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Una conversazione fra architettura, urbanistica e filosofia su cosa sia la città, su quale sia il rapporto con chi sta dentro e chi sta fuori, sulle sfide future da affrontare, tra l’archistar milanese Stefano Boeri e la francese Chris Younès, filosofa dell’urbanizzazione: questo è stato “Com’è bella la città”, uno degli ultimi incontri del Festival di Internazionale a Ferrara.
Parlando di centro e periferia Chris Younès afferma “oggi persistono le difficoltà fra centro e periferia, ma nello stesso tempo questa è una visione ‘storica’ non più in grado di definire interamente la città: oggi la città è un tutto, un’entità globale”. Ancora più interessante la riflessione di Boeri: “oggi siamo ancora in grado di definire cosa sia spazialmente una periferia: l’ultimo lembo di città prima della campagna. Ma la verità è che ci sono oggi periferie di tipo diverso”, tutte ricomprese nel complesso paradigma di città: “ad esempio se pensiamo alla periferia come degrado, Napoli ha una periferia nel suo centro”.
Entrambi concordano sulla fondamentale importanza di strumenti come lo co-progettazione e la rigenerazione urbana. Le trasformazioni delle città “non possono più essere pensate e discusse solo da esperti, tutti i soggetti cittadini devono essere coinvolti” e in parte sta già accadendo, dice Younès. Secondo l’architetto milanese, con le scarse risorse a disposizione di questi tempi “non è più pensabile una politica deterministica”, che impone le decisioni dall’alto, il suo nuovo ruolo è quello di “una regia che crea le condizioni” perché i processi possano svilupparsi a pieno. E non si può più pensare in termini di grandi opere e grandi infrastrutture, è necessario ricalibrare i progetti urbanistici su “un insieme di tanti piccoli interventi che si ripercuotono sull’infrastruttura sociale” delle città: questa è la rigenerazione urbana secondo Boeri.
Forse non è del tutto condivisibile la sua affermazione su come sia “difficile trovare ghetti nelle città italiane”. Mentre si può concordare su quanto è necessario interpretare in modo nuovo “il rapporto tra questi pezzi di cemento che sono le città da una parte e dall’altra la varietà, cioè la prossimità di popolazioni diverse, e la densità abitativa e di relazioni, che è molto calata”.
Più che filosofiche, quasi poetiche le riflessioni sulla bellezza nelle città. Secondo Younès “bisogna ridare spazio all’estetica e all’emozione estetica” perché è un modo attraverso cui “le opere umane rimangono al di là dei cambiamenti”. Boeri invece fa una vera e propria autocritica: “in architettura si corre spesso il rischio di una bellezza astratta, fredda, autoreferenziale, perché lontana da qualsiasi sensibilità e necessità delle persone che poi dovranno vivere quello spazio”. Ci devono essere “la consapevolezza di un gesto estetico che si misura con il contesto in cui avviene” e “la capacità di concepire spazi che possano essere permeati e vissuti da chi vi abiterà”.

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Federica Pezzoli


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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