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Sono piccoli gioielli, creati da maestri artigiani a partire dalla fine del’400, e poi diventati oggetti di moda e di collezioni-culto nel corso dell’800. Poi basta; c’è stato un lungo oblio. Adesso queste opere a smalto su rame del Rinascimento italiano diventano oggetto di nuovi studi, catalogate per la prima volta in maniera sistematica grazie a una collaborazione internazionale. In campo il museo del Louvre e la fondazione Cini di Venezia. Con Ferrara – già culla del Rinascimento, dove li si modellava, acquistava e desiderava – che torna a puntare i riflettori su questi piccoli capolavori di artigianato artistico. Il salone del Restauro, dal 6 al 9 maggio a Ferrara Fiera, ospiterà infatti lo studio del progetto e il lancio di un nuovo museo che renda la conoscenza viva all’interno della comunità. Lo racconta per noi Letizia Caselli dell’Università Iuav, Istituto universitario di architettura di Venezia.
Appuntamento venerdì 8, ore 10,30-12,30 nella sala Diamanti, alla Fiera di Ferrara, via della Fiera 11.

di Letizia Caselli*
Con gli auspici del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sarà promosso a partire da maggio 2015 il progetto internazionale “La città dei musei. Le città della ricerca”, con l’idea di un nuovo museo, il museo della viva conoscenza.
Un luogo in cui si incontrano e discutono le intelligenze di Paesi diversi legati da progetti comuni. In cui proprio le intelligenze, le persone sono il vero capitale sociale.
In un momento in cui si pone l’urgenza di riflettere assieme su un futuro possibile fatto non solo di grandi mostre e di consumo effimero, ponendo il giusto accento sullo status e il ruolo del “patrimonio comune” pressoché dimenticato o dominato dalla retorica della globalizzazione, nel più vasto contesto delle preoccupazioni politiche e culturali delle società e dei differenti Paesi.
Aspetti che dialogano con l’esigenza accademica “aperta” che cerca di ripensare i valori da tramandare, il canone scientifico da proporre proprio a partire dagli oggetti del patrimonio comune con una nuova e ritrovata funzione per l’istituto museale
Tutto questo mentre il mondo dei musei italiani ha risorse drasticamente ridotte, personale scientifico insufficiente, terziarizzazione spinta non solo dei servizi ma anche della produzione culturale drasticamente tagliata. Un mondo in cui le opere “giacciono”.
L’occasione del progetto internazionale dedicato al corpus mondiale degli smalti su rame detti veneziani del Rinascimento italiano promosso dal Département des Objets d’art del Musée du Louvre in collaborazione col Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France e la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, consente di mettere in campo sul territorio la presenza di uno dei più grandi musei del mondo insieme a istituzioni italiane di prestigio – presenza che può essere opportunamente indirizzata alla creazione di ulteriori scambi e progetti – dato il percorso già tracciato ad opera solo delle singole volontà e soprattutto dagli stessi temi e metodi di ricerca innovativi proposti ad ampio raggio, in chiave risolutamente interdisciplinare.
Testimonianza di squisita raffinatezza nel più ampio contesto della produzione culturale e sociale del Rinascimento italiano, tali opere d’arte suscitano oggi una collaborazione di alto livello tra ricercatori francesi e italiani.
Si tratta di una produzione esclusiva e rara – ci sono pervenuti meno di trecento oggetti in rame smaltato – tradizionalmente riferita a Venezia da Émile Molinier già nel 1891 e negli anni venti da Lionello Venturi, che l’ha immessa nell’asse della storiografia italiana.
Il metallo, che dà la forma all’oggetto, fa da supporto ad una decorazione riccamente colorata, formata da vetri bianchi, blu, viola o verdi, posti a strati su un fondo di vetro bianco opaco o su una miscela di colore bianco e traslucido. Il tutto è ornato da lumeggiature in rosso e turchese e la doratura assume un ruolo molto importante in questa decorazione caratterizzata da un fantasioso repertorio floreale e vegetale.
Ammirati e collezionati nell’Ottocento – periodo in cui si formarono le principali collezioni europee –, questi oggetti, la cui origine risale alla fine del Quattrocento, furono poi dimenticati.
La maggioranza dei pezzi, presenti nei principali musei e collezioni del mondo, è formata da servizi composti principalmente da coppe a volte con coperchio, piatti, bacili, saliere, brocche e fiaschette. Altre tipologie includono cofanetti, candelabri e uno specchio mentre alcune paci, ampolline e reliquari attestano anche un uso religioso.
Mai catalogati e pressoché inediti sono stati studiati scientificamente, con gli orientamenti della ricerca ora rivolti a studiare la datazione, a impostare i criteri della la cronologia, delle forme e della decorazione ripensando la questione dei luoghi o del luogo di produzione, con il ruolo di Venezia da approfondire e indagare.
Lavoro proposto per la prima volta al grande pubblico italiano insieme all’aspetto tecnico e materico che caratterizza la preziosa tipologia artistica.
Un’esperienza forte questa della ricerca sugli smalti detti veneziani, che pone alla comunità scientifica internazionale, pur senza alcuna sponsorship, la necessità e l’urgenza di porre la cultura e la conoscenza – e al massimo grado – al centro dei grandi processi di trasformazione del nostro tempo.
Si tratta di cogliere la felice ma piccola circostanza di un movimento “vivo” e nuovo di studio tra Italia e Francia, di intrecci di alto e vario livello, per lanciare e discutere un modello di sviluppo a scala più grande insieme a una contaminazione positiva e a una visione costruttiva del futuro.
Visione in cui istituzioni, università e musei devono innanzi tutto formarsi e formare per poter affrontare una realtà in cui sono richieste figure diversamente tornite da quelle di oggi, in cui vanno declinati e focalizzati nodi specifici di ricerca poi condivisi tra Paesi diversi, in allineamento con le tendenze che si stanno affermando nelle principali città europee anche in funzione di finanziamenti e progetti concreti.
Dimensioni infine che andranno ricercate e individuate singolarmente – da ognuno – per essere poi conosciute, elaborate, trasmesse in una prospettiva culturale evoluta e poste all’intera collettività sociale e istituzionale.
Una città dei musei dunque non separati dalla vita normale di tutti i giorni – “musealizzati” e “tombificati” – ma musei come elemento dinamico, essenziale del tessuto urbano animato da un movimento d’insieme alla scoperta della sua propulsione conoscitiva.

