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Ecco, ci siamo! Dopo mille annunci e montagne insormontabili di chiacchiere, ora il famoso jobs act è legge e dal 1° gennaio entrerà ufficialmente in vigore.
Con esso scomparirà definitivamente, per i nuovi assunti, il contratto a tempo indeterminato, sostituito da un sedicente “contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti” nel quale l’indeterminatezza resta solo formale, mentre le tutele crescenti sono rappresentate unicamente da un indennizzo che può arrivare fino a 24 mensilità. Al datore di lavoro infatti basterà inventarsi un motivo economico anche totalmente inesistente e potrà licenziare, previo pagamento dell’indennità, chi e quando vuole.
E però… c’è un però. Il lavoratore infatti può impugnare il licenziamento stesso in quanto discriminatorio e, se il giudice gli dà ragione, ottenere la cancellazione del licenziamento e il reintegro nel posto di lavoro, proprio come se ci fosse ancora l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Del resto, non si poteva cancellare anche questa possibilità: sarebbe stato contrario non solo alla ormai plurioltraggiata Costituzione italiana, ma addirittura alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo! Certo anche questo un testo appartenente ad un epoca remota e quindi probabilmente da rottamare, ma insomma… è evidente che ci sarebbe stato qualche problema di troppo.
Però, a pensarci bene, si tratta di un appiglio mica da poco!
Basti leggere quello che ha scritto qualche giurista certamente troppo “ideologico” e “di sinistra” sul sito wikilabour: «se le ragioni economiche poste a fondamento di un licenziamento risultano insussistenti, il licenziamento stesso si configura come licenziamento discriminatorio, in quanto, eliminata la causale economica, resta solo il fatto che l’impresa ha scelto di eliminare quel certo dipendente per sue caratteristiche personali non gradite: tal genere di licenziamento può sicuramente essere definito come discriminatorio».
Caspita! Il ragionamento, bisogna ammetterlo, non fa una grinza! E se davvero così fosse, quel ch’è uscito dalla porta potrebbe rientrare dalla finestra!
Ci pensate a come sarebbe incazzato il senatore Sacconi? O imbarazzato il Ministro Poletti?
Per essere proprio sicuri che funzioni, sarebbe però opportuno “rafforzare” le possibilità di veder riconosciuta una discriminazione. Ecco allora qualche consiglio per i neoassunti che vogliono aumentare la sicurezza del proprio posto di lavoro, creando le premesse per un possibile ricorso antidiscriminatorio:
1 – iscriversi alla Cgil (discriminazione per motivi sindacali);
2 – partecipare a tutti gli scioperi proclamati (idem);
3 – aderire a qualche setta religiosa sconosciuta (discriminazione per motivi religiosi);
4 – aderire ad un partito ultraminoritario (discriminazione per motivi politici);
5 – meglio ancora fondare un partito proprio e presentarsi alle prossime elezioni, ma in questo caso fare molta attenzione perché di questi tempi si rischia anche di vincerle!;
6 – dichiarare pubblicamente la propria omosessualità (discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale);
7 – prendere la cittadinanza marocchina o pakistana o di altro Paese straniero, preferibilmente africano o asiatico (discriminazione in base alla nazionalità di provenienza);
L’elenco potrebbe, ovviamente, allungarsi quasi all’infinito.
E’ solo uno scherzo? Certo, ma non lontano dalla realtà.
E’ tutta una follia? Appunto.

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Giuliano Guietti

Laureato in legge, sindacalista, ha ricoperto vari incarichi nella categoria dei chimici Cgil e da ultimo quello di segretario generale della Camera del Lavoro di Ferrara. Attualmente opera in Cgil Regionale Emilia Romagna.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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