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I doni degli ex che non fanno più male. Cosa ci portiamo di una storia finita? I nostri lettori raccontano il bello che non svanisce dopo l’amore.

Notte prima degli esami

Cara Riccarda,
mi ricordo le camminate in via Zamboni al termine delle lezioni. Studiavo di più perché non volevo fare brutta figura: era una fatica tremenda perché ero portata a pensare a lui e mi dovevo sforzare per concentrarmi tutto il pomeriggio e a volte anche dopo cena. Le mie amiche lo trovavano bellissimo, era anche intelligente e non faceva nessuna fatica a star dietro agli esami. Faceva sempre freddo e io non mi vestivo mai abbastanza. Ora, per niente al mondo andrei in giro poco coperta, perché il freddo mi fa passare la voglia di fare qualunque cosa. E non importa con chi e per quale occasione. Mi spiace che sia così. Forse ora amo di meno. O non sono più capace di amare liberamente (credo che liberamente non sia la parola corretta…). C’era quell’emozione che provavo alla sola idea di trovarlo ad aspettarmi alla fine della lezione o quando scendevo dal treno. Adesso non mi ricordo più il suo cognome eppure mi ricordo tutto il resto.
V.

Cara V.,
sarà per quello che la memoria è selettiva, non se ne fa nulla di un cognome, ma di tutto il resto sì. Mi piacerebbe capire cosa intendi per amare liberamente, anche se poi ritratti e dici che liberamente non è forse il modo più corretto per interpretare. Ti propongo di bandire gli avverbi quando si parla d’amore, di togliere qualsiasi tentativo di definizione di un prima e un dopo affidando tutto al mistero che, se ci pensi, è più rassicurante della logica.
Riccarda

Eskimo e Cointreau

Cara Riccarda,
devo ammettere che anche io ho avuto una ex che, malgrado la fine del nostro rapporto, ha saputo darmi dei doni, importanti e non importanti che comunque mi hanno arricchito e permesso di avere un bell’angolo dei ricordi. Posso apprezzarli molto di più ora perché li guardo con distacco e con un sorriso, dato che risalgono al 1975/76.
Alcuni doni che allora, giovane e incosciente, mi hanno reso felice:
le corse serali a Portovenere per bere un Cointreau;
le emozioni al juke-box nell’ascoltare e ballare le canzoni che amavamo;
ascoltarla suonare le canzoni di Bennato, Venditti e Battisti con la chitarra ;
restare a dormire sulla spiaggia;
indossare l’eskimo e metterci davanti alle vetrine dei ristoranti snob e imbarazzare i clienti;
leggere “I porci con le ali” prima del sequestro dalle librerie (poi ridistribuito);
ce ne sarebbero tanti altri, ma preferisco concludere con il più importante insegnamento che mi ha dato:
prendere la vita come un dono e cercare di condividerlo sempre con le persone che ami, per gioire, sostenersi e arricchirsi a vicenda.
L.M.

Caro L.M.,
peccato che spesso ci sfugga il concetto di dono e abbiamo trasformato la condivisione, quella intima dico, in un’agorà piena di gente. Ma hai colto nel segno, i doni di una storia sono solo apparentemente immateriali, in realtà, secondo me, possono diventare qualcosa di solido che va oltre il semplice ricordo.
Riccarda

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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