Skip to main content

di Davide Tucci

Birilli in legno e case di bambole che sembrano vecchi set cinematografici. Decine di modelli diversi di Pinocchio e peluche d’altri tempi che raffigurano gli animali delle favole di Fedro ed Esopo. Ci sono Topolino e i concorrenti Tom & Jerry di Hanna-Barbera, le automobiline aerodinamiche dell’immaginario futurista, cavalli a dondolo e giochi da giardino… E poi banchetti scolastici, lavagne e camere da letto in stile liberty.

Anche se dell’epoca dei nostri bisnonni, i giocattoli raccontano storie, sprigionano sensazioni ed emanano profumi che ci avvolgono nell’abbraccio etereo, e al contempo ovattato, dell’infanzia. Madeleine per la vista e per il tatto che ci restituiscono a una dimensione perduta, seppur nitida nella nostra mente. Fino al 14 giugno, i giochi della prima metà del Novecento rivivranno ne “La camera dei bambini”, una mostra di 400 pezzi che appartengono alla collezione di Maurizio Marzadori, noto antiquario bolognese e titolare della galleria Freak Andò.

L’esposizione, allestita nella biblioteca Sala Borsa di Bologna in occasione della “Fiera internazionale del Libro per ragazzi”, è stata inaugurata dal professor Antonio Faeti, dal designer Lucy Salamanca e dallo stesso Marzadori. Che spiega: «I pezzi in mostra sono solo la metà di tutti quelli che sono riuscito a raccogliere in 25 anni. I primi acquisti li ho fatti per arredare la cameretta della mia bambina. Alcuni di questi elementi sono già stati ammirati al Moma di New York, ospiti della rassegna internazionale “Century of the child”. Tra i giocattoli, ci sono creazioni della ditta Lenci e oggetti realizzati coi personaggi del “Corriere dei piccoli”, come Bonaventura di Tofano e Fortunello. Molti dei mobili, se non addirittura intere camerette, sono stati creati da designer del calibro di Antonio Rubino, Ernesto Basile, Giuseppe Pagano e altri artisti del primo Novecento. Gli arredi scolastici, invece, vengono dagli istituti Montessoriani e appartengono in larga parte alla corrente razionalista».

La mostra si snoda in tre percorsi: si comincia dai giocattoli, tra i quali non mancano le bambole ispirate all’illustratore Marcello Dudovich e un’intera sezione dedicata all’iconografia di Pinocchio, che ha trovato nel film Disney del 1940 uno spartiacque raffigurativo. I giochi prodotti durante il ventennio fascista riflettono l’attenzione rivolta all’infanzia dal regime. Un’attenzione che si concreta in forme e simbologie che appartengono alla retorica mussoliniana.

L’arredo delle camerette, invece, naviga attraverso diverse correnti artistiche, dal Liberty al Futurismo così come inteso da Giacomo Balla. Viene facile immaginare i pargoli, avvolti in abbondanti camicie da notte bianche, mentre si addormentano sfiniti nel ligneo tepore di quei lettini. Si prosegue con la sezione dedicata alla scuola, in cui campeggiano i sedili rustici e le cattedre pieghevoli create dal pedagogo Luigi Marcucci, l’ideatore delle “Scuole rurali” che nacquero durante l’ultima epidemia di malaria. Proprio accanto, il coloratissimo materiale didattico degli istituti Montessoriani, tra cui spiccano una sedia intarsiata di Carlo Zen e uno scrittoio in vetro dell’architetto Giò Ponti.

Il traguardo finale è il piccolo angolo “Toy store”, colmo di coloratissimi giocattoli e lampadari in legno, stilizzati, originali e, in alcuni casi, meccanizzati. Come scrive Antonio Faeti: «La cameretta è il centro del mondo dei più piccoli. Lì c’è un mondo unicamente loro. È lo spazio di creatività, fantasia, poesia. Parlandone, si tocca molto facilmente un tratto decisivo della crescita infantile… E si è indotti a fare i conti con una realtà che noi adulti censuriamo e allontaniamo».

[© www.lastefani.it]

tag:

Redazione di Periscopio

I commenti sono chiusi.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it