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Masterchef sbarca a Comacchio. Giovedì 6 febbraio la puntata del talent show vedrà i concorrenti alla prova nel paese del Ferrarese dove trionfa il pesce e, in maniera distintiva, l’anguilla.

In questo modo la trasmissione (ora su Sky, poi su Cielo) va a valorizzare qualcosa di attuale e legato al territorio, che però ha un filo diretto con la storia. Archeologia e arte, con queste telecamere puntate sui fornelli, prendono forma commestibile, accattivante, succulenta. In televisione nei piatti degli aspiranti vincitori di questo programma dedicato al cibo possiamo vedere la carne dell’anguilla, tanto amata già dagli antichi, e pesci come quelli di 2500 anni fa, dipinti sui piatti esposti al Museo di Spina di Ferrara. Le vetrine dell’Archeologico nazionale di via XX settembre raccolgono, infatti, le stoviglie decorate proprio in questo stesso luogo e rinvenute nella necropoli di Spina. Perché l’antica città etrusca di Spina era lì, nel Comacchiese. La sua parte di necropoli, cioè luogo di sepoltura, era nella Valle Trebba scoperta con i lavori di bonifica del 1922, mentre l’abitato cittadino si trovava nella Valle del Mezzano bonificata negli anni ’60 tra i comuni di Comacchio, Ostellato, Portomaggiore e Argenta.

Proprio nella capitale attuale di quest’area, che è Comacchio, gli odierni appassionati di cucina tornano a fare quello che i loro antenati facevano: prendere una merce pregiata già in periodo etrusco, dove il pesce era appannaggio di pochi, cuocerla in modi diversi (bollita, fritta, al forno, allo spiedo e al cartoccio) e condirla come facevano gli antichi che usavano pesto o spezie, che l’estro del cuoco può in questo caso inventare o riproporre in base a ricette collaudate.

Sarà bello osservare questi piatti e confrontarli con quelli nelle vetrine del museo che contenevano gli antichi cibi: ventuno piatti da pesce a figure rosse su fondo nero con una cavità centrale in cui veniva posto il condimento o salsa che avrebbe insaporito il pesce, da posare sull’ampio bordo (la tesa). La ceramica decorata è anche testimonianza dei contenuti degli chef di un’epoca in cui non c’era ancora altra possibilità per mostrare cosa si mangia, come fa oggi il programma tv, ma anche un post su Facebook o Instagram. Ecco allora terrine con sopra scorfani, cefali, orate, rane pescatrici, razze, seppie e calamari, che così restano intatti nel tempo per essere mostrati non solo a parenti e amici, ma anche ai discendenti dei discendenti.

Un’idea che ha ispirato – venticinque secoli dopo – anche un artista e designer contemporaneo innamorato della ceramica, come Piero Fornasetti. A Milano in queste stesse settimane sono esposti i suoi piatti con i pesci, fino al 9 febbraio alla Triennale in viale Alemagna 6. Un servizio degli anni ’50-’60 riproduce la classica decorazione della porcellana con il paesaggio di base bianco e blu e sopra, a colori ben dettagliati, il pesce che simula la pietanza. Masterchef Italia riporta dentro a un piatto il dialogo tra arte e cibo, passato e presente. Questa volta con qualche Spina…

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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