Skip to main content

ultimo_re_di_scozia_forest_whitaker_kevin_macdonald_036_jpg_dwrsDue personaggi, due mondi. Uno inventato ma verosimile, l’altro reale ma difficile da accettare che possa essere realmente esistito, quindi quasi inverosimile. Uno disumano, l’altro che lo diventa recuperando l’umanità, nella sua fragilità, solo alla fine. Lo scozzese Nicholas Garrigan (il medico immaginato) e l’ugandese Idi Amin Dada (il dittatore in carne ed ossa, reale come reali sono il terrore, la crudeltà, l’efferatezza, il crimine e la paura).

Siamo nel 1970, quando il giovane Nicholas Garrigan (James McAvoy), appena laureato in medicina, decide di assecondare il suo spirito di avventura e di unirsi a una missione in Uganda. Vuole aiutare l’Africa, come molti ragazzi occidentali dell’epoca, ma ignora molte cose di questo continente non semplice, non conosce la storia interna dell’Uganda, del suo Obote, di quello che bolle in pentola. Ingenuamente e superficialmente, Nicholas si ritrova a essere il medico personale del Generale Idi Amin Dada (un grande Forest Whitaker, al suo primo premio Oscar per questa interpretazione), un mondo complesso, indecifrabile e che si rivelerà violento e crudele. Da medico diventa anche il consigliere personale del dittatore, asceso al potere nel 1971 grazie a un colpo di Stato, un ragazzo che non sa nulla di quel mondo, degli scenari terribili che si profilano e dei disegni distruttivi, paranoici e disumani che si delineano. Nicholas è ingenuo, non si muove con cattiveria, ma non pensa, non riflette, non vede i problemi che lo circondano finché non vi si trova coinvolto in prima persona (e infatti la consapevolezza e la “ribellione” scatterà nel momento in cui gli si toccherà un affetto, la moglie di Amin con cui ha avuto una relazione e che pagherà per questo).

copVi si è voluto anche vedere l’imperialismo coloniale occidentale, cieco alle esigenze di molti popoli africani finché possono dare profitti, contraddittorio, implacabile e severo quando invece si rende conto che il rapporto creatosi non va d’accordo con la propria “vocazione liberale” e il proprio concetto di democrazia. Ci si sporca le mani di sangue (come Nicholas nel container), ma si fa finta di nulla finché conviene. Nulla di più attuale.

Basato sull’omonimo romanzo di Giles Foden “L’ultimo re di Scozia”, il film delinea due uomini attratti dal potere che ai nobili propositi non riescono, o non vogliono dare seguito, due personaggi che si confrontano continuamente, contraddittori. Amin è carismatico, affascina chiunque, è colore, ballo, spensieratezza, gioco, festa (all’inizio), ma tiene i mitra vicino mentre la gente ne acclama il nome. Misterioso, non si sa mai come possa reagire ad un qualsiasi evento. Ambiguo, sempre (ambiguità ben comunicata da tic, sudore, nevrosi, scatti e primi piani), la leggenda lo vuole cannibale. Nicholas è semplice, ingenuo, affascinato da un personaggio che sembra piacere a tutti e voler portare la pace e il benessere a un popolo afflitto da tanta violenza passata.

La storia a ritmo serrato di due vite intrecciate, ma soprattutto di quelle di un despota, di uno spietato tiranno criminale, morto nel 2003, che il mondo deve conoscere. La storia di una realtà nella finzione. Scavando nella natura umana. Misteriosa.

L’ultimo re di Scozia, di Kevin MacDonald, con Forrest Whitaker, James McAvoy, Gillian Anderson, Kerry Washington, Gran Bretagna – 2007, 121 minuti

 

 

tag:

Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

I commenti sono chiusi.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it