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STORIA DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE FERRARESE (SESTA PARTE)

L’immediato secondo dopoguerra vide Ferrara alle prese con i disastri arrecati dal conflitto bellico: migliaia d’ettari di terre sommerse a causa dei danni provocati agli impianti idrovori, i ponti crollati sul Po, i nodi ferroviari impraticabili, le principali industrie della zona a nord-ovest distrutte, Pontelagoscuro rasa al suolo dai bombardamenti. Il numero dei braccianti agricoli superò le centomila unità e il pilastro della produzione agricola ferrarese, la canapa, entrò in una crisi irreversibile.
Nel corso degli anni Cinquanta, Ferrara divenne la capitale della produzione di mele, sorsero così magazzini, impianti frigoriferi, strutture per la lavorazione e la commercializzazione della frutta, imprese per il suo trasporto, fabbriche di imballaggi, industrie per la produzione e la conservazione, distillerie per la trasformazione in alcool della frutta di scarto. Il lavoro agricolo subì dunque un processo di “meccanizzazione”, incentivando la nascita di molte imprese dedite alla lavorazione dei terreni. Al contempo si insediò nella zona industriale il grande complesso della Montecatini, che rese la città un polo chimico di importanza nazionale.
Anche Ferrara fece la sua parte negli anni del “boom economico”, sebbene con caratteristiche strutturali diverse da quelle del modello emiliano, che privilegiava le piccole e medie imprese integrate fra loro. Verso la fine degli anni Sessanta, con l’esaurirsi del “miracolo economico”, entrarono in crisi alcune delle prime aziende della pionieristica industrializzazione ferrarese, come la Zenith e la Lombardi, oltre a diversi zuccherifici e conserve alimentari. «Ma mentre vecchi impianti smantellavano e vecchie gloriose imprese cessavano di esistere, altre novità stavano emergendo a fianco e al di sotto della tradizionale realtà produttiva. Stava decollando una rete di imprese artigianali e di piccole industrie più legate al mercato locale e al contesto emiliano. Anche Ferrara entrava nella graduatoria delle province italiane a maggiore incremento del reddito, pur conservando caratteristiche, contraddizioni e squilibri nel mercato del lavoro, forte stagionalità nell’occupazione, elevati indici di disoccupazione giovanile»*.

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* F. Cazzola, Economia e Società (XIX-XX secolo), in F. Bocchi (a cura di), La Storia di Ferrara, Poligrafici Editoriale, Bologna 1995.

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Riccardo Roversi

È nato a Ferrara, dove si è laureato in Lettere e vive tuttora. È critico letterario e teatrale per varie testate (anche on-line) e direttore responsabile di alcuni periodici. Ha scritto e pubblicato numerosi libri: poesia, teatro, saggistica. La sua bibliografia completa è consultabile nel sito: www.riccardoroversi.onweb.it.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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