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Spazio diviso tempo, uguale velocità. La formula dimenticata è stata la prima àncora di salvezza a cui la mente si è aggrappata quando B. si è sentita dire che era finita perché lui aveva bisogno di spazio e di tempo. Non volendo credere che sei anni stessero sfumando senza una litigata, un’incomprensione o un tradimento, B. si è concentrata sulla formula della velocità. Doveva razionalizzare, avere un perché. E la formula si è presentata l’unica risposta possibile: se io divido il tempo trascorso con lui per la strada fatta assieme, ottengo la velocità con cui può finire la nostra storia, quindi non basterà questa telefonata, dovrà darmi altre spiegazioni, darmi il tempo e lo spazio per capire o almeno accettare.
Se per lui tempo e spazio si moltiplicavano con la velocità con cui se ne stava andando, per lei erano diventati i confini del pantano dove era caduta. B. non capiva davvero, pensava che quella storia avesse raggiunto un equilibrio abbastanza solido, avvisaglie di stanchezza non ce n’erano, o almeno non le aveva viste. Per forza, mica era lei quella stanca tra i due.
B., allora, sente il bisogno di raccontare tutto ad A., un’amica schietta che non si è mai risparmiata affondi, ma anche grande vicinanza.
“Lo so che lui ti piaceva, ma se ci pensi non era la storia della tua vita” dice A.
“E quale sarebbe la storia della vita?”
“Quella che, alla fine, ti fa meno male”.
“Saperlo…”
“Credo che ci siano uomini sani, che non fanno male, magari un po’ opachi se paragonati a certe stelle, ma che ti permettono di fare un cammino sereno e pianeggiante. Certo, devi rinunciare all’adrenalina e alle capovolte delle montagne russe, ma credimi che dopo un paio di giri è meglio scendere, abbiamo bisogno di respirare. Hai passato fin troppo tempo a testa in giù, è ora che tu stia con i piedi per terra”.
“Non sarà facile” risponde B.
“Devi ricordarti che lui ti ha liquidata con una telefonata. E sai perché lo ha fatto? Perché doveva compiere, ancora una volta, il suo narcisismo che nulla deve all’altro”.
E a voi, che uomini o donne sono capitati? Da montagne russe o da passeggiata tranquilla? Narcisisti o persone che non fanno male?

Potete inviare le vostre lettere a: parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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