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Un tripudio di bianchi, che qui forse raggiungono la loro massima espressione. A cominciare dal Sauvignon, con i suoi sentori unici e intensi, a seguire con la raffinata Ribolla, i Pinot (bianco e grigio), la Malvasia, il Riesling con le sue tipiche note gradevolmente acidule… E naturalmente con quello che tradizionalmente si chiamava Tocai e oggi – a seguito di una battaglia giocata male e persa con l’Ungheria – si deve ufficialmente appellare come Friulano (a sottolinearne comunque la tipicità geografica) ma resta pur sempre per tutti, sia pure informalmente, il caro vecchio Tocai. Persino vitigni ovunque assai diffusi, come l’adattabile Chardonay, qui assumono toni unici e caratteristici. Eh sì, perché davvero unico è il Friuli, con le sue tante vocate microzone, ciascuna delle quali è in grado di esprimere una propria caratterizzante tipicità, pur restando di fondo il tono improntato alla natura prevalentemente calcarea del suolo e alla sapidità che deriva anche dalla brezza di un mare che non dista poi troppo neppure dalle aree più interne collinari e montuose. Sentori, questi salini, che si avvertono maggiormente nelle Doc site più a Sud, come Aquileia, Latisana, Annia, Grave, Carso… Ciascuna, poi, ci aggiunge qualcosa di suo, conferendo al nettare il suo particolare carattere. E se si pensa alle terre di Cormons, al Collio (i colli goriziani al confine con la Slovenia), a Cividale e a tutta la vasta area del Grave e dei Colli orientali si comprende bene come convivano insieme, in questo piccolo territorio, una pregiatissima quantità di mondi dalle straordinarie qualità organolettiche, che proprio per questa loro eccellenza hanno reso le località di riferimento celebri paradisi enologici in contesti storico-artistici peraltro di primissimo ordine.

Ma tutt’altro che da trascurare sono i rossi. Basti pensare al Refosco (che in zona assume sovente spiccati e accattivanti sentori di viola), allo Schioppettino (noto anche come Ribolla nera), ai Cabernet (il Franc più che il Sauvignon forse qui si caratterizza in maniera originale), al Merlot, al sottovalutato e perciò scarsamente commercializzato Franconia…

Grandi produttori, come Vie di Romans (con accento sull’ultima vocale, lo sbagliano quasi tutti!), che propone in assoluto alcuni dei migliori Sauvignon, Venica&Venica, Zamò (straordinario Refosco), Russolo (forte nel Cabernet), Jermann, Felluga, Villa Russiz, Sturm, La Tunella… Poi importanti e qualificate cantine sociali e piccole ma pregevoli cantine come Kurtin, nel Collio al confine slavo, Nadalutti, La Sclusa e quella del rivivificatore degli antichi vitigni autoctoni, Bulfon, di cui già abbiamo scritto in passato [leggi qua]. Ma ad ogni passo che si muove in questa terra si scopre un vignaiolo e le delusioni sono ben rare. Merito di un territorio straordinariamente vocato e di una passione autentica e antica, incardinata ormai nel dna di queste genti, dalla quale sono germogliati veri maestri dell’arte enologica e fioriti infiniti artigiani del vino.

Di recente a Ferrara, grazie all’infaticabile opera di divulgazione dell’Onav, l’organizzazione nazionale assaggiatori vini, si è avuta l’opportunità di apprezzare la produzione biologica di nicchia dell’azienda Bortolusso, 45 ettari di vigne, terreni magri, colline che digradano verso il mare e assumono la salinità delle acque. Stavolta Lino Bellini e Ruggero Ciammarughi hanno scelto come cornice il ristorante la Dogana, che da pilastri di Bondeno ha recentemente trasferito i propri locali nel cuore di Ferrara in piazza della Repubblica, dove serve un valido menu rigorosamente di pesce, che bene ha accompagnato la proposta dei bianchi friulani. Su tutti si sono fatti apprezzare particolarmente una Ribolla dalle note fruttate resa briosa con metodo charmat (“questo per noi rappresenta il futuro dello spumante friulano” ha sostenuto convinto Sergio Bortolusso, uno dei titolari della cantina che da tre generazioni produce vini), una Malvasia con singolare chiusura salina e uno Schioppettino davvero particolare, che alle caratteristiche speziate rinsalda sentori di frutta. Interessante pure il Verduzzo, lievemente abboccato così come deve essere, un vino di cui è ben nota la versione passita, denominata Ramandolo, prolusione al celeberrimo impareggiabile Picolit (dalle cui vinacce peraltro Bortolusso trae anche una gradevole grappa). Vino raro, eccelso. Un tesoro nel tesoro di saperi e profumi delle meraviglie friulane.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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