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Voglio coniare un nuovo termine, mi si perdoni, il “lourdismo”, in nome dei treni di malati che ogni anno si recano a Lourdes credendo più ai miracoli che alla scienza.
Ora che Alfie Evans non c’è più a noi non resta che la tristezza di essere un paese alfiere del “lourdismo”.
Pro-life non è la linea di probiotici per mantenere l’equilibrio della flora intestinale. Pro-life è l’Italia vaticana che si cela, sempre latente, dietro ogni facciata politica che governi questo paese. Così, coerente con la battaglia contro l’eutanasia, questa Italia, codina e clericale, ha pensato bene di concedere al piccolo Alfie Evans la cittadinanza italiana pensando di impedire al governo britannico di staccare la spina per porre termine a una esistenza che nessuno mai augurerebbe ad alcun bambino.
Da noi la scienza non ha cittadinanza ma i miracoli sì, ti danno diritto alla cittadinanza italiana, non si capisce perché non quella vaticana, che è pure una città stato, come quelle di una volta, ma quando c’è da pagare è consigliabile che in nome della povertà della chiesa, siano gli altri a tirare fuori i soldi, a fare la carità cristiana, e, poi, in Vaticano stanno ancora facendo la colletta per saldarci l’Ici.
Non c’è vita che possa essere presa in ostaggio da alcuno, né in nome della fede, del papa o del Vaticano. Ma il governo del nostro paese ha deciso di farlo, violando la Costituzione e il rispetto della dignità umana, calpestando umanità e scienza insieme, in nome di un “lourdismo” che evidentemente è nel Dna degli italiani.
Non resta che chiederci quando in Italia sarà data la cittadinanza alla laicità.
È un vecchio vizio questo di essere la longa manu del Vaticano e di non farcela proprio ad essere una nazione laica, a vedere le cose a prescindere dal cattolicesimo masticato nell’infanzia con il catechismo, le prime comunioni e le cresime, che ancora rendono.
Un governo, incapace di dare lo ius soli ai figli degli immigrati nati in Italia, decide però di militare dalla parte dei movimenti pro-life, i più integralisti. Concede in tutta fretta la cittadinanza ad un piccolo che per compagna non ha altro che la morte, vivo o morto che sia, perché a chiederlo è il Vaticano con la sua corte dei miracoli, in nome di una concezione della vita che fa il paio con la croce, il calvario e la sofferenza, che non appartiene alla cultura laica di questo paese e che è un affronto ad ogni sensata, razionale concezione scientifica.
Non si trattava di salvare una vita, perché la vita di Alfie era già morte, per lui e per chi gli stava vicino, non sarebbe stato salvabile in alcun modo da una via crucis di dolore a cui nessun bambino può essere condannato in nome di un egoistico affetto dei genitori e di una fede religiosa che, anziché essere grazia e redenzione, è sacrificio crudele a quel Thanatos che tanto piace alla Chiesa, alla sua cultura, alle sue liturgie.
Vita e sofferenza che solo una sadica immaginazione religiosa possono giustificare come imperscrutabile disegno divino, come olocausto offerto al dio in espiazione del male prodotto dagli uomini nel mondo.
A raccontarlo ci sarebbe da vergognarsi, ma alla notizia ha dato risalto perfino il Corriere della Sera: mancano gli esorcisti, così a Palermo, sempre il Vaticano, che avrà pure a capo papa Francesco, ma che non abbandona il suo retrogusto di sagrestia, madonne lacrimose e barocchismo, ha aperto un corso per esorcisti con esperti di satanismo. La domanda di chi ricorre all’opera dell’esorcista è in aumento, una stima di mezzo milione di persone che ogni anno ne chiede l’aiuto.
Un paese che ha accettato di farsi complice della condanna di un bambino, fin dalla nascita, al dolore, senza altro orizzonte che una non vita crudele per lui e per gli altri, per sublimare nella sofferenza una mal concepita sacralità della vita.
Siamo al primitivismo dei cervelli, ai cervelli rettili che abitano le religioni, che rendono mortifera l’aria che respiriamo e che continuano ad avvelenare i pozzi di ogni conquista nel campo delle scienze, della cultura e dei diritti civili.
Preoccupa un paese che persevera a vivere in questo ibrido, che lo usa per punire il diritto e la libertà delle persone di decidere della propria vita e della propria morte, che se per caso dovessero appartenere a qualche dio, sono comunque cose che riguardano solo noi e nessuna altra coscienza suppletiva, Stato o Chiesa che sia.
Questa laicità semplice, elementare, nel secondo decennio del terzo millennio ancora spaventa, cosa, dunque, dovremmo pensare di noi stessi, delle nostre cittadinanze, arretrati come siamo dal punto di vista culturale e dell’evoluzione sociale su questi temi, che fiducia possiamo nutrire nel futuro nostro e del paese, quali rivoluzioni promettono i piazzisti del cambiamento dell’ultima ora?

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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