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Bologna – Potranno svolgere lavori di manutenzione degli edifici pubblici e delle scuole, pulire piazze, strade e giardini, dare una mano nell’assistenza di anziani e disabili. Sono queste le principali attività in cui i profughi presenti nelle strutture di accoglienza dell’Emilia-Romagna potranno impegnarsi su base volontaria, offrendo il proprio contributo alle comunità che li accolgono e intraprendendo così un percorso di integrazione.
È stato rinnovato oggi a Bologna, nella sede della Prefettura che ne è una delle istituzioni firmatarie, l’Accordo tra Regione, Forum del Terzo settore, sindacati, Cooperative sociali e Anci;a firmarlo, la vicepresidente regionale e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini, e per tutte le Prefetture dell’Emilia-Romagna il prefetto di Bologna, Matteo Piantedosi.
“Il protocollo- spiega Gualmini-  riprende per la prima volta le indicazioni del decreto Minniti sull’immigrazione, in cui si incentivano i Comuni a organizzare attività di volontariato per i richiedenti protezione internazionale. Il nuovo Piano per l’integrazione del Governo poi, approvato nelle scorse settimane, ci spinge ancora di più ad andare nella direzione di un’integrazione efficace e seria. L’arresto dei flussi migratori in questo periodo- prosegue la vicepresidente-  ci sollecita a trovare soluzioni organizzative più adeguate e meno affrettate nell’accoglienza dei profughi e percorsi di apprendimento della lingua italiana e della nostra costituzione, nonché di inserimento socio-lavorativo importanti. In linea con gli sforzi del Governo- conclude la vicepresidente-  cerchiamo dunque di continuare ad essere una regione che accoglie responsabilmente, rispettando diritti e doveri di tutti”.
La precedente intesa, sottoscritta nel 2015, ha permesso di impiegare in attività di volontariato oltre mille persone in più di 1.500 interventi. Quella di oggi, che rimarrà in vigore per due anni, potrebbe interessare potenzialmente oltre 13.000 mila “richiedenti protezione internazionale”, la maggioranza dei quali ospitati nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e in parte nelle strutture del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati(Sprar).
Le risorse messe in campo dalla Regione, 100mila euro in due anni, consentono la partecipazione di circa 4.000 persone e servono a coprire le spese per l’assicurazione contro gli infortuni dei partecipanti, l’organizzazione di percorsi di orientamento e formazione, oltre ad eventuali attrezzature e dispositivi di protezione individuale per l’esercizio delle attività di volontariato.
Dati sull’accordo del 2015
Sono 19 i distretti nell’ambito dei quali gli Enti locali dell’Emilia-Romagna hanno realizzato attività di volontariato con i rifugiati a seguito dell’intesa del 2015: 16 hanno utilizzato contributi regionali e 3 – Comuni di Modena, Ferrara e Unione dei Comuni del Frignano –  risorse proprie. Le esperienze di volontariato da parte dei profughi si sono concentrate soprattutto in Romagna. Le persone coinvolte in mansioni di pubblica utilità sono state 1.100. Il settore prevalente è quello del verde pubblico e manutenzione di edifici pubblici (46%), seguito, a distanza, dalle attività culturali (28%), sociali o educative (16%), dalla manutenzione di strutture, edifici, spazi interni (6%) e, infine, dall’organizzazione di eventi pubblici (4%). Complessivamente, sono state realizzate 1.538 attività di volontariato.
La presenza dei migranti In Emilia-Romagna
Sono 14.510 i richiedenti o titolari di protezione internazionale o umanitaria accolti in Emilia-Romagna. Di questi, 13.213 (pari all’8% del totale di 176.962 presenti sul territorio nazionale) sono accolti nei Centri di Accoglienza straordinaria e negli Hub, e 1.297 nelle strutture del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). Il maggior numero di richiedenti asilo è presente a Bologna: 2.435, dei quali 2.060 accolti nei CaseHube375 nelle strutture Sprar. Per numero di presenze, segue Modena con 2.087 (1.912 Cas e Hub, 175 Sprar), Parma con 1.790 presenze (1.584 Cas e Hub, 206 Sprar), Reggio Emilia 1.945 (1.870 Cas e Hub, 75 Sprar), Ravenna 1.482 (1.380 Cas e Hub, 102 Sprar), Rimini 1.083 (981 Cas e Hub, 102 Sprar), Forlì-Cesena 1.164 (1.083 Cas e Hub, 81 Sprar), Ferrara con 1.349 profughi (1.189 Cas e Hub, 160 Sprar) e Piacenza 1.175 (1.154 Cas e Hub, 21 Sprar).
(Dati al 28/9/2017 per il Cas e al 4/5/2017 per le strutture Sprar. Elaborazione Regione Emilia-Romagna su dati forniti da: Prefettura di Bologna-Servizio Centrale, ministero dell’Interno).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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