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Monsignor Luigi Negri con ogni probabilità lascerà la carica di vescovo di Ferrara a giugno, in anticipo di qualche mese rispetto alla data di naturale pensionamento, previsto per il prossimo 26 novembre al compimento del settantacinquesimo anno. Questo è quanto trapela da indiscrezioni che circolano in accreditati ambienti vicini alla Curia estense.
Non ci resta molto tempo dunque per rivolgergli le domande che già da un anno e mezzo tentiamo vanamente di sottoporgli. La richiesta di intervista presentata da Ferraraitalia nella tarda primavera 2014 giace ormai sotto molta polvere. Il vescovo è stato più volte cortesemente interpellato. A fare da filtro dapprima è stato don Massimo Manservigi. Per mesi ci è stata confermata la disponibilità, però senza che mai venisse fissata una data “per i troppi pressanti impegni in agenda”. Eppure il monsignore è ciarliero con la stampa. Evidentemente non era gradito l’intervistatore. Poteva essere detto, ma si è preferita la strada dell’ipocrisia, adottando la tattica dello sfinimento. Così si è continuato a posticipare a oltranza, sempre accampando la scusa di temporanee indisponibilità, “non certo di assenza di volontà”…

Nel maggio scorso ci fu una vivace telefonata ultimativa, nella quale dichiaravamo di prendere atto dell’indisponibilità “di fatto” del presule. Ma don Massimo, affranto, ci ricontattò dopo qualche minuto scusandosi per i toni, dovuti allo stress, spiegando che aveva parlato e ottenuto da monsignor Negri la disponibilità certa, ed entro la fine del mese “sicuramente” si sarebbe fatta l’intervista. E infatti siamo arrivati a Natale senza alcuna comunicazione! In quei giorni abbiamo casualmente incontrato il vescovo e, a nostra richiesta, monsignor Negri ha personalmente espresso la propria disponibilità (con un’espressione che in realtà diceva altro), incaricando il segretario don Enrico D’Urso di fissare la data dopo l’Epifania. E’ superfluo specificare come poi siano andate le cose.

E’ un peccato constatare tanta prevenzione e la mancanza di disponibilità al confronto, peraltro proprio da parte di chi dovrebbe fare del dialogo un emblema. Noi dissentiamo spesso dalle affermazioni del vescovo, ma ciò non implica un rifiuto: è attraverso il confronto che individui e comunità crescono e maturano.

Ora, preso definitivamente atto che questo assunto evidentemente non è condiviso, ecco le 10 domande che avremmo voluto rivolgere a monsignor Luigi Negri.
Se deciderà di rispondere (nella vita non si sa mai) noi siamo qui ad accogliere le sue considerazioni.

1. Una delle sue prime esternazioni pubbliche ferraresi ha riguardato la vicenda di Erik Zattoni, il ragazzo che denunciò lo stupro subito dalla madre da parte di un sacerdote. Se la cavò dichiarando che la Curia non si occupava dei rimborsi per casi del genere. Non ha considerato che al di là dell’aspetto monetario quel ragazzo attendesse una parola di comprensione da parte della Chiesa che lei rappresenta? E non ha sentito il bisogno di esprimerla, di porsi – per dirlo secondo un’espressione ecclesiastica – in maniera caritatevole nei suoi confronti?

2. Non le è parso inopportuno (tantopiù dopo avere bollato come “postribolo” il ritrovo dei ragazzi dinanzi al duomo di Ferrara) recarsi a Milano alla presentazione di un libro – del quale peraltro ha scritto la prefazione – di cui autore è l’ex premier Silvio Berlsuconi, pregiudicato e parallelamente implicato in un processo che lo ha visto accusato di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile?

3. Parlando di gay e coppie omosessuali ha dichiarato: “Un tempo questi individui erano considerati ‘anomalie’. Se ne ricordino”. Non pare un’espressione benevola. Cosa intendeva dire?

4. A conclusione del sinodo voluto da papa Francesco si è affrettato ad affermare che a Ferrara non cambiava nulla. Temeva che qualcuno fra i suoi sacerdoti potesse prendere sul serio l’esortazione del papa e considerare con misericordia le richieste spirituali di separati e divorziati?

5. In una recente intervista ha affermato che dello Ior non le importa “un accidenti”. Non ritiene, come invece pensa il papa, che i tanti scandali che hanno lambito la banca vaticana, al centro dei peggiori intrighi finanziaria degli ultimi decenni, siano ragione di grande imbarazzo e impongano una radicale e urgente riforma che riporti l’istituto allo svolgimento del proprio compito nel rispetto di regole virtuose?

6. Non le pare anacronistico e provocatorio (oltre che storicamente infondato) additare i crociati come benemeriti difensori della fede cattolica?

7. Ha definito l’Islam “una religione che tematizza la violenza come direttiva teorica e pratica”. I musulmani sono due miliardi nel mondo e la stragrande maggioranza di loro vive in pace a dispetto di un manipolo di fondamentalisti esaltati e criminali. Questo giudizio tranchant non le sembra un’istigazione all’odio razziale?

8. In un’intervista a Panorama ha dichiarato che il politico che più stima è Putin “perché ha le palle”. Non crede che un sacerdote dovrebbe valutare altri attributi?

9. Che giudizio dà di papa Francesco e del suo magistero? Se il pontefice dice “Chi sono io per giudicare”, non fischiano le orecchie a lei che è sempre così sentenzioso e saldo nella difesa delle sue verità?

10. Quando il papa ha invitato sacerdoti e comunità ecclesiastiche a offrire ospitalità ai migranti lei non ha perso tempo per far sapere che in curia non c’era posto per nessuno. Qual è il suo concetto di accoglienza?

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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