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Sotto le feste aumentano le presenze dei mercatini dell’usato, che in questi ultimi anni si stanno diffondendo anche grazie a principi di sostenibilità, di riciclo, di riuso, di recupero (che – insieme a riduzione – fanno le famose quattro R).
Il gigantesco flusso di prodotti e di materiali che buttiamo è diventato un mercato rilevante. Parliamo di vestiti, giocattoli, libri, mobili e oggettistica varia. Un tempo era un’occasione di visita ai mercatini famosi di Parigi, di Londra o Porta Portese a Roma, ora sono sottocasa. Le molte strutture sociali cattoliche e laiche si sono organizzate e ne fanno un’importante opportunità. Inoltre, a rigattieri e commercianti autorizzati si sommano abusivi e piccoli raccoglitori occasionali, che la crisi economica e la crescita del livello di povertà ha aumentato. Un tempo infatti era attività per poveri, nomadi, migranti clandestini, anziani, studenti fuori sede; oggi è di tutti.
A questo proposito ricordo che la stazione ecologica in molte città, come anche a Ferrara, è un’area attrezzata per il recupero e riciclaggio dei materiali di scarto e in particolare di quelli ingombranti, nonché degli altri rifiuti urbani di cui non esiste un apposito servizio di raccolta. Anche le isole ecologiche sono dunque un importante punto di riferimento, tanto che in alcune realtà sono stati costituiti al loro fianco specifici centri di raccolta sociale. Si tratta però di un settore in mezzo a difficoltà di interpretazioni normative e di attuazioni. Valutazioni indicano che quasi la metà di ciò che si porta nell’isola ecologica è riciclabile e riusabile perché in buone condizioni o facilmente riparabile o restaurabile. Anzi, un terzo di questi oggetti sono merci pregiate, di antiquariato, di modernariato o di valore collezionistico. Solo a Roma una ricerca ha valutato il settore in 50 milioni di euro all’anno.
Sarebbe utile fare anche a Ferrara una ricerca del settore dell’usato, analizzando il mercato di riferimento per qualsiasi ipotesi di riuso e soprattutto ufficializzando tutti i principali meccanismi di una filiera in buona parte semi-occulta agli studi e alle stime economiche. Sarebbe bello fare poi un’analisi dei flussi di scarti che attraversano le isole ecologiche: la quantità, la qualità, e infine il calcolo del valore dei beni riusabili partendo dai parametri del mercato dell’usato.
Anzi, sarebbe bello raccogliere le molte disponibilità di volontariato per realizzare un sistema virtuoso. Il grande flusso di materiali e di prodotti che abbandoniamo e trasformiamo in rifiuto è spesso utile ad altri e in generale è una grande risorsa da valorizzare.
Il concetto di base è sviluppare il riuso in maniera sistematica, individuando le possibili occasioni di mercato e le condizioni di assorbimento di una nuova offerta. Penso a oggettistica, modernariato, mobili, antiquariato, libri, giochi, abbigliamento, collezionismo, casalinghi. Ritrovare il valore delle cose e dunque la filosofia del recuperare può essere fonte di valide soluzioni in questo contesto. Le aree d’intervento sono molte, ne indico alcune.
Assemblaggio meccanico. Quanti oggetti rotti vorremmo recuperare per ricordo, per utilità, per valore e non sappiamo a chi rivolgerci. Pensiamo a un orologio, magari a pendolo, a un vaso di ceramica rotto, a un utensile, a un attrezzo domestico, etc. L’idea è di creare una officina di aggiustaggio dove recuperare le “cose”.
Restauro mobili. Si tratta di un’attività di grandissimo interesse che vede restauratori, mobilieri, falegnami come risposta di mercato, ma che potrebbe avere utilmente impegnati anche altre risorse pazienti e qualificate di pensionati e di altre persone interessate.
Vi è poi anche la possibilità di realizzare mercati di Eco-scambio di beni e materiali in buono stato, destinati altrimenti a diventare rifiuti (prevenzione), oppure un sistema informatico di segnalazione del “non uso” mettendolo a disposizione (borsa volontaria del riciclaggio). In particolare, un bene di interesse sociale e di rapida obsolescenza è dato da tutto ciò che serve per la crescita dei figli (giocattoli, vestiti, lettini, passeggini, etc.), che possono essere messi a disposizione del prossimo.
Si, lo so, mi sono allargato un poco e sicuramente ci sono associazioni e volontari che diranno di farlo già. Bravi. Ma se si facesse in un sistema integrato pubblico-privato sarebbe meglio.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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