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50 anni di canzoni sono un record che pochi artisti possono vantare, tra questi i Dik Dik, la band del primo beat italiano che si affacciò nel panorama italiano con “Sognando la California”, cover di “California Dreamin’” dei The Mamas & the Papas. Il testo della canzone, firmato da Mogol, non si discosta molto dalla versione originale, mantenendo il desiderio del caldo californiano in contrasto con il cielo grigio e l’incombere dell’autunno. La facciata B di quel 45 giri era “Dolce di giorno”, uno degli evergreen del gruppo milanese firmato da Lucio Battisti e dallo stesso Mogol. Sono numerose le cover di brani statunitensi ambientati in California, tra questi “Inno”, versione italiana di “Let’s go to San Francisco” dei The Flower Pot Men, incisa dai Dik Dik nel 1967.
Lallo, Pepe e Pietruccio, i Dik Dik di oggi, provengono da quella via Stendhal di Milano fulcro di uno straordinario movimento artistico spontaneo che ci ha regalato Cochi Ponzoni, Aldo Reggiani, Ricky Gianco, Moni Ovadia.
Le origini del gruppo sono ricordate nel libretto allegato al CD: “La storia iniziò quando un giovane produttore che gestiva una cantante reduce da un festival di Sanremo, Miriam del Mare, ci contattò per accompagnarla durante le sue esibizioni. Essendo la band incompleta ci vennero presentati due musicisti che si unirono al gruppo: Mario Totaro (tastiere) e Sergio Panno (batteria). Erano nati ‘Gli Squali‘. La cosa durò poco ma nel frattempo si era consolidata una buona intesa fra tutti noi. Il Beat imperversava anche in Italia così anche le nostre aspirazioni di realizzare un disco. Noi, alcune sere con il benestare del vice parroco della chiesa del Rosario avevamo a disposizione una sala in cui poter provare. Iniziammo così a presentarci alle varie case discografiche allora presenti in Italia. Finalmente una di queste, la Ricordi, ci dimostrò interesse proponendoci un accordo. Un piccolo aneddoto sulla scelta del nome Dik Dik riguarda il fatto che la nostra casa discografica non apprezzando quello precedente ci suggerì di cambiarlo e noi con un colpo di fortuna, sfogliando un vocabolario, ci imbattemmo in ‘Dik Dik’ che è quello di una piccola antilope africana e decidemmo di adottarlo. Uscirono così i nostri primi 45 giri che riscontrarono immediatamente grandi consensi e contribuirono a far aumentare la nostra popolarità tra addetti ai lavori e pubblico”.
Nel 1966 i Dik Dik incisero il primo 45 giri, si trattava della versione italiana di una canzone inglese dal titolo “1-2-3”, sul retro un brano composto da Lucio Battisti: “Se rimani con me”.

I Dik Dik nel 1975

“50 anni… il sogno continua” festeggia il mezzo secolo della band, non si tratta di una celebrazione o di una compilation di vecchi successi, ma di un’originale produzione di Mauro D’Angelo con due CD molto diversi l’uno dall’altro, il primo contiene le nuove registrazioni di otto classici a cui si aggiungono gli inediti “Punto Su di Te” e “Sulla nuvola”. Il secondo è un tributo con undici brani storici dei Dik Dik, liberamente eseguiti da altri artisti, tra i quali: Francesco Zampaglione, Lombroso, Ridillo, I video (pregevole la loro suite), Neomenia, The Gift, Johnson Righeira e Giorgio Li Calzi.
Il primo disco si apre con il ritmo cadenzato di “Punto su di te” che rivela la mano di Mario Lavezzi e, grazie all’organo Hammond, per qualche istante si ritorna all’epoca beat che li vide protagonisti. “Sulla nuvola”, di Danilo Amerio, Alfia Bevilaqua e Olga Kazelko, è il primo singolo estratto dall’album, una canzone più che mai attuale, ispirata a una frase del filosofo-poeta libanese Kahlil Gibran: “Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola”. Tra i classici “risuonati” non manca “L’isola di White”, che ha dato il nome anche alla trattoria che Pietruccio, Lallo e Pepe hanno a Buccinasco, nella campagna nei pressi di Milano. Gli altri hit sono: “Viaggio di un poeta”, “Senza luce”, “Io mi fermo qui” e quelli della ditta Battisti-Mogol.
L’album dei tributi contiene “Help me”, reinventato da Elio e le storie tese, con l’immancabile ironia che ha sempre contraddistinto questo gruppo, culminata nel grido d’aiuto dell’astronauta McKenzie e soprattutto nella telefonata finale. Da sempre le Custodie cautelari si sono cimentate nelle cover, i componenti di questo storico supergruppo, composto da elementi di altre band, ha ben eseguito “Il primo giorno di primavera”. Pregevole il contributo di Federica Camba, interprete di “Storie di periferia”, autrice di brani per Valerio Scanu, Alessandra Amoroso, Laura Pausini, Emma, Nek, Gianni Morandi, Umberto Tozzi e tanti altri artisti italiani. Ai Sulutumana è affidata “Viaggio di un poeta” che il gruppo valassinese re-interpreta in modo corale e acustico, donandole un inedito carattere popolare.
I Dik Dik sono tornati e, come dicono loro, pieni di voglia e pronti alla battaglia, spinti in questo dal motto di E. Levy: “Il passato è un ricordo, il futuro un mistero, il presente un dono”.

Dik Dik – Sulla nuvola (Video Ufficiale)

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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