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Ansia o entusiasmo? Slanci o reticenza? I lettori raccontano come si comportano in amore e come vorrebbero essere.

Incanto e cinismo

Cara Riccarda,
grazie per la sua recensione, elegante e con una sua finezza che, per chi come me non ha letto il romanzo, si intuisce prima ancora di vederla messa alla prova da un rapporto diretto col testo di cui si parla. E prima di rispondere alle sue domande finali mi premerebbe fare qualche osservazione sulla sua proposta di lettura, ferma restando la precisazione già fattale in merito alla conoscenza mediata della trama del romanzo e dei temi narrativi che l’autore sviluppa: detto in altri termini, non escludo gli abbagli anche se non li riterrei dovuti a presunzione ma piuttosto a disinformazione.
La prima impressione che ho avuto (e sottolineo il termine impressione) è che il protagonista del romanzo, malgrado la problematicità in cui si avvolge e contorce, pare riproporre il vecchio stereotipo del maschio egocentrico e sciovinista, incline a misurare tutto ciò che lo circonda (esseri umani inclusi) col metro della propria soggettività e dei propri bisogni. Un misto tra Woody Allen e uno qualunque dei tanti investigatori creati in questi ultimi anni dalla mediocre letteratura poliziesca che appunto di stereotipi abbonda. Malinconico è avvocato ma questo cambia poco perché a suo modo anche lui – par di capire – fa le sue indagini e ha a che fare con dei casi giudiziari sfoggiando il cinismo che tanto piace al lettore italiano medio, maschio o femmina che sia. Quello che conta è però ciò che caratterizza il suo personaggio, quella che lei chiama la sua “ansia di dominio assoluto della propria vita, qualcosa di simile all’anarchia domestica, a patto però di essere amati”. A patto però, se non fraintendo, di ricevere senza dare, come è tipico di questo cliché di macho dei sentimenti “che non ha bisogno di chiedere, mai”, e che si tiene ben stretta la propria libertà. Una volta, tanti anni fa, c’era di mezzo il mammismo, l’impossibilità di trovare una donna che fosse all’altezza della propria madre; oggi c’è l’ansia di doversi concedere troppo, anzi di essere troppo preziosi per farlo, perché nessuna (o nessuno) può valere un cotanto sacrificio di sé.
Credo che in questa considerazione sia implicita la risposta alla sua domanda finale. Io sarei per l’entusiasmo (sopprimerei il che esagera) e darei il pollice verso all'”ansia che comprime”, anche per una questione di autocontrollo. Ma il mio sarebbe comunque un entusiasmo consapevole, come ci dicono debba essere il sesso: consapevole non tanto dei rischi sempre connessi a una condizione di coppia quanto dei miei limiti intrinseci. Che, mi creda, non è un modo per far rientrare dalla finestra l’egocentrismo prima cacciato dalla porta: quando parlo dei miei limiti mi riferisco soprattutto alla mia condizione anagrafica contro la quale “la ragion non vale”. E l’entusiasmo cui vanno le mie preferenze più che il frutto di uno stato d’animo corrente è la reminiscenza di ciò che è già stato: con la plausibile speranza che nulla vieta che possa essere ancora.
Cuore perduto

Caro Cuore perduto,
ho conosciuto varie versioni, più o meno spinte, di Malinconico che almeno si salva per il fatto di non esistere. Le brutte copie, quelle reali insomma, sono davvero, come dice lei, quegli uomini che richiedono sacrificio. Al di là della presunzione che trasuda da questi tipi, credo sia ancora più sconfortante che una donna sia disposta a continui ex voto pur di ingraziarsi la divinità. E’ come se verso di loro un sacrificio fosse inevitabile per arrivare solo un po’ più vicino con il risultato, invece, di farli spostare di un altro passo e così via di nuovo nella rincorsa. Il fatto è che la donna lo sente dentro di sè che la reciprocità ha altre caratteristiche e che è una gran fatica questa caccia in cui chi ti dà, ti toglie anche. Eppure sembra che in tante ci passino, trascinate dall’entusiasmo che, per sua natura ed etimologia, si porta dentro passione, come ci fosse un dio a governarla. Per questo scrivevo che l’entusiasmo esagera, perchè falsa la nostra capacità di vedere l’altro. Non è facile cogliere il momento esatto del passaggio tra entusiasmo e presa di coscienza (una mia amica ha la coscienza che parla solo dalle 7.30 alle 7.45 del mattino davanti al caffè) di quanto quest’uomo stia costando. La tabella costi/benefici in amore non regge, si sa, ma l’inizio di un leggero disincanto dovremmo sempre accoglierlo a braccia aperte.
Riccarda

Malinconico ex…

Cara Riccarda,
in Malinconico rivedo il mio ex, con cui ho passato momenti meravigliosi travolta dalla sua personalità mirabolante e affascinante, ma con cui sono stata altrettanto male per non riuscire a viverlo in pieno, sfuggente come è sempre stato. Rimane una persona meravigliosa come amico, ma assolutamente non il compagno di vita per me. L’amore come lo vivo non fa per lui, l’amore per me ‘da adulta’, è non sfuggire, non rincorrere, ma esserci l’uno per l’altra, sempre e incondizionatamente. E senza paura di essere travolti.
M.

Cara M.,
una volta mi è capitato di scrivere un non elenco, una lista al contrario che contenesse le cose da evitare, o meglio da non ripetere. Mentre i propositi da realizzare stanno belli lì davanti come un faro su un sentiero che, quasi sicuramente, non imboccheremo, le cose da non fare vengono dal passato. Ne distinguiamo i contorni nitidi e vediamo ancora i segni, una specie di consulenza gratuita che forniamo a noi stessi.
Mettila così, il tuo ex Malinconico lo hai già spuntato nella lista dei mai più.
Riccarda

Poca fiducia o molta ansia? No, solo prudenza!

Cara Riccarda,
mille idee, mille progetti, mille aspettative. Vivo l’amore con un entusiasmo esagerato verso quello che, immagino, avverrà per poi accorgermi che, al momento di agire, mi ritrovo spaventata. L’ansia di sbagliare, di non essere abbastanza, che qualcosa vada storto. Un’ansia che per fortuna riesco a dominare, ma che è sempre lì a fare perdere un po’ di colore a tutto ciò che è nuovo. Non sono sempre stata così. Ero sicura, decisa, poi un uomo ‘sbagliato’ ha fatto sì che io perdessi quella meravigliosa fiducia in me stessa di cui tanto andavo fiera, fiducia che spero di ritrovare accompagnata, passo dopo passo, da un altro uomo, sicuramente più giusto.
D.

Cara D.,
e se la chiamassimo prudenza? Fossi in te, me la farei amica. Siccome abbiamo capito che il piano della realtà è altro rispetto a quello dell’immaginazione, da cui discende un’assetata aspettativa, la prudenza potrebbe essere un’ancella mitigatrice fra i due.
Se poi, questa ancella aspira a diventare matrona, la rimettiamo al suo posto.
Riccarda

Potete scrivere a: parliamone.rddv@gmail.com

In agosto I dialoghi della vagina va in ferie, a settembre vi dà appuntamento con altri spazi di dialogo e confronto.
A tutti i nostri lettori un augurio di buone vacanze, ciao a presto.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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