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Come si fa a essere meno invisibili? Dove trovare la forza per uscire dall’ombra che oscura spontaneità e sentimenti? Le nostre lettrici si sono raccontate.

Annullarsi e ritrovarsi

Ciao Riccarda,
io sono una persona che si adatta molto facilmente e purtroppo qualche tempo fa mi sono adattata ad essere invisibile per mio marito, a tal punto da diventare invisibile anche per me stessa.
I miei interessi, i miei affetti, la mia musica, le mie passioni non esistevano più. Ho messo tutto in un cassetto in attesa che la persona con cui volevo condividerle si accorgesse di nuovo di me.
Non ce l’ho fatta, non ho avuto pazienza di aspettare.
Perché avrei dovuto rinunciare ancora ad essere me stessa?
In una coppia senza figli se non c’è un minimo di condivisione che senso ha rimanere insieme?
E’ scattato qualcosa in me che mi ha fatto essere per qualche mese la persona che non avrei mai voluto, quella che ho sempre giudicato e che ora vorrei solo dimenticare. Sono stata egoista, cattiva e menefreghista.
E’ come se tutto quello che avevo represso fino a quel momento fosse venuto a galla senza poterlo più nascondere.
Fortunatamente c’è un risvolto positivo (molto positivo) in tutta questa storia e cioè che ora sono felice: mio marito si e’ svegliato e ora mi rispetta e condividiamo i nostri interessi, so esattamente che persona voglio essere e ho capito che il fatto di diventare invisibile dipende soprattutto da me.
I lati negativi invece sono il rancore che ogni tanto riaffiora nei confronti di mio marito per come mi ha trattato negli anni dell’indifferenza e il perdono verso me stessa che a volte fa fatica ad arrivare.
Grazie Riccarda per gli spunti di riflessione che dai con la tua rubrica.
E.

Cara E.,
essere invisibili dipende solo da noi e trovo difficile che, quando ci affossiamo, poi qualcuno ci venga a scovare. Tu hai dovuto sparigliare le carte per uscire dall’ombra e vederti, vedere soprattutto ciò che di te non ti piaceva per niente. Forse avevi bisogno di questa tua faccia per abbandonarla o anche solo accettare che può esistere.
Credo che l’effetto positivo tu l’abbia ottenuto con te stessa prima ancora che con tuo marito: ora ti conosci di più, sai che sei stata capace di uscire da quel torpore in cui non ti riconoscevi. E di conseguenza anche tuo marito ha iniziato a vederti e trattarti in modo diverso. E’ una conquista di entrambi, ma soprattutto tua. E ora sei felice.
Quanto a rancore e perdono, lasciali viaggiare con i loro tempi, che non sono quelli della volontà, se tenti di imporre un’accelerata, potresti crearti un nuovo problema. Che vadano e vengano, tanto tu sei già andata oltre.
Riccarda

Ricomporre il puzzle… oppure no

Cara Riccarda,
ti è mai capitato di sentirti come se ti fossi persa? Come se avessi perso dei pezzi…come se fossi fatta di tante parti, ma mescolate, non al loro posto, e alcune nascoste o apparentemente mancanti…non so dire il momento preciso in cui è successo, ma c’è stato un momento in cui mi sono persa.
E’ come se ci fosse sempre dell’altro, delle parti di me che non vengono fuori, forse per paura del giudizio degli altri, o del giudizio di me stessa, non lo so…
Come si fa a rimettere insieme i pezzi, in un modo coerente, con un senso, con il nostro personale senso? Come si fa a manifestare tutto, ad accettare tutto di noi, per migliorarsi, per vedersi e lasciarsi vedere, se è il caso? Ho la sensazione che se riuscissi a fare tutto questo, anche solo a iniziare, sarei più leggera, più libera. Da dove si parte?
Un abbraccio
L.

Cara L.
è un sabato di ottobre, c’è ancora caldo e sarebbe bello uscire a fare due passi, ma V. è in casa frantumata in un milione di pezzi, talmente piccoli e schizzati via che non sa neanche se riuscirà a recuperarli tutti. Siccome per una legge di natura le amiche sentono quando c’è un problema in corso, G. passa per casa di V., ha solo pochi minuti e una bimba piccolissima che l’aspetta, ma si ferma ugualmente. Si incontrano sulla porta, G. le dice “respira”, chiude gli occhi, si porta le mani vicino al petto e la convince che è il momento di fare silenzio, basta domande, tanto le risposte non ci sono.
V. ascolta l’amica, abbandona le domande e accetta che le cose siano così, senza mettersi di traverso. V. si sente meglio, lascia andare.
Cara L., mi permetto di dirti la stessa cosa: se sfrondi i punti interrogativi che tanto non avranno mai soddisfazione, alla fine ne avrai meno bisogno. Forse è questa la leggerezza che poi arriva e non diventiamo superficiali se per una volta lasciamo che la mente non si focalizzi sempre su tutto, si rischia il corto circuito.
Riccarda

Tutto dentro… anche l’amore?

Cara Riccarda,
ho sempre avuto molte difficoltà nel raccontarmi, nello svelarmi. Caratterialmente sono molto riservata per quanto concerne le mie emozioni e i miei sentimenti. Tengo tutto per me soprattutto le paure e le ansie e tutto ciò che fa di me una persona “debole”. Non mi piace mostrarmi fragile o in difficoltà anche se spesso lo sono. Maschero tutto con una finta sicurezza o con un’ancora più finta indifferenza. Nascondo tutto.. anche l’amore. Tranne quello per i miei figli. Quello no. È troppo grande da tenere dentro. O forse lo esterno perché da loro non temo il rifiuto.
S.

Cara S.,
sostengo il valore della riservatezza a protezione dell’intimità, abbiamo bisogno di tenerci qualcosa, poi ciascuno sceglie cosa riservare a sè e cosa svelare agli altri, se essere invisibile del tutto o tirare fuori una parte. La tua riservatezza, da quanto leggo, prende le forme di autocensura dei sentimenti, anche dell’amore. Mi piacerebbe chiederti perchè. E’ chiaro che l’amore per i figli non ha confini, figuriamoci se può restare inespresso, però quell’altro amore che tu dici di nascondere, dove va a finire? In cosa lo trasformi? L’amore è una forza viva che da qualche parte migra sempre.
Riccarda

Potete inviare le vostre lettere a: parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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