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“Fra i primati, il gorilla maschio quando avverte il pericolo aggredisce sempre, sistematicamente. La femmina invece ha quattro alternative: aggredire, fuggire, trattare, nascondersi”. La postilla etologica di Concita De Gregorio inquadra bene lo spirito del dialogo al femminile che si è dipanato nel cortile del castello, complici la conduttrice di Pane quotidiano (ex direttrice dell’Unità) e Daria Bignardi. Pretesto: “Santa degli impossibili”, ultima pubblicazione della popolare giornalista e presentatrice delle “Invasioni barbariche”. Si parla del libro, ma anche e soprattutto della vita. E delle donne, appunto.
“Il libro di Daria è come un distillato – spiega la De Gregorio -. Ha avuto una gestazione lunga. Ed è nato gracile come un bimbo sottopeso, ma è perfetto così. Parla moltissimo di Daria. Pare vada a pescare nella scatola nera della coscienza, rivela quelle cose che si sentono dentro ma di solito non si dicono”.
“E’ un libro imprevisto – conferma di rimando la Bignardi – una novella nata dal racconto ‘L’acustica perfetta’. Mila è l’alter ego della Sara scomparsa di quella precedente vicenda. La santa evocata nel titolo è santa Rita, io non sono particolarmente devota, ma la sua storia mi ha colpito moltissimo per il miracolo del ‘volo magico’ che le viene attribuito. La tradizione narra infatti che in una notte nera e buia nell’Umbria del Cinquecento Rita compia questo volo per entrare nel monastero, in cui le suore non la volevano perché già sposata e madre di due figli. Ma diventare suora era sempre stata la vocazione di Rita. E le monache, di fronte a un tal miracolo, l’accolgono. Se questa storia dopo cinquecento anni è ancora viva è perché continua a dirci qualcosa di attuale. E proprio questa vicenda mi ha fatto capire cosa mancava al racconto di Sara e mi ha spinto a scrivere la novella”.

Concita – scientista – obietta che “il volo in questa forma non può essere successo, ma qualcosa di straordinario sì. E allude al volo introspettivo della protagonista del racconto di Daria. Che – così come Rita prima di essere monaca e santa – condivide l’esistenza con un marito che sente estraneo, sino a che nella sua vita si produce una frattura alla quale pone rimedio attraverso ‘il volo’. Per Mila, protagonista della novella, quel metaforico volo fuori dall’ordinario sarà l’origine del suo riscatto”. Una catarsi annunciata, perché “il libro – annota De Gregorio – è costellato dai piccoli fastidi della protagonista (herpes e dintorni) che non sono vere malattie ma appunto segnali, ribellioni del corpo”, che rivelano il disagio e precedono il cambiamento.

Daria acconsente: “Noi ci illudiamo di governare il nostro corpo come guidiamo l’auto, ma non è così. Mila conduce una vita apparentemente serena, non è di Milano, ma ci vive e le piace perché – pensa – ‘è un posto da apolidi come me’. Poi avverte un malessere profondo che va oltre i fastidi rivelatori: possiamo immaginare che abbia dovuto lasciar per strada la sua passione vera, per curarsi d’altro. Lo suppongo, perché io so molto ma non tutto dei miei personaggi! Matura così il bisogno di un riscatto. Tutto questo si percepisce: è più un racconto di allusioni e cose non dette che di cose dette, come d’altronde accade quasi sempre nella narrativa e in particolare nei racconti”. Spesso anche nella vita.

Frammenti di autocoscienza, dunque. E consapevolezze acquisite attraverso una ricerca interiore, innescata dal bisogno di riscatto. Riscatto dal dover essere, dalle rinunce, dai prezzi pagati alla necessità. “Conseguenze del tempo che non abbiamo mai e di cui ci sentiamo vittime. Dove va a finire il tempo che sottraiamo agli altri e a noi? – si domanda Concita – A chi giova quel tempo perduto?”. Tema particolarmente avvertito dalle donne. E da Mila, che ha sacrificato le proprie passioni per curarsi d’altro. Curarsi, avere cura. Compiti e ruoli tipicamente demandati alla donna, che così non ha il tempo di occuparsi di sé, tutta impegnata ad accudire gli altri. “E come fai a sottrarti, sopratutto in quell’età in cui ti è sempre più chiaro cosa è veramente importante nella vita?”

“Ciascuno di noi ha il suo talento – ricorda saggiamente Daria – e ci è chiaro perché e ciò che ci fa vibrare, ciò che facciamo meglio di ogni altro. E noi lo sappiamo. Dobbiamo anche saperlo esprimere. Tutta la vita, in fondo, è un cammino per diventare noi stessi. Bisogna saper riconoscere e realizzare proprio quella cosa là, che ti fa gioire: il nostro volo magico”. Che, quando resta incompiuto, ci sprofonda nella crisi e nel buio.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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