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Un mondo giovanile, un visione diversa della comunicazione portata avanti sia grazie alla tecnologia sia a causa delle esigenze legate al volere esprimere un’idea, un pensiero: è questo il mondo delle web radio.
Tutti, nella vita abbiamo avuto a che fare con una trasmissione solo vocale: la ‘vecchia’ radio fm ha accompagnato le attese dal parrucchiere, i viaggi in autostrada, le serate al bar o semplicemente una mattinata a casa. Purtroppo il mondo tra gli 87,5 e i 108 Mhz non solo è saturo, ma obbligherebbe chi vi si volesse avvicinare a un intrigata rete burocratica di licenze e, soprattutto, a dei costi davvero proibitivi. La risposta è proprio quella delle trasmissioni web. La filosofia è semplice: si parte dalle stesse esigenze che hanno fatto nascere le prime stazioni radio libere e cioè la voglia di esprimere, comunicare un contenuto. La scelta è la più variopinta: si va dalla musica ai contenuti più ‘impegnati’.

Un assaggio di questo universo è stato fornito dal Web Radio Festival, manifestazione arrivata al quarto anno e organizzata dal sito Radiospeaker.it. Al primo impatto sembra ci si trovi in una festa per radio fm, ma poi ci si accorge delle differenze: qui si è praticamente svincolati dai limiti della banda, l’universo creato da internet ha generato una miriade di possibilità di comunicare talmente sconfinate che sembra quasi ci sia un bisogno di regolamentazione. L’unico limite sembra essere quello della Siae, ma investigando si scopre anche che molte radio sul web non la pagano. Difficile anche controllare chi siano gli evasori: troppe per poter attuare un controllo capillare e troppi i sotterfugi per poter depistare le eventuali indagini. Quello che risulta chiaro comunque è il grande apporto tecnologico a un settore che fino a qualche anno fa sembrava appannaggio di speaker casalinghi: infatti aziende già affermate e altre nate con questo scopo offrono stazioni di broadcasting, corsi per diventare tecnico e ci sono realtà che formano professionisti sia nella conduzione sia nella gestione.

Anche Ferrara non è immune da questo fenomeno, la nostra città ha da poco visto la nascita della Web Radio Giardino, che trasmette dalla Factory Grisù. Web Radio Giardino è parte integrante di un progetto per la riqualificazione di un quartiere difficile come il Gad e vede al suo interno non solo già un panorama di programmi in espansione, ma anche un eterogenea provenienza geografico-culturale dei partecipanti, su tutti i livelli. E l’eco mediatico non si è fatto aspettare: dal Corriere della sera alla Rai.

Oramai quindi le web radio non sono più un qualcosa di amatoriale anche perché i ‘web ascoltatori’ stanno diventando sempre più esigenti e le capacità che prima si potevano trovare solo sulle radio ufficiali, ora si stanno trasferendo anche in questa sfera della radiofonia. Anche l’approccio dell’ascoltatore è totalmente cambiato: niente più radioline, niente antenne, nulla più a che fare con manopole e ricerche di stazioni. Ora è tutto in rete, online. Segnali puliti governati solo dalla capacità della banda, quasi dappertutto ultraveloce. Niente più orari fissi, ma tutto in poadcast, perché le generazioni odierne sono quelle del ‘quel che voglio, quando voglio’. Insomma il futuro sembra essere questo e anche i social si stanno trasformando e adattando a queste esigenze, basti pensare che in questi giorni Fiorello sta facendo una trasmissione ‘radio’ su facebook. Insomma un mondo, quello della fm, che sembra destinato a scomparire o comunque a non essere più lo stesso, visto che oramai anche tutte le stazioni che trasmettono su queste frequenze si sono dotate di dirette social, siti di streaming e poadcast per riascoltare le dirette. Certo anche qui non mancano i problemi dovuti proprio dall’altissimo numero di trasmissioni e di persone che fanno programmi e che quindi difficilmente riesce a ottenere delle sponsorizzazioni.
Ai nostalgici quindi non resta altro da fare che adattarsi e rinnovare il proprio bagaglio tecnico e la propria visione del mondo della comunicazione solo vocale, oramai anche la radio è web.

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Jonatas Di Sabato

Giornalista, Anarchico, Essere Umano

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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