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Intervista a Carla Sautto Malfatto: scrittrice, poetessa, pittrice. Ha collezionato più di 120 premi, l’ultimo dei quali le è stato assegnato da una Giuria presieduta da Alessandro Quasimodo

di Eleonora Rossi

“L’arte di scrivere – annotava Henri Bergson – consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole”. Perché scrivere è raggiungere il cuore di chi legge, saper emozionare. Con questa profonda convinzione Carla Sautto Malfatto si dedica appassionatamente alla scrittura. La parola non è soltanto il suo spazio vitale, di realizzazione e libertà, ma un talento che le è riconosciuto dai prestigiosi premi nazionali ed internazionali collezionati in questi anni: una scia luminosa di traguardi che si possono ammirare, accanto alle opere letterarie e pittoriche, sulla sua pagina www.carlasautto.it.

Sei riconoscimenti letterari le sono stati conferiti soltanto nel mese di ottobre 2016. L’ultimo di questi, al Premio letterario internazionale “Energia per la Vita” promosso dal Lions Club Rho, le è stato assegnato il 15 ottobre da una giuria presieduta da Alessandro Quasimodo, attore e regista, testimonial nel mondo della poesia del padre, il Premio Nobel Salvatore Quasimodo. A Rho, Carla Sautto è stata proclamata vincitrice assoluta della sezione narrativa con il suo racconto inedito “Blues”, mentre pochi giorni prima era stata premiata al teatro Comunale di Canaro per la poesia “Accelerazione”, aggiudicandosi il XXXII Premio nazionale di poesia “Cosmo d’oro”. Primo posto anche per un’altra poesia, “Per dirci”, al XXVII Premio “Valle Senio” di Riolo Terme, unita ad una menzione speciale per la narrativa. Al XII Premio letterario nazionale “Il Trebbo” di Riolunato, la scrittrice ha ricevuto il secondo premio per la lirica “Senza nemmeno un paio d’ali”. Infine al V Concorso internazionale “Locanda del Doge” – con 400 volumi concorrenti – Sautto ha conseguito un premio speciale per il libro di racconti “Farfalle e Scorpioni”, già pluripremiato.

Che cosa rappresentano per te questi riconoscimenti?
Un riconoscimento è una valutazione operata da esperti. Partecipare a concorsi seri, vuol dire avere l’umiltà di mettersi in gioco e di accettare il verdetto della Giuria. Nel tempo, ho conseguito più di centoventi importanti premi per la poesia, la narrativa, la pittura in concorsi nazionali ed internazionali, che rappresentano il mio onesto, indiscutibile biglietto da visita. Tra questi, vi sono cinquantotto premi di podio, la Targa d’Argento della Presidenza della Camera dei Deputati, la Medaglia del Senato, il Premio Consiglio dei Ministri, il Premio Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Premio alla Cultura e, per la pittura, il Premio Terme di Salsomaggiore 2002. Ogni premio, inoltre, infonde un rinnovato entusiasmo a continuare nella propria attività, mentre ogni cerimonia di premiazione offre l’opportunità di incontrare vecchi e nuovi amici e colleghi, di aprirsi a nuove esperienze.

Mi piacerebbe molto leggere il tuo racconto “Blues”: verrà pubblicato? Probabilmente in un futuro non prossimo, in una silloge di racconti. Mi sto dedicando al mio primo romanzo, un altro è nel cassetto e c’è sempre una raccolta di poesie cui dare vita stampata. Quindi ora stai scrivendo un romanzo.

Puoi anticiparci qualcosa?
Come in tutti i miei racconti, il finale andrà a sovvertire le iniziali previsioni, costringendo il lettore a riconsiderare il tutto sotto un altro profilo. Si presenta come un diario, poi…

Quali sono i tuoi autori preferiti? C’è qualcuno a cui ti ispiri?
Non mi ispiro ad alcuno. Ho uno stile mio proprio, che costituisce la mia “originalità”, che si tratti di scrittura o di pittura. Amo l’approfondimento psicologico, sondare le ragioni di un comportamento, ovvero descrivere le pulsioni interiori dei protagonisti. Inoltre, non mi interessano le azioni eclatanti, gli atteggiamenti estremi, ma i fatti e i misfatti di tutti i giorni, le semplicità e gli eroismi “quotidiani”, che per me hanno sempre un carattere di straordinarietà, rappresentando la ricchezza e la complessità del vivere, l’unicità di ogni individuo. Per questo, molti si ritrovano nelle mie parole o vi ritrovano la persona “della porta accanto” e si lasciano trascinare da questa “sensazionale-normalità”, perché viva, palpabile, reale. Il tutto svolto con la leggerezza di una narrazione (ma pur sempre una scrittura incisiva, corposa, potente) permeata di una buona manciata di ironia. Per le letture quindi prediligo quelle autrici e di quegli autori che soddisfano questa mia esigenza di introspezione.

