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Eric Hoffer (1902-1983) è uno scrittore e filosofo statunitense nato da una coppia di immigrati tedeschi. Trascorse la giovinezza e l’età adulta accompagnando il lavoro intellettuale a impieghi saltuari come un personaggio di un romanzo di Jack London: fece il lavoratore stagionale e il venditore di arance, il cercatore d’oro e lo scaricatore di porto. In questa circostanza voglio ricordarlo come autore di un libro pubblicato nel 1951 e ora, finalmente, tradotto per la prima volta in Italia: “Il vero credente. Sulla natura del fanatismo di massa” (Castelvecchi). Ecco un decalogo del perfetto fanatico tratto da questo aureo libretto.

  • “Perché in un soggetto maturi una disponibilità al fanatismo, egli deve essere privato della propria identità e unicità individuale: deve smettere di essere George, Ivan o Hans, ovvero un atomo umano la cui esistenza è limitata dalla nascita e dalla morte. La via più drastica per ottenere un simile risultato è la completa assimilazione dell’individuo entro un organismo collettivo”.
  • “Nella pratica quotidiana dei movimenti di massa la messinscena riveste un ruolo forse più stabile nel tempo di qualunque altro fattore. Non vi è dubbio che nell’inscenare processioni, parate, rituali, i movimenti di massa tocchino una corda sensibile in ogni animo. Anche le personalità più temperate sono travolte alla vista di uno spettacolo di massa d’effetto. In occasioni simili si assiste a un’euforia e a un istinto di uscire dalla propria pelle che coglie i partecipanti”.
  • “L’obiettivo dei movimenti fanatici è fomentare lo sprezzo del presente. L’impraticabilità di molti obiettivi proposti s’inserisce nel quadro della campagna contro il presente. Offrire qualcosa di praticabile significherebbe riconciliarsi con esso. La fede nei miracoli, a sua volta, implica un rifiuto e un atto di sfida nei confronti del presente”.
  • “Pur dando l’impressione di trovarsi su poli opposti, i fanatici si accalcano in realtà a un solo estremo. I fanatici di vario colore si guardano con sospetto reciproco e sono pronti a saltarsi alla gola a vicenda, ma popolano lo stesso quartiere e si potrebbe quasi dire che appartengono alla stessa famiglia”.
  • “L’odio è il più accessibile e completo di tutti gli agenti unificanti: discosta e svelle l’individuo dal proprio Io, lo distrae dal suo benessere e dal suo futuro, ed egli diventa un corpuscolo anonimo che freme per fondersi e mescolarsi ai suoi simili in una massa incandescente. Condividere un odio con qualcuno, vuol dire trasmettergli un senso di affinità, e dunque smorzarne la capacità critica”.
  • “Per quanto si possa ritenere cruciale il ruolo rivestito dalla leadership nell’ascesa di un movimento di massa, è indubbio che il leader non può far apparire un movimento dal nulla come d’incanto. Si deve essere in presenza di un desiderio diffuso di accodarsi a qualcuno e obbedire, nonché di un’intensa insoddisfazione per la realtà delle cose. L’indottrinamento di chi è frustrato è più facile dell’indottrinamento di chi non lo è”.
  • “Bisogna non esagerare l’efficacia della propaganda. Il propagandista di talento porta al punto di ebollizione idee e passioni che erano già calde nel pensiero del suo uditorio, assecondando i sentimenti più reconditi in chi lo ascolta. La propaganda più che instillare pareri, articola e giustifica opinioni già presenti nei suoi destinatari”.
  • “E’ raro che i pensatori lavorino bene insieme, mentre è generalmente facile per gli uomini d’azione sviluppare uno spirito di cameratismo. Tutti i movimenti di massa si servono dell’azione come agente unificante. I conflitti ricercati e incitati non servono solo contro il nemico, ma anche per privare i seguaci della loro individualità distinta e per renderli più facilmente solubili nel solvente della collettività.”
  • “La fede assoluta premunisce l’animo umano in vista dell’azione. Essere in possesso della sola, unica e indiscutibile verità è una premessa indispensabile per un comportamento deciso e ostinato sul campo. Per essere efficace una dottrina non deve essere compresa, ma creduta. Possiamo essere certi soltanto di ciò che non comprendiamo”.
  • “Il pericolo rappresentato dal leader fanatico per i movimenti di massa è dato dalla sua incapacità di darsi pace. La passione per le sensazioni forti lo induce a continuare a brancolare bramoso di sempre nuovi limiti da superare. Per lui l’odio si fa abitudine. Rimasti sprovvisti di avversari esterni da schiacciare, i fanatici iniziano ad avversarsi reciprocamente.”

Ogni riferimento alla campagna elettorale in corso, in cui assistiamo ad una pericolosa gara fra chi vuole superare Hitler e chi vuole arrivare prima nel replicare una nuova marcia su Roma, è consapevolmente voluto…

Fiorenzo Baratelli è direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara

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Fiorenzo Baratelli

È direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara. Passioni: filosofia, letteratura, storia e… la ‘bella politica’!

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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