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Quattro vite si incrociano come un chiasmo, dove al centro c’è il punto di rottura che unisce e separa. In ‘Da soli’ (Einaudi, 2018) di Cristina Comencini, finisce il matrimonio tra Marta e Andrea e, parallelamente, tra Laura e Piero. I figli sono grandi, le vite ordinate e le conquiste ormai raggiunte. È per tutti una fase della vita, quella dopo i cinquanta, in cui si potrebbe tirare il fiato, godere di una corsa meno frenetica e di un incedere più compassato. Si potrebbero rivedere gli equilibri familiari e di coppia, ritararli a due, senza i figli da crescere e che dominano il cuore e la mente come quando sono piccoli.
E invece Marta rompe il matrimonio per la paura di morire, perché se anche tutti dicono che questa è la stagione della quiete, lei vuole ancora la libertà della tempesta. Anni di matrimonio in cui Marta ricerca la sua zona nascosta, quella che sfugge all’adesione totale all’altro, alla sovrapposizione e alla conoscenza reciproca nella coppia senza più sorprese. Questo pensa l’ex marito Andrea, che Marta abbia nutrito e coltivato la separazione dentro di sé fino a farla diventare reale e brutale per tutti.
Mentre Marta fugge dalle certezze di una vita con Andrea, Laura subisce l’ultima scelta di Piero e ha ben chiaro cosa sia stata la loro unione: è mancato il “mischiarsi”, il fare “noi”. E poi ci sono state le valigie separate, la fatica di lei a trascinare per tutti una famiglia sempre troppo pesante. Laura ha passato anni a cercare di riempire un bagaglio unico in cui stipare i giorni insieme, la vita a due, ma poi Piero faceva sempre la valigia da solo. Laura sa che i figli non valgono come pretesto per sentirsi noi, perché un io si unisca a un altro io tutta la vita, i figli non bastano. I motivi per essere coppia e mettersi insieme, una buona volta, in una grande unica valigia, non ci sono stati: “Che se non ci riesci prima, a costruire un noi, quando sei sola con un uomo, prima dei figli, prima della famiglia…allora è inutile appesantire il bagaglio perché il viaggio a un certo punto s’interrompe per forza”.
Se due individualità non si mischiano in qualche modo misterioso, tutto loro e insondabile, il noi non decolla, rimane la somma algebrica di uno più uno che fa solo due e non infinito.

Nelle vostre relazioni, siete riusciti a diventare noi o siete rimasti due binari che viaggiano paralleli senza incrociarsi?

Potete mandare le vostre lettere scrivendo a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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