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Un buon caffè, anzi, un caffè davvero buono: ecco quello che ci vuole. Sì, ma cosa vuol dire buono? Qual è il segreto di questo piacere che – come recitava Nino Manfredi in uno spot – se non è buono, che piacere è? Cos’è che rende un sapore così piacevole e, secondariamente, esiste un piacere oggettivamente così buono? A caccia di risposte, ti arriva Altroconsumo con il suo festival, che per il terzo anno consecutivo sceglie Ferrara, i suoi cortili e i suoi palazzi per sviscerare dubbi, bisogni e richiesta di informazioni da parte dei consumatori. Ad accompagnarci in un viaggio tra gli aromi del caffè, nel week-end appena concluso, ci sono nientemeno che gli esperti del Centro studi assaggiatori. E’ un gruppo di persone, addestrate e preparate per riconoscere e distinguere aromi, colori e sapori. Gente che è pagata per svolgere test, alla fine dei quali viene emesso il verdetto.
Che voglia di sentirsi dire: questo è buono e quello no. Invece, come spesso avviene per le cose importanti, la risposta è più lunga e difficile. Lo spiega Luigi Odello, che è il presidente del Centro studi assaggiatori, a cui Altroconsumo si appoggia per i test che poi pubblica sulle sue riviste. Tanto per cominciare Odello ti fa capire che, per analizzare un prodotto, non è che ti puoi lasciare andare al piacere di gustartelo. Anzi, serve un approccio asettico, quasi monacale.
“Quando valuti un cibo – dice – l’importante è non avere aspettative, non essere alla ricerca di qualcosa, ma assaporare ed esaminare senza attese né pregiudizi”. In ballo ci sono vista, gusto e olfatto. Nascosti loghi e marchi, con gli occhi analizzi il colore che vedi e la sua intensità (dal giallo ambrato al nocciola, fino al color tonaca di frate), ma anche la tessitura, che poi è la compattezza e la regolarità della sua crema. Con il palato cerchi di dare un valore al corpo della bevanda (che può essere leggero, medio, consistente, sciropposo) e al suo livello di acido, amaro e astringente. Con il naso provi a distinguere e dare un nome ai sentori di fiori e frutta fresca; frutta secca (nocciola, mandorla, fichi, uva passa, datteri); spezie (pepe, chiodi di garofano, senape e liquirizia); tostatura (cacao, cereali, vaniglia, pasticceria e caramello); fino alla presenza di elementi vegetali che possono andare dal bosco (balsamico) all’erba (fresco), passando attraverso paglia e fieno (secco) e patata e zucca (lesso). Particolare attenzione il naso deve porre, poi, agli odori emessi da sostanze organiche carbonizzate, cercando di capire se ricordano di più il fumo, il bruciato o il fritto.
Alla fine sei talmente esausto che, a farsi friggere, ci va il piacere! Dov’è finito quel godimento effimero, che ti faceva gustare un caffè così libero e spensierato? “Lo stress è un elemento di interferenza del gusto”, ammette Odello, secondo il quale un espresso non ha più lo stesso sapore dopo un litigio col moroso o prima di un colloquio cruciale.
Sul caffè e la sua analisi, lui, che ci ha riempito pagine di libri, può dare solo la certezza di quello che non piace. Banditi ovunque odori negativi e quella sensazione di secchezza e rugosità che “allappa”. Per il resto, i gusti variano e mutano qua e là. Tanto più che ogni regione, pare, abbia una propria identità sensoriale. Mentre, ad esempio, le miscele a Napoli prediligono profumi di frutta secca e intensità di corpo, Piemonte e Liguria ricercano aromi floreali e fruttati, con qualcosa di mandorla e nocciola. In Toscana il tratto comune è rappresentato da spezie con sfumature di vaniglia e cannella. L’Emilia-Romagna ha un debole per il profumo cioccolatoso che, insieme al tostato, rievoca il cacao fondente.
Il piacere – conclude il leader degli assaggiatori professionali – ha tre diversi livelli, che sono il piacere primario e istintivo, che è il piacere-bambino; quello adulto, capace di dare un nome e di descrivere quello che si prova; infine, il piacere ricco, che unisce gusto e consapevolezza col fremito esclusivo che ti dà il fatto di sapere che qualcosa è raro e prezioso”. Attenzione, però – avverte Natalia Milazzo, caporedattrice della rivista Altroconsumo – a non farsi traviare da prezzi e notorietà delle marche. “Perché – dice – i test dimostrano che non sempre quello che è più costoso è più buono”. Non resta che rilassarsi e lasciarsi andare. Occhi naso e bocca aperti, una bella tazzina e, magari, buona compagnia.

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L’assaggiatore Luigi Odello tra gli ospiti di Altroconsumo festival
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Altroconsumo festival 2015 a Ferrara per la terza edizione
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Altroconsumo festival 2015 a Ferrara (fotogramma Youtube)
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Luigi Odello alle prese con gli assaggi dei “Narratori del gusto”
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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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