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Mi piacciono le feste e i festival luoghi d’incontro, d’ascolto, di dialogo e di comunità. Una società che celebra e festeggia è viva, non ha paura e soprattutto è attenta, intelligente, con la mente sveglia.
Poi non è detto che uno debba condividere tutto ciò che è festa e tutto ciò che è festival, ma incontrarsi intorno a qualcosa o ad un’idea non fa mai male, perché non si ha paura dell’aria, della luce, del mettersi in pubblico. Lo stare collettivo, il ragionare collettivo è sempre un bell’esercizio dei cervelli.
La cosa che non capisco è perché le feste e i festival si fanno sempre sugli oggetti e mai sui soggetti.
C’è la festa della birra, quella della zucca, il festival della canzone come il festival della filosofia e della letteratura, ma non c’è il festival dell’uomo o della donna, dei bambini o dei nonni.
Non usa celebrare le persone, il loro fare e il loro agire. Eppure sarebbe bello, e ne avremmo un enorme bisogno, fare il festival degli onesti, il festival dei giusti. Festeggiare chi rende onorevole la nostra società, chi ci aiuta a sentirci orgogliosi di appartenere alla nostra comunità.
Tra chi accresce il valore della nostra città ci sono soprattutto le persone che sono impegnate nello studio e nella cultura, le persone impegnate ad apprendere, i grandi come i piccoli. Sono le risorse umane preziose per il presente e il futuro della nostra comunità.
Da tempo da queste pagine proponiamo di festeggiare l’apprendimento e chi apprende. A noi sembra una cosa importante, e la nostra non è neppure un’idea del tutto originale, perché proprio da queste pagine abbiamo più volte raccontato come i learning festival, i festival dell’apprendimento, appunto, siano diffusi in diverse parti dell’Europa e del mondo.
Ma si sa che nessuno è profeta in patria, pertanto non si è mai andati oltre gli apprezzamenti di un qualche esponente dell’amministrazione cittadina.
Potremmo dire che siamo preoccupati per lo scarso interesse verso i temi della scuola, dell’apprendimento e della formazione che la nostra città e la sua amministrazione manifestano. Spiace questo fiato corto della propria città sui temi dell’istruzione dei suoi giovani, che meriterebbero da parte di tutti maggiore attenzione.
Soprattutto spiace scoprire che da altre parti invece si danno da fare. È il caso di Macerata che dal 25 settembre al 3 ottobre, ha dato il via alla seconda edizione del Macerata School Festival, la festa delle scuole e per le scuole.
Il Macerata School Festival nasce dalla sinergia tra Comune, Università di Macerata, Istituti Comprensivi cittadini, Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo e Museo della scuola “Paolo e Ornella Ricca”.
Nasce dalla necessità di mettere la scuola al centro del dibattito pubblico cittadino. È occasione per le scuole di presentare alla cittadinanza le proprie eccellenze culturali, per i ragazzi e le ragazze di partecipar a laboratori didattici, letture pubbliche e lezioni aperte, per gli insegnanti di avvalersi di opportunità di formazione, per la città di riflettere sulla scuola come responsabilità collettiva.
Il Macerata School Festival è un modo per fare festa alla riapertura dell’anno scolastico e riportare la scuola al centro della città. Perché la scuola è di tutti e per tutti. Ogni anno un tema: dopo l’edizione del 2016, che ha registrato quattromila presenze, dedicata al pensiero e all’opera di Mario Lodi, quest’anno si affronterà la tematica degli spazi della scuola, con particolare attenzione alla ricostruzione dopo il sisma.
Una grande distrazione, una grande dimenticanza in tema di scuola quella della nostra città.
Allora torno a riproporre quello che scrissi qui più di tre anni fa.
Penso che se la nostra città avesse una struttura permanente tipo “Forum per l’apprendimento” potrebbe lavorare per organizzare durante l’anno il suo festival dell’apprendimento, coinvolgendo l’università, le scuole, le imprese, il volontariato, le istituzioni e le associazioni culturali. Penso che se ci fosse un progetto condiviso, si potrebbe motivare e finalizzare il lavoro degli studenti e degli insegnanti, dalla scuola dell’infanzia alle scuole superiori, alla formazione professionale, alla formazione degli adulti, all’università per presentare alla città la ricchezza delle loro proposte, per realizzare open day e giornate della didattica nell’ambito del festival dell’apprendimento, perché intorno alle loro fatiche ci sia la riconoscenza, l’affetto e la solidarietà di tutta la cittadinanza.
Sarebbe riconoscere concretamente e pubblicamente quanto la città considera importante il lavoro, l’intelligenza e la fatica quotidiana delle sue bambine e dei suoi bambini, delle sue ragazze e dei suoi ragazzi, degli adulti che si dedicano a loro attraverso l’insegnamento e che li accompagnano negli studi. Una città che si stringe attorno a chi si impegna nell’arricchire se stesso di saperi e di competenze a vantaggio di tutta la comunità.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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