Un indice per individuare un buon autore?
Oltre ad una trama che rispetti i tempi giusti di tensione, se “vedo” e “sento” ciò che mi descrive, se rende vivi i personaggi e gli spazi intorno a lui, se riesce a calarmi in quelle situazioni.

Un esempio per tutti?
Marguerite Yourcenar nel suo “Memorie di Adriano”, non scrive come se fosse un imperatore: “è” l’imperatore Adriano.

Che cosa significa per te scrivere?
Scrivere è l’esigenza di tradurre e trasmettere visivamente quello che provo, sento. Quando nasce l’ispirazione per un racconto o un romanzo, conosco da subito l’incipit e la frase conclusiva; il corpo del testo si snoda man mano che mi accingo a scrivere. La poesia invece si rivela per improvvise intuizioni. Scrivere rappresenta la mia libertà, la mia creazione, il mio modo di esprimermi; rappresenta le mie emozioni, rese fruibili per gli altri. Comunque, sia lo scrivere che il dipingere, non sono, per me, “operazioni” né semplici, né indolori: oltre alla necessità di isolarsi, infatti, richiedono massima concentrazione, impegno creativo e una successiva, lunga correzione. Per lo sforzo profuso, sono un lavoro: il mio lavoro. Inoltre, narrativa, poesia e pittura mi sono sempre state d’aiuto per superare momenti difficili: un po’ come benefico sfogo, un po’ come rivincita su un destino avverso, un po’ come ostinazione per non lasciarsi sconfiggere, un po’ come speranza per un futuro migliore.

Quando scrivi, generalmente, e per quante ore al giorno?
Solitamente, per quanto riguarda la prosa, scrivo nel pomeriggio, sino a sera. Per la poesia, invece, non ci sono vincoli. L’ispirazione può presentarsi in qualsiasi momento, anche per strada, o in auto. Allora mi fermo, estraggo il block notes e scrivo. Oppure, si presenta di notte: in questo caso, ho un block notes rigido, dotato di cursore con un’asticella orizzontale, che mi permette di scrivere, a matita e al buio, senza accavallare le righe. Nei giorni dopo, intervengo per limare. Definisco la mia poesia, “poesia di terra”, non perché, nella sua simbologia, usi costruzioni o termini “poveri” o abbia una tematica agreste, ma per il brivido provocato da intenzionali granelli di sabbia che scricchiolano tra i denti. Avendo comunque fatto la scelta di dedicarmi alla famiglia, agli altri, non solo a me stessa e alle mie passioni, sono sottoposta ad uno sforzo doppio per attendere a tutte le mansioni, e il tempo limitato incide sulla “quantità” delle opere prodotte. Opto quindi per la “qualità”.

E i numerosi e prestigiosi premi conseguiti onestamente per la narrativa, la poesia e la pittura, lo certificano inequivocabilmente. Quando ti dedichi alla scrittura hai in mente un destinatario?
No. Se non devo soddisfare impegni, scrivo per un’esigenza personale, per concretizzare un pensiero o uno stato d’animo, che risente di un particolare momento e dei tempi che vivo, e che faccia riflettere. Se ritengo che l’opera sia valida, la sottopongo ad un’accuratissima limatura. In un secondo tempo, chiedo il parere di mio marito, e, per opere più corpose, anche di familiari e amici, specie valenti colleghi: tutte persone scelte per la loro “brutale” onestà di giudizio e mancanza di invidia. In ultima analisi, però, decido io, prendendomi tutta la responsabilità.

