il mistero dei candelabri del 1989, Paperina Butterfly del 1994. Crediamo, con un po’ di sano orgoglio nazionale, che solo un disegnatore italiano, per la sua innata predisposizione alla bellezza, nonché alla convivenza quotidiana con essa, potesse conciliare disegno, fantasia, storia e cultura. Eccoci, dunque, al nostro Guerra e Pace. Data l’ampiezza e la complessità dell’originale, ovviamente la storia di Carpi richiama solo in alcuni punti la trama del romanzo di Tolstoj. Il protagonista è Paperino Paperzukoff, giovane squattrinato e scapestrato nipote del “papero più ricco di tutte le Russie”, il principe Paperon De Paperzukoff. La vicenda si apre con il ritorno forzato a Mosca di Paperino, che lo zio non intende più mantenere a Pietroburgo. Il fedele segretario Platon porta quindi Paperino al cospetto dello zio, che lo obbliga al fidanzamento con la ricca, ma insopportabile, Helène Kuraghin. Il legame va presto a monte per il carattere lunatico e pestifero della ragazza e Paperon manda il nipote a lavorare in fonderia come operaio. Ecco allora che la scena si sposta nelle fredda e rigida Siberia: qui i Bassotti della Steppa evadono dal Penitenziario Statale Villa Fiorita, e si dirigono verso il loro vecchio e acerrimo nemico Paperzukoff. Quest’ultimo, avvertito, prepara le difese della sua villa, sistemando davanti al portone un gigantesco cannone di un “tris-tris-trisavolo”. Casualmente, una spia francese vede la “superarma” e avverte direttamente Napoleone, che richiede un incontro con lo zar Alessandro I. Venti di guerra iniziano, intanto, a spirare sull’Europa. Paperon pensa, quindi, a come proteggere il suo oro da Napoleone, nell’eventualità di un’invasione, oltre che dai Bassotti. Paperino suggerisce di fonderlo e bagnarlo nel piombo dandogli l’aspetto di palle di cannone; l’idea viene realizzata e i Bassotti tratti in inganno e, per ricompensa, Paperino viene nominato direttore delle fonderie Paperzukoff. Intanto, però, la Francia ha cominciato l’invasione dell’impero zarista; a Mosca l’esercito si mobilita e Paperino deve portare al sicuro le finte palle di cannone. Ma, per un contrattempo, i proiettili vengono consegnati all’esercito diretto al fronte: Paperino, per evitare di essere “spiumato”, parte per tentarne il recupero, in sella al fedele cavallo Rasputin. Nel viaggio verso Borodino, Paperino si imbatte nella fattoria di Maria Papera Dimitrievna (Nonna Papera) e della nipote Natascia Rostof (Paperina). Il classico colpo di fulmine tra i due giovani è quasi immediato, e Paperino per qualche tempo si dimentica della missione: a richiamarlo alla realtà sono i colpi di cannone dal fronte. Raggiunto il campo di battaglia, Paperino recupera i preziosi proiettili in volo con un retino in maglia d’acciaio; riesce ad accumularne venti e a spedirli a Natascia, ma il resto è preda dei francesi vittoriosi. Dopo la sconfitta di Borodino, i moscoviti fuggono lasciando la città in fiamme. Qui Paperino viene catturato durante la notte dai francesi e incontra Platon. I due vengono liberati dai Bassotti, che hanno seguito le peripezie di Paperino e vogliono farsi condurre ai proiettili. Il mattino dopo, Paperino e Platon, nei pressi del campo delle truppe napoleoniche, trovano Natascia travestita da vivandiera francese. Con il suo aiuto, riescono a recuperare la partita di palle di cannone; durante il viaggio verso la lussuosa dacia di Paperon, riescono anche ad avere la meglio sui Bassotti e a catturarli. Questi ultimi vengono poi sparati con il supercannone verso la loro vecchia prigione. Dopo poche settimane, Mosca viene liberata e i paperi possono tornare a casa. Pare che tutto sia finito bene, ma le sorti della guerra sono ancora in bilico. Prima che il principe Paperzukoff possa fondere di nuovo il suo oro, un inviato del Maresciallo Kutuzov si presenta trafelato e gli fa sapere che l’esercito russo è a corto di munizioni: i proiettili del principe potrebbero quindi essere decisivi per salvare la patria. Pur disperato e piangente, Paperon accetta. Anche grazie al suo apporto, i russi riescono a sconfiggere i francesi definitivamente nella battaglia della Beresina. In Russia torna la pace: Paperino si congeda annunciando “il bacio più lungo nella storia dei fumetti” (che ricorda quello di Cary Grant e Ingrid Bergman in Notorius) ma cade svenuto. Paperon, dopo aver ricevuto un’onorificenza dallo Zar, decide di trasferirsi in America per ricostruire la sua fortuna. Tutto bene quel che finisce bene. La storia è avvincente e i personaggi riconoscibili a chi abbia letto il capolavoro di Tolstoj. Per chi lo conosce meno, invece, ecco qualche spunto. Paperino Paperzukoff è il corrispettivo del personaggio principale di Guerra e Pace, Pierre Bezuchov. I tratti in comune con il personaggio originale sono la vita sregolata da aristocratico (a differenza di Paperino, questo si dirigerà però verso la religione), la breve storia con Helène Kuraghin e l’amore per Natascia. Paperina interpreta il personaggio di Natascia Rostof, personaggio femminile importantissimo del romanzo. Nella parte finale dell’opera essa si innamora di Pierre e accetta di sposarlo. Paperon De Paperzukoff corrisponde al Conte Bezuchov, il ricco padre (adottivo) di Pierre. Platon, invece, si ispira a Platon Karataev, l’uomo da cui Pierre assimila un fondamentale messaggio di fede. Maria Dimitrievna è la zia di Natascia. Nella storia vi è anche una breve apparizione di Gastone Bolkonski (Gastone), rivale di Paperino, in partenza verso il fronte. Il personaggio originale è Andrej Bolkonski, ufficiale russo innamorato di Natascia e morto per una grave ferita. I luoghi sono quello della grande Russia. Non si può certo dire che la parodia non sia divertente e avvincente, oltre che istruttiva. Il numero di Topolino del 1986 che ospita questa storia, si può trovare su ebay o anche in una bella, antica libreria di fumetti, scartabellando fra scaffali e giornali, sicuri che troverete qualche altra sorpresa. Basta saperla aspettare.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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