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6 Aprile 2016

Il caso Sipro

Tempo di lettura: 2 minuti


da: Movimento 5 Stelle Ferrara

Lunedì in consiglio comunale si è discusso un Ordine del Giorno presentato dal PD col titolo accattivante “Oltre la crisi”. Partendo dalla considerazione che la crisi in atto sta colpendo il già fragile tessuto imprenditoriale ferrarese, si proponeva di sostenere le iniziative di ricollocazione dei dipendenti di società costrette a chiudere i battenti citando, tra l’altro, l’esempio del Workers Buyout, di cui abbiamo un coraggioso precedente sul nostro territorio, la Lavanderia Girasole di Comacchio che è partita ad inizio anno e alla quale auguriamo il successo che i suoi soci meritano.
Nell’OdG gli obiettivi, perfettamente condivisibili, vengono vanificati da vuote dichiarazioni di intenti e generiche richieste di impegni e l’unico strumento citato per rafforzare e sostenere le auspicate iniziative imprenditoriali è la società Sipro.
Sipro è partecipata al 44,98% dal Comune di Ferrara e vale la pena ricordare in sintesi i dati del bilancio 2014, l’ultimo disponibile.
Presenta una perdita di oltre 800.000 euro pari al 14% del Capitale Sociale, i debiti verso le banche sfiorano gli 8MLN, ben oltre il valore del Capitale Sociale, le spese per il personale sono maggiori dei ricavi per vendita e prestazioni. Il debito verso banche pesa per 950.000 euro/anno sul bilancio societario.
Ma non basta: a bilancio è iscritto un credito verso Arka Immobiliare di Migliaro di 660,000 euro svalutato all’80% in quanto la società è in stato prefallimentare; credito che non sarà mai incassato e contribuirà ad appesantire ulteriormente la situazione finanziaria della società. Nel 2015 il Comune ha corrisposto euro 48.190 di denaro dei cittadini a Sipro per sostenerne l’attività a seguito di una convenzione siglata esattamente un anno fa per “il coordinamento della progettualità per la programmazione 2014-2020”, oltre a euro 13.873 per contributi INPS dell’Assessore Caterina Ferri, dipendente Sipro in aspettativa.
Sarebbe stato più opportuno affrontare la discussione con in mano il bilancio 2015 (sarà presentato a fine mese) considerando anche che nella relazione finale del 2014 è prevista una quanto mai opportuna “verifica e misurazione dei risultati per l’attività societaria”. Incomprensibile e anche un po’ sospetto, quindi, che non si sia atteso di analizzare il consolidato 2015, ormai prossimo, per conoscere l’attuale situazione finanziaria di SIPRO e i risultati ottenuti relativi alla sua mission, prima di chiedere al Consiglio una sorta di promozione dell’attività della Partecipata, inserendola nell’odg come unico strumento operativo partner del Comune. Risulta evidente che per il M5S Sipro non rappresenta un modello di gestione virtuosa e nelle prossime settimane, quando l’ultimo bilancio sarà pubblicato, avremo l’opportunità di andare ancora più a fondo sull’andamento della società, sul suo stato di salute , sui risultati concreti per il territorio e magari di monitorare la gestione di progetti e relativi finanziamenti che stanno arrivando, cospicui, dall’Europa.

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Riceviamo e pubblichiamo

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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