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Sistemando il materiale per l’inizio dell’anno scolastico ho ritrovato una serie di cartoncini colorati sui quali i bambini della classe dove insegno avevano scritto che cosa è per loro una “buona scuola“. Risalgono al febbraio scorso, quindi in tempi non sospetti o meglio in un periodo in cui lo slogan “La buona scuola. Facciamo crescere il Paese” non era stato ancora coniato dall’attuale presidente del Consiglio.
Li propongo all’attenzione degli interessati per evidenziare come per i bambini, insieme all’aspetto strutturale e a quello degli apprendimenti, una “buona scuola” debba essere molto attenta all’aspetto relazionale. Comunque crediate che in una classe, oltre all’insegnante, anche lo studente si aspetti di essere ascoltato, buona lettura dei loro pensieri.

Una buona scuola è:
– un luogo dove si impara e ci si vuole bene;
– una struttura dove si mandano i bambini che da “insapienti” diventano sapienti;
– un parco che nelle ore di lezione diventa “struttura”;
– formata da alunni ordinati e concentrati e da insegnanti gentili;
– una bellissima sgridata dei maestri;
– dove ti diverti e impari cose nuove:
– dove stai con gli amici;
– dove aiuti gli altri;
– dove i maestri sono gentili, ti fanno divertire e ogni tanto ti fanno rilassare;
– dove i bagni sono puliti;
– dove si mangia bene;
– dove si fa qualche gita per approfondire gli argomenti;
– quando ha tutto l’occorrente che può servire;
– un posto dove studi e impari ma ci deve essere anche del tempo per divertirsi, fare amicizia e giocare;
– dove i maestri sono buoni ma severi;
– un luogo dove c’è l’amore dei maestri;
– dove si impara e ci si riposa;
– dove ci si diverte e si trovano gli amici;
– un posto dove i maestri ti insegnando le cose divertendoti;
– quando è super grande;
– dove viene tanta gente a spiegare cose diverse;
– dove i maestri stanno sempre attenti a quello che gli alunni fanno;
– dove si studia tutti insieme, in compagnia;
– dove tutti vanno d’accordo con tutti;
– un posto pieno di disegni e colori;
– dove i maestri ti aiutano a imparare bene;
– dove ci si deve divertire in tutte le materie;
– dove tutti i bambini devono essere amici;
– dove si diventa amici;
– dove si impara divertendosi.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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