Alla fine di un racconto o di una poesia, quando rileggi ti capita di rimanere tu stessa sorpresa da quello che hai scritto?
Sicuramente. Quando mi concentro, entro in una dimensione parallela al reale. Lì, propongo e dispongo, con meccanismi e linguaggio che non sono quelli usuali. È come sdoppiarsi: lo faccio da sempre, sono “strutturata” così. E in quel “mio mondo”, raggiungo livelli tali di concentrazione da non accorgermi di chi mi sta intorno, da non avvertire il trascorrere del tempo, né fame, né sete. Mio marito, che mi conosce perfettamente e mi ama così come sono, quando mi vede calata in quella dimensione, predispone perché nulla mi disturbi e, se è necessario “riportarmi alla realtà”, lo fa con grande cautela, altrimenti rischierebbe di spaventarmi. Una volta, per esempio, mi scorse dipingere in una stanza semibuia: eppure io vedevo perfettamente e dipingevo con dovizia di particolari. Anche per questa ragione, per questa capacità di totale concentrazione, non ho esercitato pienamente la mia arte sino a quando i miei figli non hanno raggiunto una certa età e mi sono occupata “solo” della mia famiglia e del mio lavoro, ripresentandomi nel 2001. È da quella data che conto tutti i miei riconoscimenti. Comunque, per una migliore gestione del tempo, ora mi circondo di… sveglie. La mia grande soddisfazione è che i miei figli hanno accettato questa mamma un po’ particolare e, anzi, ne sono orgogliosi.

Ci racconteresti qualcosa della tua infanzia? Quando hai iniziato a scrivere? Come hai scoperto invece il tuo talento di pittrice?
Questi due talenti a volte s’incontrano… Da piccina, rivelai subito potenzialità notevoli riguardo il disegno. Poi, quando imparai la scrittura e la possibilità di fissare il pensiero sul foglio, le attitudini progredirono di pari passo. Avrei voluto frequentare un istituto d’arte o un liceo. Mi iscrissero invece ad un istituto tecnico, dove conseguii un non ambìto diploma di ragioniera. Quindi la vita, con le sue esigenze… Studiai sempre moltissimo e coltivai caparbiamente i miei talenti, doni con cui si nasce. Quando mi propongo in prosa, poesia o pittura, mostro il livello di competenza cui sono giunta dopo un intensissimo lavoro, che è sempre “in progress”.

Qualcuno ti ha incoraggiato?
Mio marito e i miei figli mi hanno sempre appoggiata e hanno sempre creduto nelle mie capacità. Scrittura e colore sono parte di me, quindi indissolubilmente fusi: il pubblico e la critica affermano che, quando scrivo, dalle mie parole scaturiscano immagini, e, quando dipingo, sulla tela si dipanino discorsi. Antonio Caggiano, il critico che si occupò sovente della mia produzione letteraria e artistica, la definì una “scrittura disegnata” e una “scrittura-pittura portante”. Indicativo è il logo che mi rappresenta. È un mio quadro surrealista: su sfondo azzurro si staglia un profilo blu dalla cui bocca esce una mano dove, il dito indice, ha l’ultima falange trasformata in pennello, mentre il medio ha l’ultima parte trasformata in penna. Dalla punta del pennello e della penna prendono vita due arcobaleni. Il significato? “Mi esprimo” (titolo del quadro) con la scrittura e la pittura, non a parole parlate. Ultimamente, ho messo un po’ da parte la pittura, per dedicarmi maggiormente alla prosa e alla poesia.

Dopo tante soddisfazioni, hai ancora un sogno nel cassetto?
Potrà sembrare banale, ma desidero vivere in serenità e in salute, ed è quello che desidero con tutto il cuore per i miei e per tutti. Conosco la sofferenza e la malattia che, se da una parte limitano o impediscono una vita sociale (spesso senza la comprensione degli altri) e una produzione artistica, e impongono uno sforzo sovrumano per compiere quello che le persone considerano “normale”, dall’altra “insegnano” molto, anche se non tutti ne comprendono il messaggio e lo portano in arricchimento della propria vita e nell’arte. Un messaggio di sensibilità ed empatia, di umanità, che credo di trasmettere nelle mie opere, anche se non tratto certo di malattia. In campo artistico-letterario, spero quindi di continuare a lavorare per giungere a saggiare i miei limiti.

GENTE DI NEBBIA
di Carla Sautto Malfatto

Dimmi cosa vedi
quando penetri le nostre nebbie
che si affollano
corvi al pasto
di luci, strade e umori
e a banchi si affastellano
in densi muri
d’angoscia e d’abbandono
o ad improvvisi veli
spettri ad altezza di naso.
Noi siamo lì
insondabili
gente di nebbia
dalle bocche a taglio
ermetici ricci indaffarati
sornioni e maledetti
come i gatti neri.

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Redazione di Periscopio

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