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da MOSCA – Sul numero di Internazionale del 29 gennaio scorso, leggevo il “Malumore dalla Russia” di Tullio De Mauro e mi colpiva questa sua affermazione: “nei paesi postcomunisti l’istruzione continua a essere una cosa seria. Gli adulti hanno livelli di competenza più alti della media internazionale, la Russia lascia indietro di molti punti i paesi leader dell’occidente. E le università russe attraggono il 4% degli studenti migranti, quasi quanto le francesi, come le giapponesi, più delle canadesi. Tuttavia anche in Russia diminuiscono i fondi per le università pubbliche. Partendo dai dati del ministero dell’istruzione, pare che […] l’aumento del numero di studenti, la fuga di cervelli per basse retribuzioni e la contrazione di risorse pubbliche, richiederebbero ripensamenti e strategie innovative nella didattica e nell’organizzazione e amministrazione delle università. Ma i docenti […] sono arroccati su posizioni conservatrici. Rifiutano ogni cambiamento e intanto non si arresta il declino della qualità dei risultati”.

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Edificio principale dell’università Mgu di Mosca

Non metto in discussione il punto sulla diminuzione di risorse pubbliche, non avendo dati a disposizione né avendo approfondito il tema, ma noto con piacere che alcune di quelle strategie innovative auspicate da De Mauro sono già state avviate dalle università russe. Prima di descriverne alcune, è di qualche giorno fa la notizia che l’università statale Lomonosov di Mosca, Mgu (in russo Московский государственный университет имени М.В.Ломоносова, fondata nel 1755, la più grande e la più antica università della Russia) è salita al 25esimo posto nel World Reputation Ranking, la classifica mondiale delle università, realizzata dal giornale britannico Times insieme all’agenzia Thomson Reuter. Per la realizzazione dell’indagine, che ha preso in considerazione i cento migliori atenei del mondo, sono state valutate oltre 10.000 università in 140 paesi. La classifica si basa su criteri di qualità, professionalità e servizi, ai quali si aggiungono il tipo di programmi, il numero di pubblicazioni e le citazioni all’interno di articoli scientifici. Si tratta della posizione più alta raggiunta da un ateneo russo. L’anno scorso la MGU si trovava tra le prime sessanta. Quest’anno, nella classifica è stata inserita, per la prima volta, anche l’Università statale di San Pietroburgo, che occupa la posizione 71-80. La sede attuale dell’università moscovita, fu realizzata da Stalin negli anni Cinquanta nell’ambito di un progetto per costruire sette enormi grattacieli, le cd. ‘Sette Sorelle’. La sede della MGU è ancora oggi il più alto dei sette palazzi staliniani, 240 metri per 36 piani, con oltre 5.000 stanze, affacciate su circa 33 km di corridoi, un teatro, una sala per concerti, un museo, una biblioteca, una piscina, una stazione di polizia, un ufficio postale, una lavanderia e una banca.

Ottimo risultato, dunque, per questo istituto, ben meritato aggiungerei (corsi di lingua, mi dicono, impeccabili). Ma, come dicevamo, alcune novità didattiche importanti segnano il passo di questi atenei russi che stanno dimostrando apertura e grande voglia di innovare. Così, ad esempio, l’Università Statale di Medicina Pirogov e l’Università Statale di Milano hanno recentemente avviato un corso di laurea internazionale in medicina che consente di ottenere il doppio titolo, valido sia in Russia sia in Italia. A breve toccherà anche alla facoltà di Biologia di Torino, ossia una specialità, due lauree. All’università Pirogov i futuri medici possono, infatti, seguire contemporaneamente il programma adottato dall’ateneo italiano e da quello russo. La selezione degli studenti avviene sulla base dell’Imat, il test internazionale di accesso alle facoltà di Medicina gestito dall’Università di Cambridge. Per iscriversi è necessario un certificato che attesta un buon livello di conoscenza dell’inglese ma le lezioni, pur in inglese, prevedono anche lo studio obbligatorio della lingua italiana. Gli studenti dovranno imparare l’italiano, perché nell’arco di tre anni dovranno recarsi in Italia, dove proseguiranno gli studi facendo pratica con i pazienti negli ospedali. Per la prima volta alla Pirogov è stato creato un dipartimento di scienze umane, che comprende l’insegnamento di una serie di discipline come la bioetica, la storia della medicina, il latino, la filosofia. A guidare il dipartimento sarà il professor Emiliano Mettini, toscano.
Anche l’Istituto di cultura e lingua russa di Roma (nato nel 1991) ha siglato nuovi accordi con quattro importanti università russe per favorire l’arrivo di studenti italiani negli atenei della Federazione e realizzare soggiorni studio per tutti. Gli accordi riguardano la stessa MGU, l’Università di Minsk, l’Università Statale di San Pietroburgo Spgu e quella di Novosibirsk. A ciò si aggiunge la possibilità di seguire corsi preparatori per immatricolarsi, successivamente, alla MGU. Importante è immergersi nel paese in cui si parla la lingua di studio, raggiungere una certa padronanza linguistica, viaggiare, conoscere la realtà locale ed essere circondati dalla lingua russa tutto il giorno per ottenere gli stimoli necessari al salto di qualità. Ciò che fa la reale differenza è quello che c’è fuori dall’aula. Non possiamo che essere d’accordo.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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