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20151218131559Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini. (Piero Calamandrei)

Qualche giorno fa abbiamo parlato del progetto di Giuseppe Muroni “Voci di resistenza” e del primo episodio relativo alla strage di Marzabotto (vedi). Da ieri è in linea il secondo capitolo, Io partigiano (disponibile sul sito di Treccani Tv, vedi) dedicato ai fatti, non noti a molti, del 10 ottobre 1944: duemila partigiani che entrano ad Alba e vi istituiscono una Repubblica partigiana. Una resistenza di 23 giorni, prima di cedere nuovamente la città all’esercito della Repubblica Sociale Italiana. Quelle armi insolenti e insidiose che non perdonano, quelle menti che perseverano in un errore che le condannerà.

La Repubblica partigiana di Alba, esemplificativa delle eroiche azioni partigiane in Piemonte, è consegnata alla memoria dalle pagine di Beppe Fenoglio, nei suoi 12 racconti “I ventitré giorni della citta di Alba” del 1952. Sei racconti sono dedicati a episodi della guerra partigiana, altri sei sono descrizioni della vita contadina in Italia fra il 1939 e il 1945. E’ proprio il primo episodio di Fenoglio a narrare la conquista partigiana di Alba: mesi di lotte estenuanti sulle colline avevano enormemente provato il presidio fascista che, in seguito a trattative, aveva lasciato la città in colonna ordinata, in direzione nord, inseguita solo da alcuni forti colpi di mortaio. I partigiani, appartenenti soprattutto alla II divisione Langhe, erano entrati nella città e l’avevano occupata senza combattere. Alba era una città da loro presidiata, ma il controllo non poteva durare a lungo (nessun vero supporto alleato). Fascisti e tedeschi ne iniziarono la riconquista il primo novembre. Alla richiesta di alzare bandiera bianca i partigiani risposero issando il tricolore sul duomo cittadino. La difesa a oltranza non era possibile: i fantasmi della morte sarebbero ritornati, le colonne fasciste sarebbero entrate in città attaccando soprattutto da sud e, una volta superato il Tanaro, sotto una pioggia fitta e battente, i partigiani sarebbero stati costretti a ripiegare sulle colline.

Quella pioggia battente che non perdona imperversa nel monologo “Io partigiano”, recitato da un bravissimo Stefano Muroni. Pare di essere avvolti solo da lei, persi nella sua foschia. Una pioggia che si mescola con sudore, gemiti e lacrime, che è essa stessa lacrima amara e sudore acre, respiro vecchio, stanco e stantio. Il fango dal colore cupo avvolge le vite e le lotte dei partigiani, stremati nel dover sparare, nel sapere di doverlo fare, nel cercare di fuggire, nel salire verso quelle colline che diventano ripide come montagne invalicabili.

Si sente la fatica, in queste parole di Muroni, coinvolgenti, forti, intense, quasi urlate, perché contro la guerra non si può certo sussurrare. Si sente la fatica fisica, nel torace che ansima, negli occhi che guardano il passato, ma si sente chiaramente anche quella di una mente che non comprende, che si domanda perché, che cerca di guardare il cielo. Un cielo che resta comunque grigio, che piove amare lacrime di sangue, che trasuda la bile di nuvole arrabbiate. Non si distingue più il sangue dal pianto, le lacrime del cielo da quelle dell’uomo.

Tutto è caos, tutto è domande senza risposte. Tutto è fatica. E che fatica questa libertà.

L’incipit della raccolta di racconti “I ventitré giorni della città di Alba” di Beppe Fenoglio, è ripreso anche nel primo verso della canzone “Linea Gotica” del Consorzio Suonatori Indipendenti (CSI), un disco di chitarre “elettrificate”, pubblicato nel 1996 (vedi).

Stefano Muroni. Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia con docente referente Giancarlo Giannini, è presentatore ufficiale del Giffoni Film Festival (categoria +10). Attore protagonista del cortometraggio 30 e lode, menzione speciale della giuria al Festival Internazionale di Terni, è protagonista nel corto Tommaso, con Monica Guerritore e Giulio Brogi. Nel 2015 è attore protagonista nel film sul terremoto d’Emilia, La notte non fa più paura. Nel luglio dello stesso anno, vince il Telesio d’Argento come attore rivelazione.

Rivedi qui il primo monologo

 

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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