* Letizia Caselli è ricercatrice dell’Università Iuav

Programma Seminario di studio

VENEZIA E PARIGI. GLI SMALTI DIPINTI SU RAME DETTI VENEZIANI DEL RINASCIMENTO ITALIANO
MUSEI E RICERCA INTERDISCIPLINARE. UNA NUOVA ALBA DEL PATRIMONIO CULTURALE

Lancio del progetto internazionale
“La città dei musei. Le città della ricerca”
Ferrara, Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali e Ambientali XXI edizione
Venerdì 8 maggio 2015
Sala Diamanti – Padiglione 5
Ore 10.30-12.30

Indirizzi di saluto

Alto rappresentante del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

Introduce e coordina Letizia Caselli, responsabile scientifico del progetto internazionale “La città dei musei. Le città della ricerca”

Françoise Barbe, Le corpus mondial des émaux peints sur cuivre dits vénitiens de la Renaissance italienne, conservatrice, Département des Objets d’Art, Musée du Louvre, Paris

Béatrice Beillard, Les altérations des émaux avec une approche détaillée sur les émaux dits vénitiens du Musée du Louvre, restauratrice al Musée du Louvre, Paris

Discussione

Introduce e coordina Ileana Chiappini di Sorio, presidente onorario Amici dei Musei e Monumenti Veneziani e Università Ca’ Foscari di Venezia

Prolusione di Tommaso Montanari, Università degli Studi di Napoli Federico II
Musei: luoghi di pensiero o di intrattenimento?

Discussione e conclusioni

Interviene Giovanni Alliata di Montereale, nipote di Vittorio Cini

Servizio di traduzione simultanea

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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