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La natura dell’apprendimento sta cambiando. Sempre più spesso l’apprendimento avviene al di fuori della classe o delle istituzioni formali. L’apprendimento analogico perde terreno, mentre cresce quello digitale. Scuole, università, insegnanti, necessitano di risorse didattiche innovative, affidabili e di alta qualità, facili da utilizzare, da adattare e sviluppare. Gallerie, archivi, musei e biblioteche di fama mondiale forniscono oggi a docenti e studenti l’accesso on line alle loro collezioni. Tuttavia pare che il mondo dell’istruzione ancora non sia in grado di ricavarne i vantaggi che sarebbe logico attendersi.
Perché? Cosa si può fare per migliorare i risultati del (ri)uso del patrimonio digitale in ambito educativo?

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Quesiti ai quali intende rispondere Europeana, la biblioteca digitale europea che raccoglie, dalle diverse istituzioni dei paesi membri dell’Unione europea, contributi digitalizzati in 30 lingue: libri, film, dipinti, giornali, archivi sonori, mappe e manoscritti. La sua piattaforma fornisce l’accesso alle collezioni digitali di oltre 3.300 istituzioni culturali di tutta Europa.
Molti sono ancora i problemi da risolvere in materia di reperibilità, di qualità delle fonti, del materiale fornito, dell’accesso alle sorgenti digitali, della replicabilità del materiale, di copyright e di interoperabilità tra le diverse piattaforme.
Poi ci sono quelli culturali: mentre le nostre società si fanno sempre più multietniche, i nostri sistemi educativi restano ancorati al tradizionale monoculturalismo nazionale, concentrati sulla propria storia piuttosto che sul legame tra le storie e le culture, una sorta di ‘sciovinismo normativo’ resistente, come lo definirebbe Martha Nussbaum.
Sono necessari significativi investimenti, occorre superare gli interessi spesso contrastanti dei soggetti coinvolti: i produttori di hardware e software didattici, i fornitori di apprendimento su carta stampata trovano che investire nelle risorse didattiche digitali non sia un affare.
Dopo la stagione della diffusione delle nuove tecnologie per l’apprendimento, non è sufficiente occuparsi di solo coding, è necessario e urgente preoccuparsi di come contribuire a qualificare quanto la rete offre all’apprendimento.
Le proposte formulate dalla Fondazione Europeana per l’istruzione e l’apprendimento meritano di essere prese in seria considerazione.
Per incominciare è necessario che le parti interessate inizino a dialogare, ma mancano strumenti e luoghi di incontro, innanzitutto perché tra le istituzioni culturali non c’è la necessaria consapevolezza dell’importanza formativa che i loro patrimoni rivestono per l’istruzione, mentre da parte degli educatori è scarsa la conoscenza del patrimonio culturale digitale disponibile.
La questione è dunque politica e investe i responsabili della cultura e dell’istruzione dei vari governi europei, le istituzioni culturali, le scuole e le università. Se questi soggetti non lavorano in rete, difficilmente potranno emergere le risposte da fornire ai bisogni educativi e dall’altra parte sarà più difficile qualificare gli strumenti accessibili per l’apprendimento, le risorse e i servizi digitali. Verranno meno gli sforzi per procurare finanziamenti pubblici e privati da destinare alla digitalizzazione, per fornire a scuole e università, a singoli e organizzazioni un accesso libero e di alta qualità.
Nell’epoca della società della conoscenza, delle cittadinanze fondate sui saperi, le politiche culturali non possono limitarsi alla sola promozione e tutela dei beni culturali e dei musei, quella della digitalizzazione dei propri patrimoni per la condivisione in rete è oggi divenuta una priorità, innanzitutto per metterli a disposizione dell’istruzione e dell’apprendimento, assicurandosi che i contenuti siano accessibili e diversificati, che i metadati ne consentano la ricerca on line.

La tecnologia apporta valore economico al settore del patrimonio culturale, ma occorrono finanziamenti europei, occorre l’impegno dei governi. Vanno risolte le questioni relative alle licenze, ai diritti d’autore, nel frattempo le istituzioni culturali possono già garantire che ciò che è di dominio pubblico in forma analogica lo sia anche in forma digitale.
Anche qui c’è da fare una piccola rivoluzione culturale, anche qui dobbiamo recuperare ritardi nell’iniziativa e nelle idee. Anche qui si tratta di compiere un altro passo verso la città della conoscenza, che non ha bisogno di istituzioni culturali che usano il web solo per mettersi in vetrina; servono biblioteche e musei che attraverso la rete mettano a disposizione di tutti, e in particolare della didattica, i patrimoni che conservano. Oggi Europeana è una delle opportunità che l’Europa ci offre.

Consulta il portale Europeana

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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