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Bellissima iniziativa lanciata in questi giorni dal quotidiano cartaceo La Nuova Ferrara, a cura dell’associazione culturale StileItalico: ovvero il noto animatore culturale Alberto Squarcia, comitato scientifico Renzo Orsini e Arianna Fornasari [vedi].
Da domenica scorsa fino al 14 giugno, destinata poi a culminare in una mostra in municipio, retrospettiva sul futurismo storico ferrarese, nello specifico focalizzata sulla “Rivista di Ferrara” a suo tempo (anni’ 30) Ferrara, caratterizzata dalle splendide cover, 35 tavole realizzate e-o curate dal 1933 al 1935 da Mimì Quilici Buzzacchi di esplicita matrice futurista. Ogni giorno inserto delle copertine su La Nuova Ferrara. Della serie, anche nella Ferrara città metafisica, eppur si muove, anche a livello istituzionale: il futurismo è tornato alla ribalta internazionale con la grande mostra retrospettiva al Guggenheim Museum di New Work, nel 2014, a cura di Vivien Green. In micro StileItalico riflette anche in Italia la nuova ormai conclamata attenzione e recupero della memoria e dell’antitradizione futurista, in progress dallo stesso Centenario del 2009 e dopo decenni di revisioni critiche creative del Futurismo storico.
Soprattutto in Italia, invero, tutt’oggi restano sacche acritiche ancora fissate sulla vecchia equazione futurismo-fascismo, parzialmente almeno sconfessata dalla moderna critica d’arte sul futurismo. Più nello specifico, la stessa mostra e iniziativa in questione riflette il cosiddetto secondo futurismo (definizione pure oggi contestata dai critici più recenti), quello più – si diceva – colluso con il ventennio, che coincise storicamente con il trasferimento del futurismo anarchico rivoluzionario delle origini e di Marinetti stesso, in certo senso, come geopolitica ante litteram e sede ufficiale, da Milano a Roma. Invece, il secondo futurismo stesso (Depero, Tato, Fillia, Prampolini, Diulgheroff, Delaunay, Thayat, Benedetta Cappa, Enzo Benedetto, Peruzzi, Delle Site, persino Sironi e nella fase finale lo stesso Fontana, Belloli, ecc.), oggi è giustamente interpretato come la fase in certo senso costruttiva e strettamente estetica del movimento: con particolare attenzione alla nascente cultura di massa, dalla moda alla pubblicità all’illustrazione alla radio alla fantascienza ecc. Il futurismo da arte d’avanguardia rivoluzionaria a avanguardia di massa, solo in parte colluso con il cosiddetto regime e comunque secondariamente, pur in non esorcizzabili evocazioni simboliche nella stessa produzione artistica pittorica e architettonica, ecc.
D’altra parte, chi scrive ha spesso sottolineato nello specifico: specularmente… che facciamo, bruciamo il capolavoro poetico di Majakowsky, “Lenin” o certo suprematismo/costruttivismo Malevjc- Tatlin ecc., per l’evocazione comunista sovietica dichiarata? Negli anni della rivista stessa focalizzata da StileItalico, inoltre, si ricorda il passaggio nel 1929 (pare l’unico) di Marinetti a Ferrara per le celebrazioni su Ludovico Ariosto, quarto centenario, con una memorabile rilettura del poeta sulla Mura degli Angeli, quasi postmoderna (poi nel volume in merito “L’Ottava d’oro“, Mondadori edito per le celebrazioni complessive, testo di Marinetti da chi scrive parzialmente riprodotto nel nostro “Il Futuro del Villaggio”, Liberty House, 1991), come sottolineato recentemente dallo stesso Antonio Saccoccio, promotore contemporaneo con il sottoscritto del futurismo (si veda “Marinetti 70. Sintesi della critica futurista“, Armando editore, 2015, a nostra cura , tra gli autori G. B. Guerri, E, Crispolti, G. Antonucci, G. Di Genova, M. Duranti, G. Carpi e altri).
E sempre in quegli anni, non a caso a Ferrara, fu lanciata dallo stesso Nello Quilici con Italo Balbo, il Corriere Padano, oggi assai meno, con il senno di poi, un foglio di regime che un esempio della complessità stessa della fu rivoluzione/dittatura fascista. Quotidiano che coagulò all’epoca la migliore intellighenzia letteraria nazionale, fascista culturale o meno. Sul fascismo anche come Cultura, non solo Regime, si vedano i diversi volumi del celebre storico insospettabile Emilio Gentile oltre al ben noto Renzo De Felice; sul futurismo storico anche tecno anarchico di sinistra, si veda Riccardo Campa, sociologo della scienza, autore di “Trattato di filosofia futurista“, Avanguardia 21, 2012.
Più nello specifico, Alberto Squarcia da diversi anni si occupa, in Italia e all’estero del futurismo, come collezionista e animatore culturale e artista d’avanguardia, mail art e video, azioni performative, curatore di Porta degli Angeli, ecc. Nel 2009 partecipò inoltre a Futurismo Live, centenario convegno video svoltosi a Ferrara, curato dal sottoscritto con l’associazione Ferrara Video e Arte di Vitaliano Teti, segnalato poi in “Il Futuro del futurismo-palco e retropalco” (Rai due) di F. Cappa, tra le principali celebrazioni [vedi].
Renzo Orsini, critico d’arte e curatore di eventi, collaborazioni anche internazionali, stesso è stato protagonista nel 2007 nella stessa anteprima del Centenario, mostra al Bar Tiffany, “Futurismo Renaissance“, a cura sempre del sottoscritto: nell’omonimo video, sua l’ampia nota critica, video poi proiettato a Roma a un festival del Cinema indipendente a cora di Consequenze, sempre nel 2007 [vedi]. Arianna Fornasari è storica d’arte e scrittrice, autrice di una recente biografia documentaristica sul noto scultore novecentesco Giuseppe Virgili. Sul piano storico pubblicistico, infine, il principale esperto sul futurismo ferrarese, è certamente il critico d’arte Lucio Scardino, con diverse mostre su artisti specifici che hanno almeno attraversato il futurismo storico, non ultimo con il suo libro “Elettriche linee estensi. Piccolo dizionario del futurismo ferrarese” (Liberty House, 1995) [vedi]. Oltre, naturalmente a varie celebrazioni su Corrado Govoni, negli anni ’80, un noto convegno, ricordiamo i contributi di Antonio Caggiano e nel 1996 per il trentennale il volume poetico, tributo contemporaneo a cura del sottoscritto e della rivista Poeticamente di Lamberto Donegà, “Elettriche Poesie” (Librit edizioni, nel volume gli stessi Riccardo Roversi e Marco Tani).

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Roby Guerra


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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