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Venti persone il pubblico, gli anziani dell’Anpi, compreso il sottoscritto. Niente sindaco, vice sindaco, niente assessora all’istruzione, nessuno dell’Amministrazione comunale, nessuno dell’Ufficio scolastico provinciale. Eppure l’appuntamento in aula consiliare era di quelli a cui la città non avrebbe dovuto mancare. Un dirigente, quello del liceo scientifico Roiti, intelligente come pochi, due docenti bravissimi e poi gli studenti, meravigliosi nella loro testimonianza di quale risorsa eccezionale siano i giovani, quando motivati si mettono a lavorare.
L’appuntamento era la presentazione della ricerca “La presenza delle donne nell’antifascismo e nella lotta di liberazione in Emilia Romagna”, promossa dalla nostra Regione con le sezioni provinciali dell’Anpi.
Autori di un’app, che sarà possibile scaricare dal sito della Regione, gli studenti delle classi quinta G, indirizzo beni culturali, e quarta S, scienze applicate, raccontano, con testi e filmati da loro realizzati, le storie di quattro donne ferraresi, Alda Costa, Cerere Bagnolati, Silvana Lodi e Matilde Bassani protagoniste dell’antifascismo e della Resistenza a Ferrara.
In tempi in cui le celebrazioni rischiano sempre di sbandare nella liturgia, questa avrebbe dovuto essere l’occasione per la città di esprimere il suo sincero riconoscimento a queste ragazze e a questi ragazzi, tra i 17 e i 18 anni, non dimentichiamolo, che hanno investito il loro tempo scolastico non per essere meri ricettori di memorie a loro distanti, ma per farsi testimoni attivi della loro attualizzazione, confezionando un prodotto che arricchisce le conoscenze della nostra città, che si colloca come espressione di una città che apprende.

Ma il nostro liceo scientifico non è nuovo ad esercitare la sua cittadinanza attiva. Già il progetto comunEbook ne è espressione. L’idea bellissima di un partenariato tra Comune e scuola per la realizzazione di “libri digitali” ad opera degli studenti, una biblioteca elettronica a disposizione della città che già conta dieci titoli.
C’è in tutto questo uno sforzo che non solo dobbiamo assecondare, ma che deve vedere soprattutto le istituzioni, a partire dall’Amministrazione comunale, impegnate ad ampliarlo, a coinvolgere le scuole di ogni ordine e grado per estendere il protagonismo delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi nella città, per assegnare sempre più un valore e un significato sociale al loro impegno scolastico, al sacrificio che richiede lo studio. Credo che questo significhi per la scuola essere nel territorio e per il territorio. Credo che questo significhi l’attenzione e la riconoscenza di tutta una città nei confronti dei suoi giovani, piccoli o grandi che siano, gratitudine per quel tempo della loro vita, che anche per noi, spendono ogni giorno sui banchi di scuola. Ogni altro discorso sui giovani sarebbe sterile e vano.
Ma c’è di più. Perché quando la scuola e il territorio si riconoscono e collaborano ne esce migliore la scuola nel suo compito formativo, ne esce migliore, perché più ricco, il territorio. Per questo spiace non poco l’assenza dell’amministrazione comunale a questa presentazione.
Una scuola che lavora per progetti che gli studenti devono presentare al pubblico con il tempo diverrà sempre meno un’istituzione autoreferenziale, sempre meno il luogo delle lezioni ex cathedra, dei saperi senza vita, di studenti che si preparano alla vita senza partecipare alla vita stessa.
Attraverso progetti interdisciplinari, come quello realizzato dalle classi del liceo scientifico, gli studenti imparano collaborando tra loro e con gli insegnanti. Questi progetti consentono agli allievi di costruire un equilibrio tra il fare e il sapere, e nello stesso tempo di indagare con profondità e rigore particolari aree di conoscenza. L’interesse degli studenti per un certo argomento fa una grande differenza per la loro motivazione, li porta a selezionare il materiale da approfondire con la guida dei loro insegnanti. E soprattutto gli studenti sono più impegnati quando i loro studi oltrepassano le pareti delle aule scolastiche, perché direttamente correlati alle esigenze della loro società, perché sanno in partenza che saranno rilevanti per il pubblico e per la città. Come nel caso del progetto “La presenza delle donne nell’antifascismo e nella lotta di liberazione in Emilia Romagna”, gli studenti ricercano attivamente il partenariato di altri soggetti e istituzioni che, per l’occasione, hanno trovato nel Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara, in particolare nella consulenza scientifica della dottoressa Antonella Guarnieri, nell’ Anpi e nel suo presidente Daniele Civolani.

Il prodotto ottenuto è esemplare di come gli insegnanti, nello specifico i docenti del Roiti, Giorgio Rizzoni e Mario Sileo, e altri professionisti possono operare come guide o curatori degli apprendimenti. Credo che siano stati partner della formazione, più che docenti, assistendo gli studenti nel selezionare gli argomenti, nel definire gli obiettivi, nel trovare e valutare le informazioni, nell’aiutare a mettere in contatto gli studenti con esperti esterni alla scuola, nel facilitare le discussioni tra gli studenti, esperti e altri. Insegnanti con una conoscenza approfondita e con la passione per le loro aree tematiche che senz’altro hanno svolto un ruolo centrale, che non è stato quello di trasmettere dei saperi, ma quello più essenziale di aiutare i ragazzi ad imparare.
La speranza di tutti noi, di una città riconoscente al lavoro di queste ragazze e di questi ragazzi e dei loro insegnanti, è che questi progetti non siano giustapposti alla scuola di sempre, ma inizino a delineare la scuola nuova, la scuola che non nasce dai disegni di legge, ma dal rumore d’aula quotidiano, quell’unica scuola che può davvero essere finalmente “la buona scuola”.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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