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Il “Most Admired Knowledge City” (Makci), il premio per le città che hanno fatto della conoscenza la base del proprio sviluppo, per il 2015 è stato assegnato dal World Capital Institute a quattordici città: Vienna, Daegu (Corea del sud), Tallinn, Przemyśl (Polonia), Ottawa, Montreal, Tampere (Finlandia), Dublino, Valencia, Zurigo, Curitiba (Brasile), Copenaghen, Brisbane (Australia) e Bento Gonçalves (Brasile).
“Cogito ergo sum”, direbbe Cartesio. Lo scrivo perché, a narrare di questa idea della Città della Conoscenza, capita di imbattersi in una sorta di zona rarefatta, fatta di diffidenza per tutto ciò che sembra provenire da un onirico mondo a occhi aperti: il solito mondo di chi non sta bene se non si mette a cercare l’isola che non c’è. Tranquilli, qui nessuno insegue sogni e utopie. Può essere che, quando il nuovo non rientra in nessuno dei nostri scomparti mentali, lo si rubrichi come velleitario.
Il problema è quando il nuovo ci cresce tutt’intorno e non lo vediamo, perché ancora la nostra vista è confusa, specie se crediamo che per il presente non ci sia futuro, o preferiamo che il presente continui a restare così com’è, senza che nessuno venga a rovinarcelo suggerendoci ipotesi a cui preferiremmo non pensare. Ma tutti sappiamo bene che da sempre il nuovo procede per supposizioni da cui discendono di conseguenza nuove proposizioni. E le nuove proposizioni le scrivono gli uomini, nessun altro può farlo al nostro posto.

La storia ha fatto di Vienna un fulcro della cultura nel mondo, punto di incontro internazionale. Oggi è riconosciuta come la città più intelligente e con la migliore qualità della vita. Sono ormai decenni che Vienna segue strategie basate sulla conoscenza, attualmente puntando sulla ‘Smart city’, su ricerca, tecnologia e innovazione. Nel 2015 ha celebrato i 650 anni dalla fondazione della sua Università e questa è divenuta l’occasione per dichiararsi ufficialmente città della conoscenza.
Con il motto “Daegu, leader mondiale dell’economia basata sulla conoscenza”, la città della Corea del Sud si impegna a garantire un futuro nuovo, attraverso lo sviluppo dell’industria della conoscenza, la crescita del verde, dell’istruzione e della cultura.
Montréal è oggi la città del Canada con il maggior numero di pubblicazioni scientifiche e di docenti universitari. Montréal ha una ricca storia industriale, ma come altre grandi città dei paesi sviluppati ha assistito ai profondi cambiamenti, conseguenti al trasferimento delle attività industriali nei paesi che offrono manodopera a basso costo. Come contromossa ha investito in attività innovative, basate sulla conoscenza. Ora possiede una concentrazione di segmenti di mercato ad alto contenuto di conoscenza e professionalità, un forte numero di settori ad alta tecnologia e un significativo nucleo creativo, artistico e culturale, una base occupazionale in grado di attrarre e trattenere lavoratori della conoscenza e di promuovere forti dinamiche di innovazione.
Ciò è stato possibile grazie alle sinergie tra università, industrie ad alta tecnologia e istituzioni culturali di diverse discipline. “Montréal città della conoscenza” è il comitato consultivo di cui la città si è dotata e che ha sede presso la sua Università, è questo comitato a definire azioni e strategie prioritarie per rafforzare il suo status di città della conoscenza.
Per ultimo mi limito a citare il caso di Dublino. La sua capacità di mettere in atto la strategia di sviluppo basata sulla conoscenza ha attirato aziende di livello mondiale come Microsoft, Google, IBM e Wyeth. In un periodo relativamente breve Dublino ha registrato un rapido aumento del numero di immigrati. Il censimento nazionale del 2006 ne faceva la città con la più alta concentrazione di cittadini stranieri, oltre il 15% della popolazione totale. In questo contesto, a fronte della crisi economica, Dublino ha risposto con il progetto “Dublino città aperta”, mirato ad attrarre stranieri per settori lavorativi specifici, puntando in particolare sugli studenti. In questo modo ha messo a fuoco un proprio programma di internazionalizzazione. Il successo economico e la crescita che ne sono derivati per la città non sarebbero stati possibili senza il contributo di questi lavoratori migranti, che hanno colmato deficit di competenze, in particolare nei settori dell’ospitalità, del turismo, della salute e delle costruzioni.
La capacità di Dublino di attrarre talenti a livello internazionale è stata uno dei fattori chiave che ha indotto Google e Facebook a collocare proprio qui la loro sede europea. Come parte di questa strategia “Dublin City manager” ha istituito la “Creative Alliance”, che riunisce le università, le imprese e il settore pubblico. Questa alleanza ha portato la città a essere un importante centro nel settore creativo e della conoscenza.

Potremmo scrivere ancora d’altro, ma noi che inseguiamo questa sfida della Città della Conoscenza, di un’economia basata sulla conoscenza, evidentemente non stiamo sognando a occhi aperti. Se mai ci preoccupano quelli che non sognano, neppure a occhi chiusi, perché evidentemente, come tutte le cose che riguardano il governo di una città, il futuro non è solo nelle mani di cittadini volonterosi, che mettono a disposizione tempo, passione, idee, ma è nelle mani della politica. E nessuna città della conoscenza può nascere se non parte di lì, da una politica capace di essere anche là dove si costruisce l’isola che ancora non c’è.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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