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“Preferisco interpretare piuttosto che registrare” (Art Kane, 1982)

Il suo primo incarico è stato nel 1958 un servizio per Esquire: “Avevo due settimane per andare a Las Vegas e fotografare Louis. L’ho portato nel deserto e l’ho messo sulla sedia a dondolo […] Non volevo la sua immagine stereotipata […]. Il sole stava tramontando, l’ho allineato ai suoi occhi, il tramonto della sua vita: molto banale, ma credo che abbia funzionato. Tutti lo ricordano esuberante e allegro, io invece volevo ritrarlo come era realmente, un uomo arrivato all’età in cui ci si volge a considerare il passato. […] è probabilmente l’immagine più significativa della mia vita. Mi ha trasformato da art director in fotografo, cosa di cui non mi sono mai pentito”. Louis era il celebre jazzista Louis Armstrong, ritratto nel deserto del Mojave, dando inizio alla serie di “Harlem 1958”: questo è il titolo della fotografia scattata in una domenica d’agosto riuscendo a raggruppare ben 57 leggende del jazz su un marciapiede della 126ma strada a Harlem, diventata forse l’immagine più significativa della storia del jazz.

E’ stato così che Art Kane ha reinventato la sua vita professionale, passando dall’essere il più giovane art director della storia – incarico ricoperto a soli 27 anni per la rivista Seventeen – all’essere uno dei fotografi più innovativi della seconda meta del Novecento. A vent’anni dalla sua scomparsa e nel novantesimo della sua nascita l’esposizione “Art Kane. Visionary” porta per la prima volta alcuni dei suoi capolavori in Italia, a Modena, e li rende visibili gratuitamente, senza il pagamento di un biglietto.

Le sue immagini sono entrate nell’immaginario comune, soprattutto in quello del mondo della musica. È lui, infatti, ad aver intrappolato nel 1966 Bob Dylan accucciato nell’angolo fra due candide pareti con un’aria a metà tra l’impudente e il sognante, ad averci regalato nel 1967 un poetico ritratto in bianco e nero di Aretha Franklin, ad aver catturato il grido disperato di Janis Joplin (1968). Celeberrimi anche i suoi lavori con i Rolling Stones, Frank Zappa, i Doors e gli Who, frutto di un lavoro di ricerca su e con tutti questi artisti.

Il suo lavoro però non si è fermato alle icone della musica jazz, pop e rock, ha attraversato gli anni Sessanta e Settanta delle lotte per i diritti civili e della guerra in Vietnam ideando immagini dal linguaggio allo stesso tempo drammatico e popolare. Negli anni Ottanta ha rivoluzionato la fotografia commerciale, l’immagine di moda, il ritratto di celebrità e il nudo, grazie a un utilizzo spericolato del grandangolo, di pellicole dai colori ipersaturati e di un umorismo surreale. Il suo lavoro è stato pionieristico non solo dal punto di vista della ricerca estetica, ma anche da quello tecnico: trent’anni prima di photoshop, armato solo di un tavolo luminoso e di una lente di ingrandimento, Kane ha inventato l’immagine “sandwich” montando due diapositive a registro nello stesso telaio. Sviluppando questa tecnica oltre ogni limite, Kane è divenuto un vero e proprio anticipatore della narrazione fotografica, che ha condotto avvalendosi anche di metafora e poesia, trasformando di fatto la fotografia in illustrazione. Commoventi le immagini sandwich della serie “Our indian heritage” del 1971 e sorprendenti quelle della serie su Venezia di poco precedenti.

Il suo scopo è sempre stato fuggire dal fotorealismo e, nello stesso tempo, da uno stile riconoscibile: le sue sono immagini pensanti, visioni che comunicano sempre un personalissimo punto di vista, sul razzismo, sulla guerra, sulla società, sulla moda o sulla musica. “Penso ad Art Kane come a un colore acceso, diciamo, come un sole color zucca in mezzo ad un cielo blu. Come il sole, Art fissa il raggio del suo sguardo sul suo soggetto, e quel che vede, lui fotografa, e di solito si tratta di un’interpretazione drammatica della sua personalità”. Così lo dipingeva Andy Warhol, dopo aver collaborato con lui in alcune campagne pubblicitarie.

La mostra a cura di Jonathan Kane, Holly Anderson e Guido Harari, organizzata e prodotta dalla Galleria civica di Modena e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, in collaborazione con Solares Fondazione delle Arti di Parma e Wall of Sound Gallery di Alba, rimarrà aperta fino al 20 settembre nelle sale di Palazzo Santa Margherita in corso Canalgrande 103. Una parte è dedicata ai ritratti e alle celebri foto delle maggiori icone della musica, una all’impegno civile – soprattutto per i diritti civili degli afroamericani e degli indiani, il Vietnam, l’incubo nucleare di Hiroshima, il consumismo – e poi le visioni risultato dei “sandwich” e gli scatti per la moda.

Unico neo di questa bella operazione culturale, proprio in ragione della sua importanza, è forse l’orario di apertura un po’ limitato: l’esposizione è visitabile il giovedì e il venerdì dalle 17 alle 19.30, dalle 10.30 alle 19.30 sabato, domenica e nei giorni festivi, mentre rimane chiusa dal lunedì al mercoledì. Tuttavia per dimenticarsi di questo piccolo inconveniente basta fare un salto all’attiguo Museo della figurina, nello stesso Palazzo Margherita e anch’esso gratuito: un grazioso gioiello dove ritrovare una parte dell’immaginario della propria infanzia.

Per maggiori informazioni su “Art Kane. Visionary” clicca qui

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harlem
Harlem di Art Kane (1958)
Art Kane
Alcuni lavori di Art Kane
Art Kane
Alcune immagini di Art Kane
Kane serie sui diritti civili
Alcuni lavori di Art Kane sui diritti civili
we the people
We the people, di Art Kane (1961)
ritratti di icone rock
Ritratti rock di Art Kane
Kane, ritratti di musicisti
Tre ritratti rock di Art Kane
Art Kane
Tre lavori di Art Kane sulla guerra

 

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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