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Le opere del Centro Video Arte diventano ufficialmente parte del patrimonio della città e lo fanno tornando nel luogo in cui sono state create: Palazzo Diamanti, tra gli anni Settanta e i primi Novanta centro internazionale di sperimentazione delle arti visive. Venerdì pomeriggio, infatti, è stata inaugurata nelle sale Benvenuto Tisi da Garofalo la mostra “Videoarte a Palazzo dei Diamanti. 1973-1979. Reenactment”, a cura di Cosetta Saba, Lisa Parolo e Chiara Vorrasi, in collaborazione con gli animatori del centro Lola Bonora e Carlo Ansaloni, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’arte moderna e contemporanea di Ferrara.

Le sale Benvenuto Tisi da Garofalo sono affollate, in alcuni momenti è difficile guadagnarsi uno spazio sufficiente per osservare le opere nella loro interezza. I pannelli alle pareti raccontano il percorso che ha portato alla mostra: un’operazione fra tutela e valorizzazione, che è partita dal bisogno di salvaguardare queste opere unendolo al desiderio di esporle di nuovo al pubblico. Ecco perché vi si trovano le spiegazioni sul processo attraverso il quale il video diviene digitale, lasciando forse in parte inappagata la curiosità di alcuni visitatori, che speravano di ottenere qualche delucidazione maggiore sulle opere concettuali. Le televisioni a tubo catodico anni Ottanta trasmettono in sequenza performance ed espressioni di arte concettuale e indossando le cuffie a disposizione ci si estranea momentaneamente da ciò che sta accadendo alle proprie spalle, immergendosi in quello che si osserva: le prime sperimentazioni di videoarte.
La mostra “Videoarte a Palazzo dei Diamanti. 1973-1979. Reenactment” ripropone l’allestimento dell’esposizione curata da Janus e ospitata nel Foyer della Camera di Commercio di Torino nel 1980, presentando 19 video trasmessi sugli apparecchi dell’epoca, per poterli osservare così come erano stati pensati, con la luce e la dimensione originale. A completare la mostra, una serie di documenti, scambi epistolari e fotografie degli artisti e del processo creativo e di post-produzione, rivisti e corretti nei loro refusi storici dai curatori della mostra.
Non si può non riflettere, mentre si osservano le immagine trasmesse, sull’importanza che hanno avuto questi primi esperimenti di riprese artistiche, preziose quanto facilmente dissolvibili, a confronto con i tempi moderni, in cui chiunque ha la possibilità di filmare con il proprio cellulare ogni evento della sua giornata o una presunta performance artistica per ritrasmetterla a livello mondiale. Basta guardarsi intorno per comprendere l’importanza che ha avuto Ferrara tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento: laboratorio di videoarte a livello internazionale, centro d’incontro di grandi artisti come Fabrizio Plessi, Christina Kubisch, Lola Bonora, direttrice del Centro di Video Arte, Klara Kuchta,, Nanda Vigo, William Xerra, Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian. “Un’avventura, quasi una favola”, come scrive il critico d’arte Pierre Restany nel catalogo “Centro Video Arte 1974-1994. Videoarte, performance, partecipazioni”, un’avventura che è arrivata persino a Parigi, con l’esposizione “Pour un art video : experience de la videotheque de Ferrare” tenuta al Centre Pompidou nel 1982.

Lisa Parolo, una delle curatrici della mostra, mi spiega che a differenza della pellicola “osservabile a occhio nudo”, il video “ha bisogno di strumenti specifici per essere visto, ed è sempre più complesso trovarli”. Per questo motivo nel 2013 le Gallerie d’arte moderna e contemporanea di Ferrara hanno avviato un progetto di preservazione e restauro per trasportare questi video sul digitale, salvaguardando la struttura del filmato e i segni che il tempo ha lasciato su di esso. Il lavoro compiuto è stato reso possibile grazie alla collaborazione con i laboratori italiani che si occupano di migrare i video nel formato digitale, la Camera Ottica e il CREA (Centro Ricerca Elaborazione Audiovisivi) del Dams di Gorizia, Università di Udine. Nella seconda sala si può osservare il frutto di questo lavoro ne ” Viaggio di La Rose e Essence”, di Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian, l’unico lavoro esposto che è stato anche restaurato, in cui la coppia inizia il percorso sulla memoria, mettendo in relazione e catalogando oggetti “ritrovati” significativi per la vita di ognuno, in un’opera tra film d’avanguardia e performance artistica.

“Videoarte a Palazzo dei Diamanti. 1973-1979. Reenactment” sarà visitabile, con ingresso gratuito, fino a domenica 18 ottobre.

Clicca sulle immagini per ingrandirle

videoarte Diamanti
La prima sala della mostra
videoarte Diamanti
La prima sala della mostra
videoarte Diamanti
La seconda sale della mostra
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Chiara Ricchiuti


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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