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Da Paolo Giardini

Il 27 Gennaio di ogni anno si ricorda l’Olocausto (o Shoah), il genocidio degli Ebrei perpetrato dalla Germania nazista durante la II Guerra Mondiale. La Shoah non è stata l’unica strage di massa compiuta da uno Stato per lo sterminio sistematico di popolazioni o gruppi etnici invisi alle autorità dominanti: l’annientamento di milioni di individui venne portato a termine anche dalla Turchia per gli Armeni e dall’URSS per i contadini Ucraini deliberatamente fatti morire di fame. Ma solo la strage nazista fu connotata dall’ossessiva burocrazia della spietatezza e la demoniaca crudeltà applicata nei lager su ciascun deportato ridotto da essere umano a “cosa” infima priva di tutto, anche del proprio nome sostituito da un numero tatuato. Basta leggere la testimonianza di “Se questo è un uomo” di Primo Levi per intuire cosa sia l’Inferno.
L’universo concentrazionario richiese il dispendioso allestimento di decine di campi, una imponente organizzazione poliziesca e trasporti ferroviari dedicati. Il tutto in conflitto con importanti priorità. Il gigantesco sistema vessatorio era perciò stupidamente fine a se stesso, ricavando dall’attività di sterminio più danni che vantaggi: le minoranze ebraiche dell’Europa occidentale appartenevano in prevalenza alla classe media più evoluta, risorse insostituibili con la produzione in affanno.

La ricorrenza del 27 Gennaio è necessaria perché l’Olocausto fu incredibile, inimmaginabile, atrocemente sostenuto da regole perverse divenute consuetudinarie in un durevole scenario di “banalità del male”, come precisato dalla Arendt. Pure le leggi italiche permisero le discriminazioni degli ebrei, le loro schedature, e il loro prelievo porta a porta per consegnarli servilmente ai nazisti.
Era quindi l’antisemitismo il grande problema degli ebrei europei nei primi anni 40?
No. Era quello delle leggi antisemite vigenti anche dove non si sapeva cosa fosse l’antisemitismo. Era conseguenza della generalizzata acquiescenza a tutte le leggi in virtù della subalternità delle coscienze e intelligenze alle legislazioni imposta ai cittadini. I criminali vanno a nozze con le leggi stupide, e se si formò un esercito di criminali composto da un milione di SS non fu per il surplus di un milione di delinquenti, ma perché le peggiori propensioni alberganti in ogni individuo emergono regolarmente quando le condizioni ambientali le favoriscono.
Le leggi idiote danno esiti idioti, non bisogna mai dimenticarsene.
Perciò le testimonianze di ciò che davvero accadde debbono essere mantenute vive anche quando i Testimoni mancano, questo è il compito di fedeltà assegnato alla giornata del 27 Gennaio.
Non la produzione di garbugli come quello dell’assessora comunale alla Pubblica Istruzione, augurante che il Giorno della Memoria “ci aiuti ad essere critici e consapevoli di vivere la diversità come fonte di arricchimento e non di paura”, in modo che “l’identità non possa più essere usata per discriminare ma per percorrere la strada della convivenza e della solidarietà”.
Belle frasi che non c’entrano niente con la storia dei campi di sterminio e con l’assoluta necessità di ricordare che in tutti i tempi bisogna vivere in contesti regolamentati da leggi intelligenti.
Attualmente le nostre leggi permettono una mal governata immigrazione e una lacunosa gestione successiva. Sono insensate, creano guai, uno dei quali è lo stimolo alla xenofobia (che è tanto di moda confondere col razzismo) e mai andrebbero implicitamente difese distraendo l’attenzione dai problemi reali con frasi di circostanza. Almeno per rispetto alla locuzione “Pubblica Istruzione”, non ancora ufficialmente sovrapponibile a “Pubblica Distrazione”.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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